L’Italia è una miniera d’oro. E forse sarebbe anche sostenibile, tutta questa ricchezza, se solo la si sapesse sfruttare. Parliamo di turismo, argomento quanto mai attuale in questa fine di agosto, che viene snocciolato in una lunga inchiesta di Repubblica, stamane, che mette in scena quel che già si conosce, ma attraverso qualche cifra e nome in chiaro.
Il risultato, però, è sempre lo stesso: l’Italia è frammentata come non mai, anche sotto questo punto di vista, e la mancanza di un sistema “forte” relativo a politiche sull’argomento, la cavillosità di uffici e amministrazioni, che il Mibact sta cercando di sbloccare con la lentezza burocratica tricolore, ma anche alcuni passi falsi nella promozione del nostro patrimonio (come Verybello o Italia.it) inchiodano i flussi turistici a un misero più 2 per cento rispetto al 2014, quando probabilmente la percentuale potrebbe essere molto più alta.
Qualche punto saliente, e su cui bisognerebbe iniziare a lavorare prestissimo? Per esempio una sorta di OTA nazionale. Le OTA, per chi non lo sapesse, sono le Online travel agencies, con le quali ognuno di noi può prenotare alberghi, voli, pacchetti ma anche ristoranti, trasporti urbani e chi più ne ha più ne metta. Il problema? Per la maggior parte sono straniere e soprattutto, e questo è il problema maggiore, in futuro permetteranno di effettuare prenotazioni senza nemmeno reindirizzare il cliente sul sito dell’albergo prescelto. Così si snatura non solo la scelta di una struttura, ma ad alcuni poco importa, ma è impossibile – per le strutture, in questo caso italiane – generare ricchezza e rete. Ecco perché Antonio Preiti, neo-consigliere di Enit, aveva ventilato l’ipotesi di far nascere una Ota nazionale.
A quanto pare, poi, l’Italia è una rotta che – seppur molto attrattiva per l’offerta – resta carente di servizi: perché alle isole Baleari, una manciata di scogli nel Mediterraneo, arrivano 40 milioni di visitatori l’anno, mentre in Sicilia solo un decimo di questa cifra? Colpa di collegamenti poco mirati, colpa di infrastrutture, colpa di un mancato coordinamento. Già, perché anche sotto il versante turistico ogni regione, in Italia, è autonoma e il dialogo è pressoché assente. Quello che ne viene fuori, insomma, è che mentre i nostri vicini spagnoli sono in testa all’offerta del turismo globale, seguiti da Francia e Germania, Paesi ben più poveri del nostro a livello paesaggistico, in Italia si consuma l’eterno campanile dell’ognuno guardi al proprio cortile. Se poi arriveranno ospiti, ci attrezzeremo, ma sugli inviti abbiamo ancora parecchio da lavorare.