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Cosa sta cambiando nella geografia dell’arte contemporanea? Dove si stanno spostando i confini della ricerca? Verso quale direzione si muovono i maggiori interessi? Probabilmente la Cina sa qualcosa e se non vogliamo farci cogliere impreparati, l’occasione buona per saperne di più potrebbe essere l’incontro con Uli Sigg, che si terrà venerdì, 13 aprile, alle 11, al Museo Nazionale della Scienza e della Tecnologia Leonardo da Vinci. L’incontro fa parte di Rethinking Civilisation, una serie di conversazioni, organizzate da Gluck50 e curate da Maurizio Bortolotti, dedicate alle nuove aree dell’arte contemporanea.
E Sigg sa bene di cosa parla, visto che la storia dei suoi rapporti con la Cina inizia già negli anni ’80, con la sua prima joint venture tra lo Stato dell’est e l’Occidente. Dal 1995 al 1998, è stato ambasciatore svizzero in Cina, Corea del Nord e Mongolia e, attualmente, è membro del Comitato di consulenza di China Development Bank, in qualità di membro del consiglio di amministrazione di Xintian Global Macro Fund e di altre società cinesi. È direttore onorario della China Foreign Investment Association di Pechino, fondatore e socio onorario della Camera di commercio cino-svizzera e fa parte dell’International Council del Museum of Modern Art di New York City, oltre a essere membro dell’International Advisory Council della Tate di Londra. Ed è anche probabilmente il più grande collezionista di arte contemporanea cinese, con circa 2400 opere, molte delle quali confluite nell’ambizioso M+ Museum for Visual Arts di Hong Kong, attualmente in fase di costruzione, su progetto di Herzog & de Meuron, di cui curerà la mostra inaugurale, nel 2019.
Secondo incontro, il 24 aprile, alle ore 15, con Bharti Kher, una delle più conosciute artiste della scena indiana contemporanea.