È senza ombra di dubbio l’evento, o forse sarebbe più giusto dire “il lampo”, più interessante di questa prima (ufficiale) Art Week milanese. Partiamo dal principio: ci sono due artisti,
Giulio Cassanelli e
Alessandro Brighetti (The Fat Studio), che durante la scorsa edizione di Arte Fiera a Bologna hanno occupato – con permesso – una vecchia fabbrica meccanica, ideando un format: “Raid”. 6 ore di allestimento, 6 di mostra. Fine. La condizione data agli artisti? Lavorare con quello che si trova sul luogo e pochissimo altro. Lavorare, insomma, con uno spazio in disuso. Per chi non può essere presente all’opening perché “too busy” c’è il
live streaming, altrimenti le porte sono chiuse. In effetti, è un
raid: un atto dimostrativo, senza conquista di territori.
Stavolta è accaduto a Milano, nell’ex magazzino della Pasticceria Cova (forse una delle più famose d’Italia) in via Popoli Uniti, in quella “Nolo” di cui vi raccontiamo anche su
Exibart.Onpaper 97. Un capannone abbandonato da anni, senza tetto, dove la natura si è quasi riappropriata dello spazio infilandosi nelle fessure dei pavimenti e crescendo, crescendo.
Un posto magico e sconcertante, quasi in centro, che non solo fa riflettere sulle destinazioni d’uso delle attività dismesse, ma anche sulla capacità dell’arte di costruirsi laddove sembra non esserci nulla di possibile da fare.
E invece, tra i tanti, c’è Ivana Spinelli (sopra) ha recuperato una vecchia scatola di gianduiotti con foglie di plastica dorate come decorazione, e le ha piantate a terra, a memento della storia: c’è del tenero, del dolce, e c’è del marcio, esattamente come ci sente in questo luogo quasi sacro, isolato anche dal resto della città da un grande cortile.
E poi c’è Eugenio Tibaldi (in home page), che omaggia Milano grattando via le muffe di un muro, e ricreandone lo skyline raso terra. C’è Francesca Pasquali, che con i componenti degli impianti di aerazione crea un dispositivo scultoreo, e ci sono Cassanelli e Brighetti che, in occasione dell’opening di ieri sera hanno fatto saltare chicchi di mais colorati in pop-corn, con un quantitativo proporzionale rispetto al consumo del cereale nei 5 continenti del mondo: una mappa forse assurda per tracciare un profilo del mondo, come uno spazio può tracciare un profilo per l’arte. Ed essere, a volte, molto felice.