Dal 9 al 14 aprile, torna per il secondo anno consecutivo
Alcova, la cui prima edizione fu salutata da circa 40mila visitatori del Fuorisalone. Nata dall’unione d’intenti tra
Valentina Ciuffi, fondatrice di Studio Vedèt, e
Joseph Grima, di Space Caviar, Alcova è una piattaforma rivolta al design indipendente e dedicata al living, alla design culture, alla ricerca sui materiali e sulla tecnologia, che si è sviluppata come una rete itinerante di spazi espositivi in differenti siti dentro e attorno Milano, riattivando temporaneamente luoghi dismessi ma con rilevanza storica.
E l’appuntamento durante la Design Week, questa volta, raddoppia. Alcova, come lo scorso anno, sarà all’ex fabbrica di Panettoni Giovanni Cova & Co., a nord di Loreto, in via Popoli Uniti 11-13 – area ultimamente sotto i riflettori perché, a maggio, ospiterà
la prima edizione della BienNolo – ma anche a Isola, in via Sassetti 31 dove, in collaborazione con Alice Stori Lichtenstein e Fondazione Kenta, attiverà una ex fabbrica di cashmere, perfettamente conservata nelle sue condizioni originali dagli anni Trenta. In entrambi gli spazi avranno luogo mostre, installazioni e talk, che coinvolgeranno una quarantina di partner da altrettanti paesi. Ne abbiamo parlato con Valentina Ciuffi.
Quali sono le novità dell’edizione 2019 di Alcova?
«Quest’anno abbiamo una nuova location che rappresenta non solo la scoperta di un nuovo spazio a Milano, che ancora una volta è nascosto dietro i palazzi, invisibile e molto sorprendente perché sono 1200 metri quadri dietro un susseguirsi di facciate che non lasciano assolutamente intuire la sua presenza. Oltre a questo iniziamo infatti a simboleggiare il fatto che Alcova è una piattaforma itinerante. Nasce dall’ex panettonificio da cui prende il nome ma cercherà di manifestarsi in diverse location a Milano, quindi troverà nuove case. La prima grande novità direi che è quindi la dichiarazione del fatto che inizieremo a muoverci, non siamo legati a quello spazio, per quanto bellissimo, ma tenteremo altre sorprese a livello urbanistico e cittadino».
Quali sono le principali caratteristiche che accomunano le realtà presenti in questa edizione?
«Ci sono molti progetti di ricerca sui materiali, questo era vero anche l’anno scorso ma ora è ancora più forte. C’è poi un mix veramente sorprendente di età oltre che di provenienze che quest’anno si accentua: da Alcova Sassetti per esempio si parte da un sotterraneo – che è una specie di bellissimo delirio per quanto mi riguarda – di ventiquattrenni olandesi pronti a tutto che hanno accanto una galleria e sopra di loro un designer tedesco molto bravo, Hans Maier-Aichen, con una lunga carriera alle spalle e un rigore quasi scultoreo. Dopodiché abbiamo grandi nomi come Formafantasma, Sabine Marcelis…più persone che hanno creduto nel progetto. Abbiamo poi un’area conviviale di Lambert & Fils che sarà molto forte. E poi ancora una volta un gruppo di persone coraggiose che con noi affrontano l’idea di una location che non ha tetti, è una condizione abbastanza estemporanea. La pioggia sarà probabilmente un’altra novità di quest’anno che immagino tutti insieme sapremo affrontare e vedere anche nelle sue prospettive interessanti, perché si tratta di uno spazio nel mezzo della città che apre uno sguardo diverso verso il cielo e tra i palazzi».
Come selezionate, in genere, gli espositori?
«Alcova è una rete di persone interessanti che conosciamo in giro per il mondo e che sviluppano le loro ricerche molto prima di entrare nel progetto. È una rete di espositori, che selezioniamo e invitiamo privilegiando l’innovazione dal punto di vista estetico e dei materiali, della tecnologia e della sperimentazione». (Silvia Conta)
In home: Alcova Popoli Uniti, ph. Delfino Sisto Legnani
In alto: Alcova Sassetti, ph. Giulia Piermartiri