Da una parte l’uomo, dall’altra la scimmia. In un’epica lotta per il selfie. Non si tratta di un episodio di Planet of the Apes ma poco manca. Magari meno solenne, perché l’ambientazione non è un mondo distopico post nucleare ma una serie infinita di aule di tribunale. E in fondo alla scimmia non sembra importare più di tanto, visto che i contendenti sono il fotografo David Slater, la Wikimedia Foundation e la PETA-People for the Ethical Treatment of Animals, organizzazione no-profit a sostegno dei diritti animali, fondata nel 1980.
Tutti ricorderanno Naruto che, nel 2011, diventò il macaco cinopiteco più virale dell’internet, con gli autoscatti ottenuti manipolando una macchina fotografica lasciata incustodita da Slater, legittimo proprietario dell’oggetto. Naruto stupì non solo per quanto riuscisse ad apprire fotogenico, per una disposizione naturale, ma anche per la consapevolezza con la quale si offriva alla macchina. Qualcuno meno integrato e più apocalittico potrebbe dire artificiosità. Sguardo fisso in camera, sorriso splendente, espressione ammiccante, una immagine profilo perfetta per qualunque social network e, secondo i piani di Slater, appetibile per qualunque agenzia di stampa, come in effetti successe.
I problemi iniziano nel 2014, quando l’immagine viene caricata su Wikimedia Commons, suscitando la rivendicazione di Slater per violazione di diritto d’autore. A prescindere dalle simpatie personali, bisogna ammettere che la risposta di Wikimedia Foundation, proprietaria della piattaforma online sulla quale vengono caricati solo contenuti con licenza libera, è da segnare negli annuari delle citazioni a effetto: «Visto che è stata la scimmia a scattare l’immagine, non c’è nessuno che può pretendere il diritto d’autore. Per questo l’immagine è di dominio pubblico». La querelle è andata avanti, fino a quando l’Ufficio per il diritto d’autore degli Stati Uniti ha chiarito che le opere create da non-umani non sono soggette al diritto d’autore.
Ma la cosa non è finita qui, perché, fino a questo punto, gli ambientalisti erano rimasti fuori dai giochi ed è solo nel 2015 che la PETA mette a segno il colpo di scena, puntando in alto, presentando una ingiunzione per chiedere l’assegnazione del copyright alla scimmia, ovver far riconoscere a Naruto la proprietà artistica e intellettuale dello scatto. Ma una scimmia cosa se ne potrebbe fare di un mucchio di soldi (veramente tanti contando la diffusione dell’immagine)? Una fornitura a vita di banane sarebbe la risposta più immediata. Immaginiamo che Naruto sia più ambizioso, potrebbe puntare ben più in alto, magari a migliorare le condizioni di vita dei suoi simili. Questo almeno pensa la PETA, che vorrebbe destinare il ricavato della vendita e della diffusione delle fotografie in attività di salvaguardia degli animali. In effetti, gli amici di Naruto non se la passano molto bene, visto che, secondo l’Unione Internazionale per la Conservazione della Natura, la specie è classificata in pericolo critico.
Ma la sentenza del 2016 dà torto alla PETA che, però, non cede le armi della giustizia, «Quando la scienza e la tecnologia avanzano, la legge si adatta», ha detto Jeffrey Kerr consulente generale dell’organizzazione. Così, il 12 luglio di quest’anno, gli avvocati dell’organizzazione si sono rivolti alla Corte d’Appello degli Stati Uniti. Dall’altra parte della barricata, uno Slater sempre più provato e demoralizzato continua a rivendicare la sua autorialità, visto che la scelta di lasciare la macchina incustodita è stata sua e volontaria. Intanto, molto distante dalle aule, in Indonesia, è facile immaginare un Naruto alle prese con lo stress quotidiano del sottobosco pluviale.
Qualunque sarà il verdetto finale, la vicenda è già entrata nella storia della riproducibilità tecnica e della giurisprudenza. La prossima volta che pubblicherai un video del tuo gattino, faresti meglio a considerare a cosa potresti andare incontro.