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Sarà Natascha Süder Happelmann a rappresentare la Germania alla prossima Biennale d’Arte di Venezia e si tratta di una notizia che ha stupito tutti. Anche perché Natascha Süder Happelmann non esiste. O almeno, esiste nella misura in cui i nomi corrispondono più o meno esattamente alle cose che designano. In questo caso, l’identità più coerente corrisponde a quella di Natascha Sadr Haghighian che, regolarmente registrata all’anagrafe di Teheran dal 1967, nel corso di questi 51 anni, ha visto il suo nome ripetutamente colpito dagli errori di battitura compiuti dalle autorità pubbliche. Fraintendimenti di lettere e segni diacritici e maldestri tentativi di traduzione che hanno dato origine al nuovo nome di Süder Happelmann. «I nomi sono potenti. Non solo designano gli esseri e le cose che costituiscono, ma li determinano e li identificano. Così facendo, li distinguono anche, li separano l’uno dall’altro e ne attribuiscono significato e valore», ha detto Franciska Zólyom, curatrice del Padiglione.
Ovviamente ci sono anche dati biografici, più o meno precisi, come ha specificato la “portavoce” di Süder Happelmann, tale Helene Duldung, parlando in occasione della conferenza stampa di presentazione, durante la quale la donna ha sfoggiato una grande palla di cartapesta a mo’ di copricapo integrale. E infatti anche sulla identità della “portavoce” ci sarebbe da discutere: il suo cognome è riferito al principio della duldung, della “tollerenza”, che nella legislatura tedesca indica una sorta di status temporaneo di soggiorno per i richiedenti asilo.
Tornando a Süder Happelmann, sappiamo che è nata nel 1987 a Budapest o nel 1968 a Sachsenheim o nel 1979 in Australia o nel 1979 a Monaco di Baviera o nel 1967 a Teheran o nel 1966 a Londra o nel 1953 in Iran. Vive e lavora a Berlino, Kassel o Gütersloh, o a Santa Monica, in California, negli Stati Uniti o a Cotswolds, Regno Unito. La fonte? Ovviamente Wikipedia. D’altra parte, anche la pratica di Sadr Haghighian è sempre stata multiforme, come impone la strada di chi si sceglie di intersecare storia, arte e politica. Per esempio, insieme allo studio Forensic Architecture, attualmente candidato al Turner Prize, ha realizzato un video sull’assassinio di Halit Yozgat, perpetrato da un gruppo di neonazisti, mentre in Pssst Leopard 2A7 + ha ricreato, con mattoncini Lego, un carrarmato Leopard precisamente “esploso”, cioè trasformato in superficie.
Insomma, dopo il lavoro di Anne Imhof, che aveva trasformato il Padiglione tedesco in una raffinatissima scenografia di Faust e che si era aggiudicata anche un giusto Leone d’Oro, non si può certo dire che ci sia il rischio di annoiarsi, da quelle parti.