La AAIA-Association on American Indian Affairs, associazione fondata nel 1922 che si occupa del welfare dei Nativi Americani e dell’Alaska, ha criticato aspramente una mostra al Metropolitan Museum of Art, per violazioni reiterate di pratiche etiche. Secondo Shannon O’Loughlin, direttore esecutivo AAIA, i curatori della mostra non si sono consultati con i rappresentanti delle tribù per verificare diritti e autenticazioni, anzi, hanno compiuto una mistificazione, chiamando quegli oggetti come opere d’arte. «La maggior parte dei pezzi esposti non è arte: si tratta di oggetti cerimoniali o funerari che appartengono alle loro comunità e potrebbero essere finiti in collezione attraverso traffici illeciti e saccheggi», ha dichiarato O’Loughlin a The Art Newspaper.
Nell’occhio del ciclone è “Art of Native America: The Charles and Valerie Diker Collection”, mostra aperta dal 4 ottobre del 2018, per la quale sono in esposizione «116 capolavori realizzati da artisti provenienti da più di cinquanta culture in tutto il Nord America», si legge sul sito del Met. Gli artefatti sono stati allestiti nella American Wing del museo newyorchese – che sorge sul Lenapehoking, terra d’origine dei Lenape e dell’antica nazione Delaware – un’ala dedicata totalmente all’arte americana e sul cui sviluppo c’è molta attenzione, in particolare in questo caso, visto che si tratta della prima di tal genere presentata come mostra d’arte americana e non tribale.
In un comunicato stampa, l’AAIA esorta il museo a «Rimuovere dalla mostra gli elementi del patrimonio culturale dei nativi americani, inclusi oggetti sacri, culturali e funerari, fino a quando i rappresentanti dei governi tribali affiliati non saranno stati consultati». Dal Met rispondono di aver compiuto tutti i passi necessari, avendo contattato i leader di molte comunità in tutto il Paese, comunità che, però, non sono state specificate. L’AAIA potrebbe ricorrere al Native American Graves Protection and Repatriation Act, una legge approvata nel 1990 che obbliga i musei a inventariare correttamente gli oggetti dei nativi americani e i resti umani in loro possesso, garantendo alle tribù dei nativi un diritto di prelazione per la riacquisizione ma questa misura non è applicabile alle collezione private e la maggior parte degli artefatti esposti al Met è di proprietà della famiglia Diker. Ma sulle modalità attraverso le quali la collezione è stata messa insieme c’è ancora da far luce.