Brescia vive un momento di interessante fioritura di iniziative nel campo dell’arte contemporanea, con l’apertura di nuovi spazi espositivi e comunicativi. Sono gestiti da giovani che si focalizzano sugli artisti delle ultime generazione, con un’articolata proposta in termini di campi di ricerca ed espressione, spesso aperti al coworking e alla collaborazione. Così si pone Specchio41, atelier di due artisti, Manuel Gardina e Zen.Zero, che da dicembre 2018 hanno aperto il loro spazio con la collaborazione del curatore Pietro Bazzoli, che abbiamo incontrato all’inaugurazione della mostra “MC2.8 – LA TRASPARENZA DELL’IMMAGINE”, di Maria Chiara Maffi e Chiara Giancamilli.
SPECCHIO 41 appare in questo caso come galleria ma anche come catalizzatore relazionale e comunicativo: quale è il progetto e a chi si rivolge?
«Specchio41 è un luogo con una doppia anima: da un lato luogo di lavoro, dall’altro sede espositiva. L’idea alla base è il contatto tra giovani artisti e con il pubblico bresciano, che sta dimostrando sempre maggiore interesse per la proposta artistica di cui la città si fa portavoce. Brescia è cambiata molto in questi anni, ha allargato gli orizzonti. Per questo Manuel Gardina, Zen.Zero e io, pur venendo da esperienze pregresse differenti, ci siamo trovati a voler investire sulla nostra città».
Quali sono le linee curatoriali fondamentali che informano l’attività?
«Proponiamo mostre di artisti under35, a prescindere dal medium utilizzato. Questo perché siamo dell’idea che il contatto tra giovani artisti sia sempre proficuo: è fruitore di dialoghi, confronti e influenze reciproche, così come possono nascere legami autentici. Con un artista affermato sarebbe diverso, perché l’età ha un peso sull’interpretazione della realtà e, di conseguenza, anche sulla propria arte. Gli artisti che proponiamo sono “in divenire”, alla ricerca di risposte personali ai grandi quesiti sul mondo, come lo siamo noi».
Quali sono le relazioni e le esperienze all’origine della scelta operativa e curatoriale?
«Ogni scelta è accuratamente vagliata da tutti e tre: in questo caso c’è una maggioranza assoluta per ogni decisione e non c’è possibilità di incappare in situazioni ambigue. È un procedimento che necessita di una grande fiducia nel team, ma che porta grandi risultati. Inoltre, essendo una realtà autonoma, non sentiamo pressioni da fonti esterne: proponiamo solo ciò che più ci piace. Vogliamo istituire un comitato scientifico, per avere interlocutori interni ancora più consapevoli della realtà che l’arte contemporanea sta vivendo».
È un momento delicato per l’arte: quali sono le sfide, le prospettive, le motivazioni?
«La prospettiva alla base del nostro operato è, senza dubbio, la volontà di diventare un bacino d’interesse per l’arte giovanile, un luogo di riferimento dove confronto e crescita siano i capisaldi. È una sfida affascinate, che ci permette di mettere sempre in discussione le nostre visioni, di essere dinamici e investire in ciò che è la nostra passione più grande, convinti che l’impegno sia il crocevia di ogni successo».
Le due artiste ora in mostra, Maria Chiara Maffi e Chiara Giancamilli, presentano opere che partono dalla fotografia per inoltrarsi in percorsi concettuali: come si attestano nel progetto comunicativo ed espositivo di SPECCHIO 41?
«Maffi e Giancamilli sono due fotografe che ho voluto fortemente portare in mostra: il loro modo di relazionarsi alla realtà, in quanto donne e artiste, mi ha affascinato subito. Sebbene siano entrambe molto giovani – Maffi 1992, Giancamilli 1993 – cercano soluzioni formali per trascendere il reale proprio della macchina fotografica, esternando una prospettiva che va ben oltre la semplice contemplazione dell’immagine. Vi è un dialogo intimo e sotteso nelle loro opere che si pone in equilibrio tra ciò che sono loro e ciò che vogliono esprimere. Sono ancora agli inizi, ma sono certo che riusciranno a migliorarsi, proponendo opere sempre di maggior livello». (Marco Ticozzi)
In alto: Maria Chiara Maffi