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Attuale e necessario, il restauro delle opere d’arte del contemporaneo è un settore che richiama attenzione, considerando la complessità nell’approccio ai supporti e materiali misti degli ultimi decenni e la delicatezza richiesta per metterne appunto i procedimenti di recupero. Rappresenta un’esperienza preziosa entrare in un laboratorio dove, come in “ospedale delle opere d’arte”, si possono veder curare e risorgere lavori altrimenti consegnati alla naturale deperibilità dei medium. Occasione importante è l’apertura al pubblico del Laboratorio degli Angeli di Bologna, con la mostra “Manai-Omaggi”, una stimolante retrospettiva su Piero Manai (Bologna, 1951-1988) curata da Leonardo Regano. Un’opportunità per conoscere parte del lavoro dell’artista nell’incantevole contesto della chiesa sconsacrata di Santa Maria degli Angeli, che con l’attiguo Oratorio ospita dal 1982 il Laboratorio. Una realtà ben radicata e riconosciuta che oltre a occuparsi di conservazione e restauro di arte antica e moderna, si dedica ad interventi su opere di produzione contemporanea. Degna di nota l’attività svolta per il MAMbo (Museo d’arte moderna di Bologna), oltre che per numerosi collezionisti privati e alcune prestigiose gallerie d’arte.
Interessantissimo, in questa caso, il sistema espositivo messo a punto per valorizzare due grandi formati inediti di Manai dei primi anni Ottanta: le Ninfee (Omaggio a Monet) e Omaggio a Brancusi, recuperati e intelaiati magistralmente per l’esposizione. Si tratta di opere su carta, finora conservate nell’Archivio intitolato all’artista; manufatti cartacei prima arrotolati, portati a nuova vita seguendo tutti i passaggi: dalla pulitura al fissaggio del pastello, all’applicazione del supporto in carta giapponese per il sostegno fino al successivo montaggio su telaio. Un’operazione che ha richiesto diverse settimane di accurato lavoro, volto a rendere visibili pezzi significativi della produzione che Manai realizzò per omaggiare, appunto, grandi maestri della storia dell’arte e della fotografia quali, tra gli altri, Matisse, Cézanne, Leni Riefenstahl e i già citati Monet e Brancusi. Oltre alla suggestiva composizione inedita – di sette metri per tre – dei singoli fogli delle Ninfee, nelle stanze del Laboratorio ospitati anche altri importanti contributi, a svelare «la sensibilità dello sguardo dell’artista bolognese nei confronti dell’arte e dei suoi maestri, […] base di un atto creativo peculiare, selvaggio e poetico allo stesso tempo, che riesce a mettere a nudo l’essenza stessa dell’opera d’arte a cui si ispira e che ha reso Piero Manai uno dei più grandi artisti del suo tempo». (Cristina Principale)