Create an account
Welcome! Register for an account
La password verrà inviata via email.
Recupero della password
Recupera la tua password
La password verrà inviata via email.
-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
Si può con l’arte parlare di poesia? Si può al Palais de Tokyo, con una bellissima mostra coinvolgente e potente: “Ugo Rondinone: I love John Giorno” (dove al posto della parola love c’è un cuore). È la prima retrospettiva mondiale di un poeta che ha segnato un’epoca, John Giorno (New York 1936), una delle figure più importanti della scena underground americana degli anni Sessanta. Le sue poesie hanno ispirato i moti e le proteste del sessantotto, la ribellione alla guerra in Vietnam, la lotta al razzismo e al vecchio modo di concepire tutti i valori della società, famiglia compresa. Ugo Rondinone (1964, vive a New York) racconta il poeta iniziando da un video bellissimo dove John Giorno proclama, elegantissimo, ma senza scarpe, sul palco di un teatro, rivolto a una platea che non c’è, ma siamo tutti noi, un meraviglioso personale ringraziamento, alla poesia, all’arte e al mondo. Nelle sue parole, rese particolarmente emozionanti e vere dal suo trascorso di vita, Giorno racconta attraverso innumerevoli thank you, con amore e umiltà infiniti, il suo modo di pensare, le sue convinzioni, mai tradite, che hanno influenzato tutta quella generazione che poi si è chiamata la “beat generation”.
Con sguardo sereno, quello dell’uomo che è riuscito a trovare le motivazioni per vivere ogni giorno, ribadisce i suoi principi, benedice intellettualmente la sua folla. Alla fine aspira del “fumo”, dopo averne ribadito i benefici e, con sguardo sognante, all’altezza del più famoso sguardo di Robert De Niro in C’era una volta l’America abbandona la scena. Nella seconda stanza, Rondinone racconta il poeta attraverso un prezioso archivio di lettere, filmini girati alle riunioni di famiglia, foto intime e pubbliche, recensioni e articoli, da sfogliare su tavoli o da guardare perché sono attaccati alle pareti in mezzo a mille colori, dove l’artista mette in evidenza le parole più significative del poeta americano (God is Man Made, Living in Your Eyes, Just Do It, Life is a Killer…). Nella sala passano ragazze sui pattini e consegnano poesie.
La mostra continua in altre sale, con omaggi di molti artisti: Rirkrit Tiravanija, Andy Warhol con i suoi film dell’epoca, Pierre Huyghe con quelli rifatti oggi e altri. E ci si può anche sedere nelle poltrone destrutturate tipiche di quegli anni per vedere proiezioni, ricordi, interviste, ritratti di pittori amici del poeta, che commentano, affascinati da lui, il loro incontro. L’allestimento è all’altezza del Palais de Tokyo, lo spazio a disposizione è immenso. Il poeta con la sua poesia ti circonda, ti avvolge, ti entra dentro; si può parlare di un poeta attraverso l’arte? Si può, si può e quando ci si riesce la fusione dei due mondi è stupefacente. (Cristina Cobianchi)