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È stato detto che è assente una linea stilistica, un linguaggio comune che unisca i troppi artisti scelti, così come è stato detto che si sono appoggiati troppo alle gallerie. Ma se non ci fossero i galleristi a finanziare, ad essere imprenditori, l’arte non potrebbe sopravvivere”. Così Guido Curto, direttore dell’Accademia Albertina di Torino, ha avviato la sua difesa dei curatori del Padiglione Italia che in questi giorni hanno chiuso a Torino, ospiti della Fondazione Sandretto, le tappe con cui hanno cercato un contatto diretto con il pubblico e gli addetti ai lavori. “
Io non penso che oggi si possa dire che la qualità in arte non esista più – ha affermato
Beatrice Buscaroli -.
Il lavoro degli artisti non può essere giudicato a priori dal nome, le critiche sono state feroci ed immediate. Possibile che su venti artisti nessuno possa ritenersi adeguato? Io e Beatrice siamo legati dallo stesso amore per la pittura ma abbiamo affrontato anche gli altri linguaggi. Abbiamo condiviso con gli artisti fin dal principio l’esperienza dell’elaborazione dell’opera. È molto diverso quello a cui aspiriamo rispetto ad una biennale come quella di due anni fa in cui ci sono stati due omaggi distinti, senza legami”. E
Luca Beatrice, lodato per la sua capacità di contaminare tutto il contaminabile a qualsiasi livello artistico, cinematografico e musicale, si è schernito ammettendo che il testo critico della socia sia più bello del proprio. “
Stiamo lavorando da tempo sulla cultura contemporanea, bisognerebbe trattare la storia come attualità e l’attualità come storia, senza essere condizionati dal presente obbligatorio: ci sono artisti viventi che non incidono sulla contemporaneità. Noi cerchiamo di mescolare le carte senza farci il problema di scovare l’ultima novità o di creare un percorso da rivista patinata. Abbiamo voluto riportare la situazione allo status quo precedente alla demolizione del Padiglione Italia, perché il paese ospite deve sottolineare la sua identità”. A questo punto qualcuno si è spinto ad affermare che i due curatori, grazie alla loro effettiva conoscenza del territorio italiano, superano in cultura i più grandi critici quali Celant – e poteva forse essere ignorato? – Bonami e pure Danilo Eccher. Citando modelli di biennale come quella ultra nominata di Achille Bonito Oliva del ’93 – caotica e brillante e soprattutto con tanti artisti come quella di quest’anno -, passando per Jean Clear e non trascurando quella improvvisamente rivalutata di Bonami. Nel complesso la coppia di curatori è apparsa solida e perfettamente in armonia, anche se la Buscaroli alla fine ha ammesso quanto il “socio” abbia condizionato “leggermente” – non proprio dieci e dieci insomma – le sue decisioni, soprattutto quando si è trattato di invitare artiste donne, rappresentate in sale dalla brava e quasi unica superstite
Elisa Sighicelli. Da parte sua Luca Beatrice non ha nascosto il pensiero che se al posto della Buscaroli ci fosse stata un’altra “critichessa” non solo avrebbe diviso il padiglione ma avrebbe fatto erigere anche un muro. (
barbara reale)
[exibart]
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beatrice conosce sicuramente l'arte italiana meglio di quanto la conoscano celant bonami e di sponda birnbaum : nel caso di bonami si frequenta solo un certo tipo di gallerie o situazioni che hanno il piedino nel sistema internazionale che comunque non è tutto fatto di oro luccicante ma anche di bidoni, art basel compresa.
rispetto a questo sistema bonami per restare a galla assolve la funzione del prestanome più che del critico. tra l'altro i suoi scritti teorico critici sono povera cosa. ma per fare quello che fa lui più che testa ci vuole una generica furbizia
da burocrati.
beatrice è vero si sorregge sul sistema commerciale nazionale il che forse non lo si pensa ma è scomodo e richiede un energia e un intraprendenza notevoli: i coraggiosi critici indipendenti che lo criticano preferiscono le consorterie e le sale d'attesa: si vergognino e si trovino un lavoro.
certo per stare nel sistema italiano beatrice paga qualche pegno sul piano culturale : ad esempio prende sul serio sgarbi, renato zero e la gelmini.
guardando inoltre la lista nomi x la biennale beatrice sicuramente poteva fare di meglio e questo bisogna dirlo anche se probabilmente (essendo in definitiva intelligente) lo sa da solo : magari mi sbaglio (e anzi me lo auguro) ma prevedo forse voci di favore da una certa italietta ma scarso interesse da parte del pubblico internazionale oltre il giudizio ovviamente negativo di quello internazionalista. Perchè ancora montesano? che ha fatto di importante in questi ultimi anni se non la solita politica dei quadri a cottimo tutti uguali?montesano è una copia sentimentale di quanto richter ha già fatto negli anni 60! e chia non ha svenduto la sua breve gloriosa stagione degli anni 80 ripetendo stancamente sempre le stesse cose x un mercato senza pretese? avete provato a vedere che pittori girano oggi a new york o a berlino? se chia iniziasse oggi, anche al massimo della forma non verrebbe considerato.
Questo x dire dei duea artisti che la biennale già l'avevano fatta!
e berruti scusate non è nessuno e lodola va bene x un negozio di design da supermercato:forse gli si poteva al massimo dare l'appalto per la decorazione della caffetteria.
e vogliamo veramente credere che cingolani e pignatelli sono artisti il cui lavoro possa essere cosi ambizioso da rompere il monopolio di certo "internazionalismo": ci vuole ben altro, sopratutto sul piano dei contenuti.Cosa propone pignatelli? l'antica grecia? e cingolani propone forse padre pio?
certo beatrice si sarà trovato intrappolato tra antiche amicizie e debiti pregressi ma avrebbe fatto meglio a tirar fuori qualche figura più laterale e inaspettata cosi come hanno il coraggio di fare i grandi curatori nelle grandi occasioni: le gallerie italiane che fanno pittura hanno i loro meriti ma qualche colpa ce l'hanno e in certi casi andrebbero un po indirizzate verso cose meno facili. le gallerie italiane che trattano pittura infatti vendono sigle più che opere, molto spesso pitturaccia.
Qualcuno ovviamente sarà grato per il do ut des e beatrice
continuerà a stare a galla nel piccolo giro italiano, ma avrà perso un treno più grande:la biennale di venezia per quanto mal messa non è la fiera di verona.
Dici molte cose che condivido Antonio, ma proprio perchè così compromesso con un certo mercato nazionale Beatrice non poteva fare di più, anzi ha fatto anche troppo.Critici indipendenti che non vivono sulla luna in Italia si trovano...questa probabilmente sarà una occasione di rinnovamento sprecata
Io invece penso che questo padiglione sia una fotografia aggiornata e radicale dell'italia. La qualità e le selezioni sono da regime bulgaro, ma anche questo fa parte dell'intervento "artistico" di beatrice e beatrice. La loro opera sarà vista dai posteri come una performance allargata che va dagli inciuci con le gallerie fino all'installazione dei lavori.
Gentile Giorgi,
le posso garantire che alla Fondazione Sandretto non solo c'ero ma sono anche intervenuta.
Per quanto riguarda l'attendibilità dei contenuti le posso inviare in qualsiasi momento la registrazione della conferenza a cui mi sono fedelmente attenuta, ovviamente ho dovuto riassumere alcuni tratti, ma le garantisco che ho i titoli e le capacità per farlo in assoluta obiettività.
Mi auguro di potermi confrontare con lei per poter scoprire che non è superficiale come sembra.
Saluti
Non avevo letto il commento di luigi. Io accettoe BeB (penso che siano i veri artisti del padiglione italia) gli altri sono solo artigiani, attori comprimari, gregari, colori della tavolozza. E mi viene da ridere (amaro) pensando a loro.
Il binomio Bonami/cultura è quasi un ossimoro. Apprendo che è stato inserito tra i grandi nomi della critica italiana in questo articolo. Qualcuno mi può indicare un suo scritto teorico rilevante o degno d'interesse? O visto che è molto (inspiegabilmente) famoso è automaticamente molto bravo?
Quanto a Jean Clear, forse un nuovo shampoo antiforfora, vorrei avvisare a chi l'ha indebitamente e grossolanamente americanizzato, che si tratta di Jean Clair, francesissimo e rispettabile intelletuale.
Questo exibart non si meriterebbe forse delle collaborazioni più "alte"?
The show must go on
Bonami è famoso e bravo perché lo ha detto la Sandretto, la stessa cosa succede con gli artisti, anche se sono degli asini.
Purtroppo l'arte contemporanea vuole così, chi paga decide ciò che vuole, inutile che ci giriamo intorno, succede anche in Francia con Pinault, in GB con Saatchi e negli USA con i pezzi grossi del collezionismo.
L.Rossi, inizia a cercarti un posto, se non piaci alla Sandretto non hai scampo.
E' stato evidentemente un refuso dell'una di notte, conosco perfettamente diversi suoi testi... ne vogliamo parlare signor xxx?
Non ho partecipato all'incontro quindi non posso dire nulla in proposito. Comunque le pagini torinesi di Repubblica sono molto poco attendibili...son riusciti a far sembrare La Stampa un giornale obiettivo!
Concordo con X.
Quello che è stato scritto su Repubblica è piuttosto superficiale e opinabile, la Paglieri ha sottolineato che non si è parlato degli artisti, cosa assolutamente non vera, anzi, i curatori hanno spiegato i vincoli ministeriali di rservatezza ai quali sono stati richiamati dopo il caso di Sissi, che ha descritto troppo la sua opera e che ha creato molti problemi.
Gli artisti hanno descritto il poco che potevano e spazio è stato dedicato anche a quelli assenti.
Come è stato riportato in tempo reale su Exibart e che in questo articolo probabilmente sarebbe stato inutile ripetere.