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Il principale motivo per cui vi stiamo scrivendo da L.A. era chiaro: essere presenti alla prima volta di Frieze sulla West Coast, proprio in quei Paramount Studios che non avevano portato fortuna a Paris Photo che, dopo un paio di edizioni in California, è tornata alla base. Chissà se, invece, per il colosso inglese andrà meglio ma, a giudicare dalle prime ore, si direbbe di sì o, almeno, così sembrerebbe dalle lamentele e dalle file ai vip e press desk. Due giorni di previewm, infatti, ieri, 14, e oggi, 15 febbraio. E ovviamente c’è qualcuno che è stato messo al secondo giorno, scatenando sbuffi e attese di qualche miracolo: entrare.
Scherzi (ma non troppo) a parte, Frieze ci accoglie in maniera quasi trionfale. Di fronte all’ingresso, il bello stand di Blum & Poe, che mette insieme una serie di pittori della sua scuderia e un murale che porta dipinto “Hollywood” con sfondo azzurro cielo su tutte le pareti. Ma le sorprese, più ci si addentra nella fiera, fendendo la folla di addetti ai lavori e collezionisti, da Francesco Vezzoli a Jerry Saltz, da Mister Leonardo DiCaprio a Hans Ulrich-Obrist, non finiscono certo qui. Bello lo stand della losangelina Regen Projects, con Jack Pierson, Alex Hubbad e Gillian Wearing, ma anche Sprüth Magers e König, a sua volta con un site specific di Jeppe Hein (Danimarca, 1974) al limitare tra installazione e design, con uno splendido remake di un taglio di Lucio Fontana su pellicola elastica e argentata.
Ebbene sì, qui le opere on site giocano una parte rilevante ed è sicuramente uno dei motivi per cui promuoviamo a pieni voti questa fiera, almeno negli allestimenti e nel fatto che le gallerie, visto che si punta su cavalli sicurissimi, si permettono di osare. Hauser & Wirth presenta, a vent’anni dalla sua creazione (1999) e nella città d’adozione dell’artista, Unisex Love Nest di Mike Kelley. Ispirata alla fotografia di una cameretta ideale per bambini, l’installazione, tra decalcomanie floreali, tende di pizzo, cuscini, animali di peluche e casette per gli uccelli, è un’allusione alle fantasie represse e ai crescenti desideri sessuali, oltre il concetto di “genere”. Jeffrey Deitch, diligentemente seduto al suo stand, va sul sicuro con un bel booth monografico di opere di Judy Chicago dei primi anni ’70, tra minimalismo e colore.
La messicana OMR propone bei pezzi di Jose Dàvila e Gabriel Rico e un’altra galleria da Città del Messico, Kurimanzutto, in collaborazione con Esther Schipper, è una vera bomba. L’installazione di Gabriel Kuri, Holes and tongues (blushing in three steps), composta di dispenser di tovaglioli di carta e conchiglie, alcune delle quali inserite nel muro, è una delle opere più potenti e sensuali e conturbanti mai osservate in una fiera. E poi Aquavella, con la pittura di Wayne Thiebaud, Mendes Wood, The Modern Institute, Jake Shainman.
Una prima edizione sicuramente muscolare – ma non avevamo dubbi – che non ha tradito le aspettative. Di affari se ne parlerà. Intanto, visto che da sempre si dice di come il tessuto losangelino sia piuttosto privo di affezionati e grandi collezionisti, c’è da augurarsi che, come ha dichiarato la direttrice Bettina Korek, «Siamo parte di una comunità che speriamo cresca». (mb)