È stata prorogata fino al 19 gennaio 2019 “Incisioni en plein air”, mostra all’Accademia di Belle Arti di Brera, dedicata a Valentino Vago – scomparso proprio un anno fa, il 17 gennaio 2018 – che comprende una produzione di acqueforti realizzate tra il 1952 ed il 1959. Furono i primi anni della produzione di Vago, che lo videro studente presso l’Accademia a Milano e, quindi, in fase di sperimentazione, un periodo in cui il suo stile non era ancora stato messo a fuoco ma che sarebbe risultato sicuramente decisivo nel suo percorso di formazione, fino a tracciare la sua vera e propria poetica.
In esposizione, dunque, una quarantina di opere in cui, nonostante la formazione acerba nell’incisione, si percepisce già un segno fluido, rappresentativo dei primi capolavori e che, man mano, tende a essere più astratto. I segni si muovono in armonia nello spazio della superficie, non ci sono intoppi. Vago cattura momenti di vita quotidiana della realtà lombarda e del mondo che lo circonda, soffermandosi su alcuni elementi caratteristici, come l’espressione dei volti, calibrando i contrasti chiaroscurali e la fisionomia di alcuni paesaggi. Per Vago, la tecnica incisoria è al pari delle altre discipline, come la pittura, e proprio per questo motivo entrò quasi subito a far parte dell’Associazione Incisori d’Italia. L’evoluzione del tratto, negli ultimi capolavori, permette all’artista di distaccarsi e iniziare a indagare con interesse verso l’atto creativo effettivo e non sulla rappresentazione dell’immagine, sviluppando il suo pensiero poetico immergendosi nell’astrazione espressa con la tecnica della pittura.
Ad accompagnare la mostra, un catalogo ragionato dell’opera grafica dell’artista che vuole essere, da una parte, un omaggio alla persona e al suo operato, dall’altra, uno strumento di rappresentazione espressiva al pari della personale allestita. Durante la presentazione del catalogo, diverse le persone che hanno descritto il carattere e la caratura artistica di Vago: un uomo semplice, che amava raccontare, con il suo stile, la vita che lo circondava e che lo rendeva felice, appagato da quello che faceva e non calibro di turbamento. (Gaia Tonani)