Un nuovo, inedito lavoro di Elisabetta di Maggio per lo spazio espositivo del Fondaco dei Tedeschi a Venezia. Un luogo che, come l’artista stessa ricorda, è stato per anni l’ufficio delle poste centrali, in cui i veneziani andavano a svolgere quelle mansioni di ordinaria quotidianità che ormai sembrano così rare in città. Oggi il Fondaco ha recuperato quella funzione che il palazzo aveva in origine, crocevia di commercianti e acquirenti in continuo movimento e propensi all’acquisto.
“Greeting from Venice”, allestita nell’ultimo piano del Fondaco e visitabile fino al 25 novembre, apre uno squarcio sul passato recente dell’edificio che nessuna delle mostre precedenti era riuscita ad aprire. Dalla pavimentazione in pannelli e vetro appositamente allestita per l’occasione, emerge una copertura musiva che fa esplicito riferimento alla Basilica di San Marco per forme e colori dominanti. L’effetto però è creato da una miriade di francobolli accuratamente selezionati e incollati, a formare il nuovo mosaico/collage della Di Maggio, un’operazione nella quale l’artista è stata affiancata da alcuni studenti del Liceo Artistico Marco Polo di Venezia.
Un inno alla pazienza, come sono spesso i suoi lavori, in grado di creare un collegamento organico ed equilibrato tra la sua poetica, il coinvolgimento di una scuola, la funzione del Fondaco che tutti i veneziani ricordano e il cuore della città, Piazza San Marco. La dimensione del tempo viene trasmessa ai ragazzi, coinvolti in un’operazione che si contrappone proprio alla sua fruizione nel contemporaneo, un lavoro in cui si riverbera non solo il lento scorrere di azioni minuziose e ripetute, ma anche il ricordo del modo in cui, prima dell’era digitale, si attendevano le missive, spedite proprio grazie a quei francobolli che formano il materiale principale dell’installazione, come evidenziato da Chiara Bertola, curatrice della mostra. Sempre a sottolineare il legame col il senso di un luogo come Venezia, sta anche l’attenzione alle varie nazionalità di provenienza dei francobolli.
In una città ormai diventata più multituristica che multietnica, si cerca di recuperare quella perduta attenzione all’altro anche osservando cosa ogni nazione ha deciso di imprimere sulla propria sezione filatelica. Agli elementi naturali si sommano quelli architettonici o i ritratti, in un caleidoscopio di colori che sono in grado di dialogare molto bene con il contesto. Il gusto del non finito si ritrova nella scelta di lasciare aperta l’opera, forse per suggerire il desiderio di far continuare in eterno un processo. (Penzo+Fiore)
In home e in alto: Elisabetta Di Maggio, Greetings from Venice, ph. Matteo De Fina