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Era nato a Palermo, dove se n’è andato stanotte, nel 1970. Stiamo parlando di Andrea di Marco, pittore della Nuova Figurazione Siciliana che avevo esposto, dopo il diploma all’Accademia di Belle Arti di Urbino, nel 1991, anche alla Quadriennale di Roma, a Palazzo Reale di Milano, all’interno della mostra dedicata all’Arte italiana dal 1968 al 2007, nonché ai Cantieri Culturali alla Zisa, entrando anche a far parte del “movimento” di Italian Factory, nel 2003. «Mi piace pensarmi come un collezionista di scarti, tentando di circoscrivere un fenomeno», aveva dichiarato l’artista siciliano. «Sono figli nostri, intendo quegli oggetti-soggetti che si legano al paesaggio e che io fotografo, estraggo, dipingo e quindi non dimentico, sia per fare un dispetto alla globalizzazione sia per quel sentimento di riconoscenza, di aspettativa enigmatica, di quell’imperscrutabilità che si rivela a volte come una metafora dell’incertezza del vivere» aveva detto qualche tempo fa, in occasione della personale alla Galleria Francesco Pantaleone. Uno choc anafilattico l’ha strappato alla vita, nella Palermo che aveva sempre usato come base e come porto per la sua vita e la sua arte, dipinta spesso al buio, come se la pittura contenesse in sé un carattere luminoso in grado di riscattare l’oblio.