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Parte con una significativissima apertura di credito la seconda vita di Punta della Dogana, meraviglioso enclave del sestier veneziano di Dorsoduro destinato a centro d’arte contemporanea. La giuria -presieduta da Achille Bonito Oliva- che doveva scegliere se assegnare lo spazio alla Fondazione Guggenheim o al Palazzo Grassi del magnate del retail francese François Pinault ha optato per un pareggio. Il documento di motivazioni redatto da Bonito Oliva -che Exibart sta tentando di ottenere per offrire ad una completa ed opportuna lettura da parte di tutti- prefigura inoltre uno scenario visionario: “a Punta della Dogana Guggenheim e Pinault devono collaborare, per la realizzazione di un grande museo dove il contemporaneo storico sia affidato agli americani e l’arte d’avanguardia fino ai giorni nostri ai francesi“. Un sogno? Non del tutto se è vero come è vero che Thomas Krens, il boss di tutte le Guggenheim, ha dato in queste ore in pasto alle agenzie una nota dove afferma che “se la decisione del Sindaco Cacciari è che gli interessi di Venezia siano meglio serviti da una collaborazione tra la Collezione Pinault e la Guggenheim, siamo pronti a partecipare nella discussione per definire il miglior percorso futuro“. Dal momento che “le risorse unite di Pinault e della Guggenheim sono un punto di partenza che non può vantare nessuna altra città“. Con un obiettivo semplice semplice: “fare di Punta della Dogana uno dei migliori musei contemporanei al mondo“…
La buona volontà americana, ora, non può che attendere risposta dal proverbiale orgoglio francese.
[exibart]
La decisione finale del comitato presieduto da Bonito Oliva ha decretato la parità tra i due contendenti per la Dogana, ma certamente non è stato un giudizio salomonico, bensì, al contrario, calcolo di furbizia.
Perché a Bonito Oliva dovrebbe interessare Venezia e il futuro degli artisti che ci vivono? Non scherziamo.
Quale può essere, invece, il punto di vista sulla questione da parte della produzione artistica del territorio (che non è stata interpellata)?
A mio avviso dalla Fondazione Guggenheim c’è ben poco sperare, per noi artisti. Caldogno-C4 così com’è oggi serve soprattutto alla carriera del critico curatore (qualcuno lo ha spiegato a Galan?). La Peggy Guggenheim Collection è un museo che conserva bene i dipinti di Peggy, ma non il suo spirito creativo: l’interazione con la produzione artistica del territorio è quasi nulla; persino nel bookshop (visitato da me ieri) l’unica documentazione su quest’ultima si limita ai libri in inglese della moglie del direttore. Si, con Guggenheim sappiamo come andrebbe a finire. Allora proviamo con la Francia, almeno si rischia di portare a casa qualcosa.
Concordo sul fatto che ben poco a Venezia si prende cura degli artisti contemporanei del nostro territorio ( parlo per i veneti ma non escludo il resto degli artisti italiani ). Poche sono le iniziative, a partire dalle istituzioni museali comunali che gestiscono gli spazi dedicati all’Arte Contemporanea a Venezia.
Ciò non avviene negli altri capoluoghi italiani a partire da Bologna, Milano e Roma, dove gli spazi dedicati a loro non mancano e le mostre si susseguono ( e non solo a cadenze annuali…).
Perchè Venezia ignora questo aspetto dell’arte??
Importantissima per la stragrande quantità di opere antiche cinquecentesche e settecentesche e per la realizzazione di grandi mostre dove i nostri artisti italiani del passato vengono lodati, sembra “sprofondare” quando si tratta di Arte Contemporanea, se non per elogiare collezioni di importanti ricconi!
E cosa succede adesso? I due collezionisti ricconi si uniscono!!!!
Se questo può portare benefici ad un ambito che attualmente è poco sviluppato non disapprovo la cosa…ma, mi domando, questo avverà???!!!!