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Sarebbe il sogno di ogni artista e curatore, che l’interesse verso una ricerca fiorisse sempre in questo modo: il pubblico vede un’opera, ne resta affascinato, chiede di poterla approfondire. Nasce così una serata che racconta di sette anni di progetti, realizzati nel corso di un’avventura nella natura selvaggia tra Stati Uniti e Nord Europa. Questa sera, alle 21, a Verona, nello spazio di coworking Lino’s & co, Jessica Bianchera, con l’associazione culturale Urbs Picta, propone il talk “Daniele Girardi: la poetica del viaggio Progetti e opere dal 2011 al 2018” che, attraverso materiali e immagini, in parte inediti, ripercorre le esperienze di viaggio e produzione artistica di Daniele Girardi, per cogliere tappe, trasformazioni e mutamenti nella sua pratica.
«Il vissuto – ha spiegato Girardi – ha una valenza performativa in quanto la radice più autentica della poetica si stabilisce nel momento preciso in cui vivo l’esperienza: il mio essere nella foresta selvaggia». A questa prospettiva era dedicata, nel 2016, la mostra “Bivacco 17”, alla galleria La Giarina di Verona, in cui era possibile immergersi nei primi esiti formali di North Way, i tre viaggi di Girardi in Nord Europa. Ma, in occasione del dialogo tra l’artista e la curatrice, sarà proposta una rilettura dell’intera produzione di Girardi, dal 2011 a oggi.
All’origine della serata, un mese fa, la ripresentazione, in occasione di Verona Risuona, dell’opera di video-pittura I road, realizzata nel 2011 durante un viaggio nella Death Valley: «A metà strada tra la pittura (a cui si era dedicato nei primi anni della sua carriera) e l’arte come pura esperienza (oggetto dei lavori più recenti), I Road contiene in nuce e presenta per la prima volta gli elementi cardine di tutta la ricerca di Girardi: dal viaggio all’immersione nello spazio naturale, dagli sketch book al video e all’installazione. Nasce così l’idea di realizzare un talk per approfondire quasi un decennio di ricerca, dall’asfalto assolato di I road alle nevi di The Great Valley Project, dai materiali industriali di What remains alla foresta selvaggia di North Way, rivivendo opere, progetti e occasioni espositive. Scopriremo, allora, come il fare artistico di Girardi si sia fatto di volta in volta sempre più radicale nell’abbandonare le vie tracciate per immergersi nella wilderness, nel trasformare l’arte da qualcosa che si crea a qualcosa che si vive, che si esplica e si fruisce con l’esperienza, fino a diventare totale identificazione tra arte e vita, in un binomio inscindibile e necessario», ha scritto la curatrice nel testo. (Silvia Conta)
In alto: Daniele Girardi, The Great Valley Project, 2015