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La mostra “Diario Notturno”, di Elisa Filomena, visitabile fino al 7 aprile da Circoloquadro, a Milano, apre il dibattito sul potentissimo spazio che intercorre tra l’opera e l’artista. Per la mostra personale, anzi, molto personale, l’artista nata 1976 a Torino presenta decine di dipinti su carta, con protagonisti perlopiù femminili e, ad attirare l’attenzione, è una certa dualità. I ritratti dei visi e dei corpi sono a volte pacificanti e affascinanti, come se provenissero dal mondo della moda, mentre altre volte rimandano all’incubo, con i loro occhi contusi, con il sangue che fuoriesce dalle orecchie, con gli sguardi inquietanti.
L’artista dipinge sempre di notte, usando una luce soffusa e spesso con gli occhi socchiusi, lasciandosi afferrare dall’immaginazione e dalla passione. Filomena descrive se stessa come una specie di medium spirituale, non sempre consapevole di ciò che le succede, mentre dipinge. C’è un motivo per cui è stata menzionata la poesia introducendo l’opera di Filomena: descrivendola si potrebbe arrivare anche all’haiku, una poesia minimalista, in cui a volte un segno lasciato da una parola di tre lettere basta per capire il significato al volo.
La spontaneità di un fanciullo e l’estrema freschezza contraddistinguono questa mostra, non solo per il contenuto dei lavori ma anche per il modo di esibirli: attaccati al muro bianco senza fatica, come improvvisati, non incorniciati, liberi come il gesto pittorico, delicato ma notevole per la sua forza spirituale. (Dobroslawa Nowak)