10 maggio 2016

Tutti per la serigrafia, serigrafia per tutti. Allo Galleria Spazio Nea, 14 artisti si confrontano con matrici e telai, in nome della responsabilità dell’immagine.

 

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C’è un luogo, nel centro di Napoli, in cui artisti, attori, musicisti s’incontrano per prendere un caffè, un thè o un cocktail. Sorseggiare qualcosa a piazza Bellini è una pausa tra i discorsi sullo stile, sui sentimenti, sugli obbiettivi, sui linguaggi. In una di queste situazioni conviviali nasce il progetto “Uno di Uno. A proposito di serigrafia”, precisamente nella Galleria Spazio Nea, dove Vincenzo Rusciano ha invitato artisti diversissimi a esprimersi con la medesima tecnica, quella della serigrafia. Il sodalizio ha visto la partecipazione di Aniello Barone, Mauro Di Silvestre, Pietro Di Terlizzi, Matteo Fato, Raffaele Fiorella, Lino Fiorito, Eugenio Giliberti, Roberto Marchese, Erminia Mitrano, Perino & Vele, Paolo Puddu, Giuseppe Teofilo, Eugenio Tibaldi e dello stesso Rusciano
La tecnica serigrafica, nella quale il segno grafico impone all’artista una semplificazione del messaggio-immagine, rimarca una certa continuità con il passato dell’arte e, in particolare, con quello napoletano. Nell’intervento in catalogo di Andrea Viliani si chiarisce questo passaggio, in cui il passato, anche quello remoto, nella città partenopea, si incrocia con il contemporaneo: «pratica antichissima e molto radicata, la serigrafia acquisisce l’autorità di un vero e proprio incunabolo napoletano anche grazie al più serigrafico degli artisti contemporanei: Andy Warhol».  Una data che sancisce la rifioritura della serigrafia a Napoli è il 1985, quando il celebre pop artist presenta Vesuvius by Warhol, con un’operazione di neo-vedutismo che, se da un lato si riconnette alla tradizione del Grand Tour, dall’altro assume caratteri apotropaici tipici della fede popolare, contribuendo, dopo il terremoto del 1980, a ricucire l’immaginario lacerato tra la città e i suoi abitanti. Qui risiede la forza della serigrafia, intesa come riduzione del corpo della pittura a segno veloce e immediato che ristabilisce quella gerarchia tra figura e sfondo. Sulla bidimensionalità del foglio, si erge netto il contorno che delimita un messaggio univoco, come fosse un pensiero preciso. D’altronde, il termine grafica, in origine grafein, significa tanto scrivere che dipingere e ne consegue che i linguaggi visivi, per poter essere portatori di significati univocamente comprensibili, devono essere scritture. 
Da ciò emerge il tema stesso del progetto che, se a prima vista è celato dietro le diverse soluzioni finali proposte da ogni artista, viene univocamente alla luce nel tentativo di organizzare i segni in modo semplice e deciso, per delineare quanto più comprensibilmente il risultato finale. Un’operazione che mette tutti d’accordo nel ristabilire la prassi di responsabilità, che compete agli artisti, nella creazione di una iconografia contemporanea. (Marcello Francolini)

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