«Cittàlimbo Archives sfida la città dell’oblio», così Brigataes, sigla di produzione estetica fondata da Aldo Elefante nel 1992, descrive uno degli aspetti principali dell’opera che, dallo scorso 10 giugno, è entrata a far parte della collezione del Museo Madre di Napoli, nell’ambito di Per_formare una collezione: per un archivio dell’arte in Campania. Un archivio per una memoria non univoca ma plurale, una storia delle storie che hanno arricchito il panorama artistico del capoluogo campano dagli anni ’50 fino agli anni ’80. Una collezione di esistenze più che di oggetti, che restituisce alla città la voce di centodue personalità – da Achille Bonito Oliva ad Angelo Trimarco, da Rosaria Matarese a Mimmo Paladino, da Anna Amelio a Peppe Morra – protagoniste di quel fermento culturale con la loro scrittura, le loro opere o le loro gallerie e collezioni. «Al centro del mio lavoro artistico degli ultimi anni», afferma Aldo Elefante, «è la convinzione che piuttosto di una storia con la “S” maiuscola esistano le storie, le quali vanno colte in tutte le loro sfumature, prima che vengano omologate e appiattite dalla storia generale». Una raccolta preziosa, iniziata sul finire del 2009, intercettata e accolta dalla Fondazione Banco di Napoli, che cura l’Archivio Storico della banca, la quale ha deciso sostenere la produzione, prospettando anche un prosieguo della ricognizione oltre il 1980, e di destinarla agli spazi del Museo Madre, in una contaminazione feconda tra archivio e museo.
Se da un punto di vista artistico Cittàlimbo Archives ricorda l’azione poetica di Christian Boltanski, basti ricordare Les Archives du Coeur, d’altra parte, inserendosi nel tessuto del Museo Madre, si accosta alla catalogazione portata avanti dallo Smithsonian, Archives of American Art, oppure, sotto altri aspetti, dal Museo Reina Sofia che ha fatto della propria collezione «un archivio del popolo», come definita da Claire Bishop. Non bisogna perdere di vista, però, che Cittàlimbo Archives è un’opera artistica, diffusa tra i vari ambienti del museo nella forma estetica di dieci televisori a tubo catodico. Proseguendo idealmente il discorso di No Lives Were Lost (2009), da una dimensione intimistica ad una collettiva, le immagini mute dei personaggi intervistati si susseguono e, anzi, seguono il visitatore in uno straniante effetto di déjà-vu. Nella biblioteca l’opera assume il carattere di una “macchina del tempo” nelle mani del pubblico, sospesa nello scarto anacronistico di una poltrona vintage e un trackpad ultramoderno, con il quale si possono selezionare le storie della raccolta. La pila di schermi televisivi restituisce spessore e corpo, come sottolinea Brigataes, ai protagonisti dei video, i quali, in una narrazione quasi epica dei miti fondativi, «ti adescano e ti portano in un altrove dove ebbe inizio il contemporaneo». (Annapaola Di Maio)
Brigataes, Cittàlimbo Archives, veduta dell’installazione al Madre, Napoli 2016. Ph. Vittorio Bianco