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Un luogo in cui l’idea meno buona viene valorizzata, «uno spazio sicuro per l’incertezza, il dubbio, la stupidità e, a volte, il fallimento». Ad aprirlo è William Kentridge, proprio accanto al suo studio nel centro di Johannesburg, con lo scopo dichiarato di rispondere alla necessità, impellente nella città più popolosa del Sudafrica, di nuove occasioni di aggregazione intorno al comune denominatore dell’arte, sia fruita che creata. Infatti, la Johannesburg Art Gallery ha chiuso a febbraio per urgenti lavori di ristrutturazione e nella storica sede, aperta nel 1910, era pubblicamente esposta la collezione iniziata da Sir Hugh Lane, composta da opere della tradizione africana in dialogo con Auguste Rodin, Dante Gabriele Rossetti, Pablo Picasso, Camille Pissarro, Claude Monet, Edgar Degas. Il Centre for the Less Good Idea di Kentridge nasce come reazione a questa mancanza ma vuole proporsi anche come centro di sperimentazione. Questo omaggio all’idea meno buona è un riferimento al processo creativo, che spesso deraglia in corso d’opera, allontanandosi dell’idea iniziale per proseguire lungo intuizioni derivate e secondarie. Un metodo che, non sempre, dialoga con le necessità del mercato, del sistema, della committenza, di tutti quegli obblighi ai quali l’artista deve tener conto. Così, il Centro rimarrà un piccolo esperimento, «Potremmo avere il doppio dello spazio e il doppio dei fondi ma penso che la piccola scala sia un bene – ha ammesso Kentridge – perché non appena si diventa più grandi ci si perde in altre questioni e, improvvisamente, tutti si trovano a dover giustificare il loro lavoro prima che sia finito, piuttosto che permettere a venire fin il lavoro incertezza intorno ad esso».
Per ora, non si sa con precisione di quanti fondi disponga il sito ma la programmazione di questo incubatore d’arte è già iniziata e nel segno della multidisciplinarietà, con una serie di concerti, proiezioni e performance, con la collaborazione del regista teatrale Khayelihle Dominique Gumede, del poeta e attivista Lebogang Mashile, della coreografa Gregory Maqoma. Tra gli appuntamenti, anche una performance di boxe, sport molto popolare in Sudafrica.
In home e in alto: foto di Stella Olivier