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Ricorderete sicuramente le immagini di Letizia Moratti, ex sindaco di Milano, che durante la campagna elettorale aveva invaso i giornali di programmi culturali e per lo sviluppo dell’arte visiva in città, anche grazie al mega-progetto del MAC, il museo di arte contemporanea che sarebbe dovuto sorgere nella nuova zona dell’ex fiera, nel quartiere chiamato CityLife, al Portello.
Un progetto affidato a Daniel Libeskind, che in realtà era nato ben diversi anni prima, e che la vecchia giunta Moratti contava di portare a termine prima della legislatura. All’atto pratico però, nessuna pietra era stata ancora posata quando alla Moratti successe Pisapia, nel maggio 2011. I 18mila metri quadrati di superficie su cinque piani, più il parco delle sculture, seguendo uno stile “avvitante” che richiamerebbe le torri circostanti, il “dritto”, lo “storto” e il “curvo” -anch’esso firmato Libeskind-, con pareti “boschive”, visto che a Milano vanno parecchio di moda, sono stati letteralmente congelati. Troppa spesa secondo la giunta comunuale, che in quest’epoca di crisi, con EXPO alle porte e una serie infinita di spazi vuoti in tutta la città, non se la sente di investire qualcosa come 40 milioni di euro e di spenderne qualcosa come 7 per la manutenzione annuale. Insomma, Milano vuole andarci molto piano, per evitare, si riporta anche sulle colonne del Corriere della Sera, di finire in storie travagliate come quelle del MAXXI o del MADRE, che di certo non farebbero particolarmente bene alla città della futura esposizione universale. Spazio Oberdan, PAC, Museo del ‘900, Hangar Bicocca e Fondazioni più o meno attive sul territorio possono già fare qualcosa per il contemporaneo. Certamente, ma se da un lato è “quasi” condivisibile la scelta di Pisapia e compagni, dall’altro non c’è dubbio che in città si senta davvero la sofferenza per la mancanza di una struttura in grado di contenere e mettere in mostra il vero contemporaneo e non le avanguardie artistiche del secondo Novecento. Un museo insomma che abbia una collezione stabile e che non termini agli anni Ottanta. Che sia nello spazio recuperato di una vecchia fabbrica in zona Tortona o in un edificio ex novo nel quartiere più “up” della città ormai poco importa.