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Un nuovo archivio di Basquiat? L’ex fidanzata storica, dopo trent’anni, dichiara un tesoro inedito firmato dall’artista alla fine degli anni Settanta

di - 29 Marzo 2013
Nel 1979 non aveva nemmeno vent’anni Jean-Michel Basquiat. E aveva i capelli corti, quasi rasati. Viveva nel Lower East Side, che era un “quartierino” ben diverso da come lo conosciamo oggi. Non lo conosceva praticamente nessuno, ma aveva una gran voglia di farsi strada nel mondo dell’arte. La sua compagna si chiamava Alexis Adler, e non è scivolata con l’artista nel vortice della fama e dell’autodistruzione, ma è diventata una Embriologa alla New York University. Fin qui tutto bene, no? La storia naufraga nel 1980 e poi ognuno per la sua strada. Ma Alexis, qualche tempo dopo, compra l’appartamento dove viveva con Jean-Michel, e non lo ridipinge. Perché? Perché alle pareti e su un radiatore Basquiat aveva lasciato alcuni suoi disegni e tag.
Bene, ottimo! D’altronde anche il “collega” Haring aveva dipinto un’intera parete di una stanza che all’epoca utilizzava come studente con del lucido da scarpe, nel 1978, e ora l’appartamento che ne è stato ricavato ha una fee in più per il murales incorporato.
Ma c’è ben altro sotto questa storia: la Adler non solo non vuole vendere la casa a un prezzo folle, ma ha dichiarato di essere in possesso di un nuovo “tesoretto” tutto firmato Basquiat, composto da disegni, taccuini, schizzi e altri oggetti, che sarebbero già stati identificati in 65 pezzi dalla Gracie Mansion Gallery. Inoltre ci sarebbe già pronto il critico Luc Sante, compagno di studi della Adler, per un libro sul “ritrovamento”, e la filmaker Sara Driver in pole position per un video (anche perché forse nessuno meglio di lei potrebbe ricreare la scena “indipendente” e convulsa della New York degli anni ’80, quando lei stessa ha iniziato la propria carriere). Insomma, tutto è pronto per uno “scoop” che sta facendo il giro di mezzo mondo, dove le dichiarazioni dell’ex fidanzata risultano l’aspetto meno interessante di tutta la vicenda, che puzza infinitamente della voglia di fare, in senso metaforico, l’ennesima pelle al prodigio maledetto e figlio putativo di Warhol, che ha raccolto intorno alla sua retrospettiva da Gagosian a Chelsea, nel solo giorno di inaugurazione dello scorso 7 marzo, qualcosa  come 4mila visitatori.
Poco importa insomma se la Adler in questi trent’anni dice di aver dovuto studiare, lavorare, tirare su due figli da sola, e che ora «è il momento giusto per aprire gli archivi» perché ha trovato dieci minuti di tempo. Perché forse non sarà così facile vendere tutto il nuovo materiale scottante: la Fondazione dedicata a Basquiat, che ha chiuso i battenti lo scorso anno, aveva autenticato solo sei pezzi all’ex fidanzata, e Wendy Cromwell, Art Advisor, si è espressa dicendo che le aste si occupano solo di pezzi importanti, non di foglietti schizzati. Potrebbe forse andare bene, qualcosa, per Christie’s, già impegnata nel progetto di “spammare” i 40mila Warhol venduti dalla Fondazione. Insomma, se la Alexis contava di arricchirsi a dismisura, forse non le è andata così bene: il suo possedimento sarebbe un ottimo materiale di studio per conoscere le origini del grande artista, una cosa per letterati intorno al genere, una raccolta da sezione museale dedicata alla documentazione. Sur Rodney Sur, head di Gracie Mansion ha dichiarato ad Artinfo: «Abbiamo la tendenza a rimanere intrappolati in ciò che sappiamo della sua produzione artistica e a pensare alle opere di Basquiat come estensione di quel modello. E invece no, la fine degli anni Settanta erano stati per lui tempi di esplorazione molto importanti, anche se il suo stile era già formato».
Ma Alexis, non ha fretta: «Sono finanziariamente a posto e ho già aspettato 30 anni. Voglio solo far vedere questi lavori. E il murales, perché si tratta di un bel pezzo d’arte». Che attualmente viene visto solo dai suoi gatti.

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