Il Premio Suzzara compie 70 anni e guarda avanti, forte di 49 edizioni e di una collezione di oltre ottocento opere, ospitata nell’omonimo museo pubblico, orgoglio dell’operoso Comune in provincia di Mantova. L’intuizione fu del pubblicitario Dino Villani e di Cesare Zavattini, con il supporto di Stefano Cairola, e risale al 1948, quando più che di dialogo tra arte e impresa si parlava di rapporto paritetico tra lavoro culturale e lavoro contadino. Erano gli anni del Neorealismo, a Suzzara cresceva un distretto industriale ricco e diversificato e nella giuria del Premio figuravano intellettuali di livello nazionale e internazionale, al fianco di operai, impiegati e contadini, a rappresentare tutti i settori della produttività e le corrispettive classi sociali. Gli artisti vincitori si aggiudicavano i prodotti della terra e cedevano le loro opere al Comune e al Premio parteciparono artisti come Emilio Vedova, Enrico Baj, Renato Guttuso, Renato Birolli, Ottone Rosai, le cui opere adesso sono esposte nella Galleria del Premio Suzzara. E adesso il Comune di Suzzara, attraverso il Museo, ha deciso di celebrare un nuovo inizio, ripensando alle fondamenta del Premio, proponendo una formula innovativa, i cui primi risultati sono stati presentati domenica, 7 ottobre. Così, il Museo Galleria del Premio Suzzara entrerà in rapporto diretto con le aziende per consolidare il rapporto tra il mondo dell’arte e quello dell’industria, una pratica collaborativa e virtuosa che coinvolgerà gli artisti e promuoverà la progettualità condivisa. Marco Panizza, conservatore del Museo Galleria del Premio Suzzara, ci ha raccontato tutto.
Il Premio Suzzara riparte da una storia importante e significativa, tanto per gli artisti che vi hanno partecipato che per il legame con il territorio. Quanto è importante, oggi, riscoprire la potenzialità del dialogo tra creatività e luoghi?
‹‹C’è un evento che ha segnato il paesaggio e la storia culturale di Suzzara: nel 2002 è nato il museo Galleria del Premio Suzzara forte di una storia iniziata nel 1948, caratterizzata dal connubio tra arte contemporanea e lavoro. La presenza del Museo si manifesta soprattutto sul piano educativo, proprio perché riteniamo prioritaria la potenzialità del dialogo tra creatività e luoghi. Quindi svolgiamo una intensa attività laboratoriale nei confronti di qualsiasi tipologia di pubblico: dalle scuole materne al liceo, utenti dei servizi psichiatrici, profughi; teniamo corsi di formazione, laboratori per insegnanti educatori di tutti i musei della Provincia di Mantova››.
In questo rapporto si inserisce poi un terzo interlocutore: le aziende. Qual è il loro ruolo nel premio? E sul territorio?
‹‹Siamo una zona agricolo industriale dalla seconda metà dell’800, “Lavoro e lavoratori nell’arte” fu il titolo che Dino Villani inventore del Premio diede alla manifestazione. Le opere vincitrici erano premiate con prodotti del lavoro agricolo industriale: da vitelli e maiali a pompe idrauliche e fogli di compensato perché, secondo Villani, “Un vitello per un quadro, non abbassa il quadro: innalza il vitello”. Si ribadiva l’equivalenza tra lavoro intellettuale e lavoro manuale. “Arte lavoro e impresa” è la formula che racchiude la nostra storia. Quindi abbiamo deciso di coinvolgere direttamente le aziende non come sponsor ma come protagoniste insieme agli artisti e al museo. Nel ruolo di mediatore il Museo ha raccolto 26 artisti che ispirandosi a parole chiave ricavate dalla visita del gruppo di lavoro del Museo ad una decina di aziende, hanno prodotto 30 progetti. Abbiamo sottoposto alle aziende le proposte e chiesto loro di produrre le opere che ritenevano vicine alla propria sensibilità, ai propri gusti. Ogni opera nasce dalla collaborazione tra azienda e artista e diventa proprietà del Museo, ovvero bene comune, con la possibilità per l’azienda produttrice di utilizzarla per i propri programmi. L’opera, a scelta dell’azienda produttrice, può essere collocata nello spazio urbano o presso l’azienda stessa››.
Sarà Sabrina D’Alessandro a presentare il primo progetto. Di cosa si tratta? Come è stato sviluppato? Come si lega con Suzzara?
‹‹Sabrina D’Alessandro con il suo Urps-Ufficio Resurrezione Parole Smarrite, ha voluto raccontare l’identità del territorio attraverso parole rare o cadute in disuso, ma notevoli per la loro sonorità e le idee che contengono. Queste parole si diffonderanno per la città, trasformate in scultura, installazione e performance musicale. Il primo progetto, prodotto da Tea SpA e collocato di fronte al Monumento ai caduti, è un’opera pubblica. la panchina Fannonnòla, attraverso cui l’artista esprime l’operosità del territorio suzzarese nel suo… contrario, come racconta: “il contrario del fare si concretizza in una panchina fannònnola, ovvero che non fa e non vuole fare nulla. (…). Il senso di questa panchina sta nel ricordare quanto il fare e la produttività siano impossibili senza l’ozio”. Il secondo progetto Parole suzzaresi prodotto da Paxxion Srl, è un’installazione a cielo aperto accompagnata da una performance. Sabrina D’Alessandro ha recuperato parole rare dell’arte, dell’industria e del dialetto appunto suzzarese che metterà in mostra attraverso un’installazione sui palazzi della piazza principale e che saranno poi protagoniste la mattina del 7 ottobre di una performance-parata con la banda di Gonzaga››.
Quali saranno i prossimi passi?
‹‹Il progetto è un work in progress. Andremo avanti quindi a raccogliere nuovi progetti da parte di artisti predisposti a questa sperimentazione e a coinvolgere nuove imprese altrettanto inclini alla sperimentazione. È e sarà un laboratorio i cui risultati verranno periodicamente resi pubblici. L’inaugurazione di domenica 7 ottobre ha segnato l’inizio ufficiale di un nuovo corso, ma anche antico››.