È come se il vento si fosse improvvisamente alzato sul nostro tempo, portando, da una costa del Mediterraneo all’altra, un pulviscolo denso di storie che sembrano appena trascorse e invece risalgono a epoche fa e raccontano di residui pagani e movimenti eretici, rotte mercantili tanto spregiudicate quanto eroiche, imperi in ascesa e in declino, ordini monastici e testi sacri, dispute filosofiche, saccheggi, devastazioni e nuove, gloriose architetture. Materia di una ricerca appassionata, Wael Shawky ha viaggiato sulle tracce di questi eventi accaduti circa un millennio fa, quando l’Occidente cattolico e l’Oriente islamico arrivarono al confronto, un intenso lavorio di ricerca e rielaborazione del quale, nelle sue mostre, tra marmi, argilla, legno, vetro e oro, rimane un’immagine fresca come un sogno vivido, un’atmosfera respirabile e palpabile.
Perfettamente a suo agio negli amplissimi spazi del Castello di Rivoli, che nel 2016 gli ha dedicato una retrospettiva completa ed esauriente, l’artista nato ad Alessandria d’Egitto nel 1971 riesce a mantenere costante la sua cifra evocativa anche negli ambienti necessariamente più esigui della galleria napoletana di Lia Rumma, dove espone una processione di inedite sculture in bronzo, una serie di disegni e Cabaret Crusades: The Horror Show Files, film del 2010, prima parte della trilogia dedicata alle Crociate. Ma Shawky ci parla non solo delle conseguenze e delle cause scatenanti di questo complesso fenomeno storico. Perché, oltre alle cronache ufficiali e alla storiografia, ci arrivano anche le voci più sottili, rischiosamente trasportate tra i porti e i suq di Europa e Medio-Oriente, confondendo i tratti e le culture, realtà e invenzione, parole passate da orecchio a orecchio e diventate epopea dai tratti fantasmagorici, allucinati.
E così sono surrealiste le sculture e i disegni di cammelli e dromedari dalle gobbe fortificate, castelli erranti tra archeologia e bestiari, panciuti scafi dai quali spuntano file di remi e zampe palmate, dinosauri di dune, guglie e lanterne. Residui appena estratti da confusi dormiveglia, i bronzi occupano orgogliosamente il centro della galleria, una fila indiana di passi strascicati, come se potessero lasciare una scia pietrificata sulla sabbia del deserto, mentre i disegni dai raffinati accostamenti di sfumature vi scorrono intorno, una sequenza serrata che velocizza la composizione e fa da raccordo con il video dell’ultima sala, in cui marionette di legno recitano il loro ruolo, nella storia di imperatori, sultani, papi e soldati. (mfs)