Dal 10 al 21 settembre UOVO performing arts festival coinvolgerà, con performance, proiezioni, dj set, installazioni e conversazioni, spazi milanesi dall’identità rigorosamente e volutamente non teatrali: 17 artisti internazionali, di cui 9 per la prima volta in Italia, 23 rappresentazioni, di cui 12 prime nazionali assolute, animeranno gli ambienti minimali di Superstudio Più, La Triennale di Milano, Le Centre Culturel Français de Milan e il club Plastic.
Diviso in tre sezioni, il festival ha il suo nucleo nella danza e nella musica elettronica, “arti performative che maggiormente hanno saputo intercettare nuovo pubblico e nuovi luoghi” quali gallerie d’arte, musei, location urbane delle più varie.
L’inaugurazione di questa prima edizione è affidata a Corps 00:00 (10-11) di e con Cindy Van Acker che,collegata ad uno stimolatore elettrico, si interroga sulla possibilità di sottrarre il corpo al controllo della mente, “indurlo al movimento senza un impulso proveniente dall’intelletto”, la risposta è una illusione ottica intensa ed emozionante.
Abbandona virtuosismi, musica e costumi la performance “assurda e imprevedibile” di Jonathan Burrows (premiato nel 2002 dalla Fondation for Contemporary Performance Arts di New York) e Jan Ritsema: Weak Dance Strong Questions (12) indebolisce la danza per conquistare l’essenza del movimento.
In ensemble con il compositore Matteo Fargion, Jonathan Burrows eseguirà, leggendo uno spartito ‘musicale’ per mani e braccia, Both Sitting Duet (13) una suite per corpi sonanti.
In bilico fra video-arte e performance l’installazione vivente di Meg Stuart e Magali Desbazeille: sand table (20-21). Il continuo dialogo fra corpi proiettati sulla superficie di un tavolo sabbioso e i performer che manipolano la sabbia, sollecita riflessioni sul corpo e la sua immagine, sulla sua relazione con l’altro da se e con l’ambiente.
Anche Daisy Planet (20-21) di Olga Mesa, per la prima volta in Italia, ha il suo perno nella fusione fra video e danza, mentre IBM 1401 A User’s Manual (13-14) performance tecno-nostalgica di Erna Omarsdottir, storica collaboratrice e interprete di Jan Fabre, e Johann Johannsson analizza l’interazione fra macchina e sensualità corporea.
Fra ironia e autobiografismo si muovono i giovani talenti della scena performativa: Tow Fish, nuova rivelazione tedesca, con triplicate – Christiane Mulller forscht (20-21) coinvolge lo spettatore in uno spettacolo fatto di “racconti e confessioni che si intrecciano a passi di danza”; Venus with the Rubic’s Cube (14) dei cechi Kristyna Lhotakova e Ladislav Soukup è l’umoristico ‘corteggiamento’ di un contrabbasso e una Venere in bikini; introspettivo Solo me (12) della giovane Rebecca Murgi, unica presenza italiana.
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