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Le premesse sono le seguenti: negli ultimi anni c’è stato un ritorno di interesse al lavoro di Aldo Tambellini, tant’è che le proiezioni dei suoi “film-espansi” hanno fatto ad Harvard, nel 2010, al Centre Pompidou e ai Serbatoi della Tate nel 2012, al MoMA e – oggi – al discusso e discutibile Padiglione Italia di Vincenzo Trione alla Biennale di Venezia.
Ora Tambellini torna a New York, dove nel 1971-72 aveva lavorato al progetto Atlantic in Brooklyn, in una mostra nello splendido spazio The Boiler di Pierogi, a Williamsburg.
Nella vecchia centrale prenderà forma, su sei parti, il compulsivo progetto (durata totale più di sei ore) nato per colpa di un virus che aveva lasciato segni sulle cornee dell’artista: ossessionato dalla paura di diventare cieco aveva iniziato a registrare compulsivamente il mondo intorno a lui dal suo appartamento all’incrocio tra Atlantic e Flatbush Avenue. Persone, auto, camion, una bancarella di hamburger, un edificio della banca con un grande orologio rotondo sempre fermo sulle 10, prostitute che attraversano la strada, gente ubriaca dentro e fuori dai bar e la polizia sono le immagini di questo progetto che a distanza di quasi 45 anni è attualissimo e destinato a suscitare ancora più interesse, visto che le proiezioni saranno a grandezza naturale. L’ultimo dei ripescati, insomma, e forse il più internazionale?