Quanti sensi possono essere attribuiti al verbo vedere? Secondo il vocabolario Treccani, sono almeno sei le accezioni, dalla basilare percezione degli stimoli esterni alla contemplazione dell’estasi spirituale, ognuna con il suo approfondito corollario di derivazioni semantiche. E poi, per chi lavora con quel conglomerato di materiale più o meno visivo, cioè in alcuni casi molto vicino all’invisibile, chiamato anche arte, le sfumature possono essere infinite.
Visto da qui, il nuovo progetto espositivo della Galleria Umberto di Marino, riunisce diverse sensazioni. Probabilmente diacroniche, perché la rassegna prevede una rapida successione di mostre dedicate a 22 artisti che hanno segnato la storia della galleria napoletana. Ma anche ottiche, dato che il riferimento a un punto di vista preciso e identificabile è dichiarato a priori, in un titolo che, a leggerlo con la giusta intonazione, invita a prendere parte all’azione del vedere e, quindi, interpretando le definizioni, a conoscere e immaginare.
Per il momento, dopo l’apertura con i “Souvenir d’Italie (Naples)”, di Gian Marco Montesano, e una seconda tappa con i “Lavori di Carta”, di Hidetoshi Nagasawa, siamo in attesa del prossimo episodio, con i “Supereroi” di Marcello Jori, dal 22 maggio al primo giugno. Ci dice di più Umberto Di Marino.
La nuova programmazione espositiva apre uno sguardo sul passato. Come è nata questa esigenza di riflessione su ciò che è stato fatto?
«Ti ringrazio per la domanda che mi permette di chiarire le intenzioni del progetto, tutt’altro che nostalgiche o rivolte al passato. Visto da qui restituisce densità al presente e ad una contemporaneità non determinata dal dato anagrafico, valorizzando la continuità di significati che ogni visione artistica dovrebbe portare con sé nel corso degli anni. Vorremmo offrire al pubblico un’esperienza della galleria in cui si è consapevoli della propria presenza, del proprio punto di vista e dell’importanza che esso riveste nel completare il processo avviato dall’opera. Desideriamo aprire a nuove interpretazioni che lascino intravedere uno sviluppo futuro del ruolo soprattutto culturale e sociale di una galleria d’arte».
Dopo le prime due aperture, ci aspetta un tour de force di brevi esposizioni a ciclo continuo – un format non usuale per una galleria – che coinvolgeranno tutti gli artisti più significativi esposti, in galleria e non solo. Cosa vedremo nei prossimi appuntamenti? Saranno previsti anche momenti di incontro e di interazione con il pubblico?
«A partire da Gian Marco Montesano e Hidetoshi Nagasawa, selezionati in apertura per le solide basi intellettuali che hanno posto all’interno del mio percorso, si susseguiranno piccole personali di tutti gli artisti con cadenza bisettimanale. Il titolo del progetto rimanda ad una prospettiva fisica per l’infilata delle porte che offre il colpo d’insieme sugli allestimenti, sociale per l’importanza che ho sempre affidato alla formazione del pubblico e dei collezionisti, geografica di un’attività culturale e commerciale nata con un forte legame al territorio. Ogni percorso espositivo verrà proposto per sviluppare ulteriori conversazioni, corrispondenze, scambi intellettuali con chiunque voglia lasciare il proprio contributo. Le testimonianze, le immagini e i testi raccolti tra gli addetti ai lavori, ma anche i visitatori occasionali, verranno selezionati ed organizzati all’interno di una pubblicazione. Lo scopo è di lasciare una traccia tangibile della ricchezza di “ipertesti” generata dalla riflessione condivisa e profonda di opere che mantengono intatta la propria freschezza, per così dire».
Rivedendo scorrere tutta la storia della galleria, quali sentimenti hai provato? Quali conclusioni si possono trarre sullo sviluppo del tuo lavoro ma anche, in generale, sul ruolo delle gallerie, nel corso degli anni?
«Non posso parlare per i miei colleghi, il cui lavoro stimo moltissimo, condividendone la curiosità per il mondo e l’audacia di svolgere una professione tanto piena di sfide, soprattutto in un paese come l’Italia. Visto da qui ovvero da una città mediterranea che ha saputo conquistarsi un ruolo di primo piano a livello internazionale, nonostante la sua marginalità geografica ed economica rispetto alle capitali nord-europee del contemporaneo, il sistema dell’arte ha bisogno di ridefinire le proprie priorità. La velocità e la sovrapproduzione cui ci hanno abituato le costellazioni di grandi eventi, fiere e continue aperture di nuovi spazi espositivi, hanno sì riproposto il nostro settore come traino economico e culturale per il territorio, ma allo stesso tempo hanno costretto fortemente ad accelerare processi di produzione sia intellettuale che materiale, a discapito della qualità del pensiero retrostante. Il mio sforzo è quello di promuovere una responsabilizzazione nei confronti del pubblico e degli addetti ai lavori, nella direzione di un mercato più sostenibile, che preservi al suo interno le diverse identità e l’eterogeneità delle voci». (mfs)
In home: Visto da qui_Gian Marco Montesano, foto di Danilo Donzelli
In alto: Visto da qui_Hidetoshi Nagasawa, foto di Danilo Donzelli