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Livorno 2003
Si tratta di una sequenza con camera fissa, in cui si vede un tapis roulant vuoto che scorre, mentre il sonoro è costituito da un battito cardiaco rallentato. Anche qui il mezzo video è tenuto ad un livello espressivo minimo, cercando di dare più coordinate immaginative che immagini. D’altro canto la macchina ci porta ad un piano del reale inequivocabile. È il referente quotidiano dell’azione fisica di quei personaggi che intravediamo nei quadri. Ma la cosa interessante è che il tapis roulant è un oggetto della realtà che serve a simulare un movimento che di fatto ha finalità autoreferenziali. In un certo senso si tratta di un precipitato fisico, reale, di un processo di virtualizzazione di un’azione naturale com’è il camminare e il correre. Tra pittura e video si crea quindi un fitto intrecciarsi di riferimenti e di funzioni. Una sorta di mutuo assistenzialismo di senso, in cui la presenza umana nella pittura completa l’immagine video, mentre la realtà di quest’ultimo fornisce un preciso dimensionamento all’umanità raffigurata nei quadri. L’uso sincronico di diversi mezzi espressivi è la conseguenza di oltre un decennio di mobilità linguistica praticata dagli artisti, in conseguenza alla necessità di adattare i diversi bisogni espressivi con il modo più efficace per esprimerli. Qualcosa d’analogo alla relazione funzionale che c’è tra un attrezzo e il muscolo che aziona, come tra una modalità di allenamento e il risultato che si vuole ottenere. Una semplice relazione di causa effetto, com’è per tante cose della vita reale.