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Una piattaforma di confronto periodica e dedicata all’estetica dell’immagine in movimento ma senza alcun progetto curatoriale, per far parlare unicamente l’opera. E diffusa in giro per il mondo. Si tratta della Biennale dell’Immagine in Movimento, la cui 15.ma edizione è stata visitabile al Centre d’Art Contemporain di Ginevra fino al 29 gennaio. Ma, se non aveste fatto in tempo, potete stare tranquilli, perché queste immagini sfuggono dai rigidi limiti fisici della materia e percorrono le distanze con ritmi molto diversi dai nostri. Principio della Biennale, infatti, è diffondersi per lasciare tracce del passaggio, coinvolgendo altre persone e nuovi luoghi, dal Mona-Museum of Old and New Art, Hobart, Tasmania, a Palazzo Grassi, Venezia, Italia. Così, dal 14 al 30 aprile, le proiezioni e le installazioni video saranno esposte negli spazi di Faena Art, a Miami, su Collins Avenue, la strada che corre parallela all’Atlantico, per la prima volta negli Stati Uniti. Spettacolo dentro e fuori.
La prima edizione della Biennale si svolse nel 1985, quando si chiamava ancora International Video Week e sembrava già ovvio che le immagini video e fotografiche avrebbero raggiunto un peso preponderante nella quotidianità percettiva e nell’elaborazione estetica. L’ultima si è tenuta lo scorso anno, con la direzione artistica di Andrea Bellini, in collaborazione con Cecilia Alemani, Caroline Bourgeois e Elvira Dyangani Ose. Ventotto le opere commissionate, tutte inedite e realizzate da Sophia Al Maria, Karimah Ashadu, Pauline Boudry & Renate Lorenz, Brian Bress, Salomé Lamas, Jillian Mayer, Wu Tsang, Emily Wardill, Yuri Ancarani, Bertille Bak, Massimo D’Anolfi e Martina Parenti, Alessio di Zio, Bodil Furu, Jenna Hasse, Emilie Jouvet, Paris Kain, Evangelia Kranioti, Jillian Mayer, Boris Mitic e Kerry Tribe. Interessante è notare come, nonostante la completa libertà espressiva di cui sopra, i temi emersi si siano comunque raggruppati intorno ad alcuni termini chiave, come le nozioni del gender e lo sfruttamento delle risorse umane e naturali. Evidentemente, a prescindere dagli orientamenti curatoriali, ci sono nodi che, prima o poi, dovranno essere affrontati.
In home: Yuri Ancarani, The Challenge
In alto: installation photography courtesy, MONA