22 maggio 2018

Visto che folla ad Azzo Gardino? Sarah Friedland ci parla della sua performance a Bologna

 

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A Bologna, l’Associazione Manifattura delle Arti prosegue la sua ricerca trasversale in ambito contemporaneo in collaborazione con AFI-Art Factory International, programma di residenza d’artista da cui è nato il progetto CROWDS, di Sarah Friedland, che sarà presentato il prossimo 24 maggio, a partire dalle ore 20, nel cuore pulsante del distretto, a Piazzetta Azzo Gardino. La collaborazione con AFI diviene stimolo per un’ulteriore apertura a nuovi linguaggi, che vedrà nella piazza il centro dell’esperienza performativa. CROWDS è un’indagine sulla coreografia politicizzata di diverse tipologie di folla e le loro derive. Durante la performance, 25 danzatori dialogheranno con l’ambiente, configurandosi attraverso differenti tipi di folla. Abbiamo raggiunto Friedland, filmmaker e coreografa statunitense, che lavora tra l’immagine e il corpo in movimento, per saperne di più. 
A proposito di Folla la prima cosa che mi salta in mente è la didascalia dell’omonimo film di King Vidor che recita: “La folla ride sempre con te… ma piangerà con te solo per un giorno”. La tua ricerca artistica ti ha portata in Italia circa un anno fa per studiare le folle, perché? 
«Volevo specificamente venire in Italia per sviluppare e realizzare CROWDS perché l’Italia ha una relazione unica con la piazza. Svolge un ruolo così importante nella vita italiana e ospita un’incredibile varietà di folle, da quella religiosa a quella politica a ogni tipo di festeggiamento. Ho vissuto a Roma nei primi anni della mia adolescenza ed ero colpita dal ruolo dello spazio pubblico nella società italiana e da quanto essa sia assente dalla maggior parte della vita americana. Sapevo che questo progetto coreografico doveva svilupparsi in relazione ad un pubblico e, per farlo, ho sentito di dover tornare in questi spazi, dove ho vissuto per la prima volta la piazza e le folle che ospita. Anche la mia prima inspirazione per questo progetto l’ho avuta qui. Quando ero bambina ero incantata dalle nuvole e gli uccelli che ballavano sopra l’aeroporto di Fiumicino. Questo modello di stormo è chiamato “mormorazione” ed è stato una fonte importante per creare la struttura della coreografia di CROWDS. Anche questo ricordo mi ha riportato al lavoro in Italia». 
Come è nato il tuo interesse per i grandi gruppi di esseri umani? Quanti tipi di “crowds” sei riuscita a classificare e quali ti sono sembrati più interessanti? 
«Sono sempre stata affascinata dalla coreografia della vita sociale e come sono organizzate cinesteticamente le nostre vite quotidiane. Osservo costantemente le persone muoversi in spazi pubblici e privati, osservando la routine da un punto di vista coreografico. In questo senso il progetto CROWDS è in preparazione da parecchio e l’urgenza che ho sentito di farlo adesso deriva proprio da quello che sento essere un dispiegamento crescente di immagini legate alle folle nella polemica politica del nostro tempo. Le immagini di folle è parte integrante dei nostri discorsi, dai migranti al populismo. Non c’è un tipo di folla che trovo più interessante di un’altra perché, nella loro realtà di corpi in movimento, le folle non si conformano mai piuttosto mutano e scivolano attraverso le classificazioni. Una folla non cessa mai di essere sé stessa, piuttosto assume una nuova identità. Ho iniziato a lavorare su CROWDS creando un elenco di parole chiave che classificassero secondo me una folla e ho trovato dei filmati usando principalmente YouTube per guardare video. Ho anche chiesto ai danzatori di AFI, con cui ho collaborato, di condividere i loro ricordi di folle descritti partendo da quelle stesse parole chiave. Ho quindi annotato i filmati come se fossero coreografie, in particolare osservando le formazioni, i ritmi e le tempistiche, i gesti, la direzionalità e le soglie. Le soglie in cui iniziamo a identificare una folla, che contrassegniamo per la sua trasformazione da un tipo all’altro, sono quelle in cui ho lavorato coreograficamente. Uso piccole mutazioni coreografiche per trasformare costantemente la folla, destabilizzando sempre la sua adesione ad un tipo specifico. Alla fine ho creato una struttura per la danza basata su tredici tipi di folle, ma molto della coreografia è tra di loro. Molte delle distinzioni che facciamo tra tipi di folla si basano su ideologie relative a razza, classe, e genere. Questo progetto usa la coreografia per interrogare e destabilizzare le basi ideologiche di quelle classificazioni». 
La performance non è il solo linguaggio che usi, sei molto legata anche al cinema… 
«Sì, oltre ad essere coreografa sono anche una regista e la mia pratica si fonda nel mescolare questi due forme d’espressione. La ricerca e lo sviluppo di CROWDS si sono svolti non solo analizzando i diversi movimenti di folle, ma anche come sono stati rappresentati nelle immagini in movimento nel corso dell’ultimo secolo. Alcuni punti di vista caratterizzano la nostra rappresentazione della folla e incorniciano la nostra comprensione della loro identità. Una folla vista da un punto di vista a volo d’uccello sarà interpretata diversamente rispetto a se fosse vista da una prospettiva “close-up” dalla terra. Il linguaggio della cinematografia media il significato della coreografia delle folle. Ho voluto usare questa mediazione per creare questo lavoro come un’installazione video multicanale in cui la stessa coreografia è vista da quattro punti di vista differenti. Abbiamo finito la produzione del video più di un mese fa e ora siamo in post-produzione (n.d.r. per ulteriori informazioni: motionandpictures.com) Ogni canale presenta una distanza distinta tra il corpo della folla e del corpo macchina e dell’operatore, e una relazione distinta tra il movimento della folla e quello della camera e operatore. Un gioco di alternanze tra vicinanza percepita dell’immagine rispetto alla distanza dell’operatore che vede la folla». 
Parlaci della coreografia del 24 maggio, come si svolgerà e cosa vedremo… 
«Questa è la prima volta che presentiamo la danza finita come una live performance. Vedrete una coreografia della durata di circa un’ora in cui una folla di persone si trasformerà continuamente in diversi folle e identità. La danza verrà eseguita in Piazzetta Azzo Gardino, che è il cuore della Manifattura delle Arti, che presenta questa performance in collaborazione con l’associazione MDA- Manifattura delle Arti e Art Factory International. La danza assume nuovi significati in ogni spazio pubblico in cui viene eseguita e la coreografia non è statica, i danzatori risponderanno all’architettura, ai suoni e alle texture della piazzetta. Sono entusiasta di vedere cosa succederà in questo spazio perché è un’area piena di arte ed è anche una strada pedonale. Sono curiosa di sapere come i passanti influenzeranno la nostra interpretazione della danza. Al momento, lo abbiamo fatto solo in spazi privi di altri corpi. Quindi, vedrete anche la prima iterazione di questa performance in uno spazio realmente pubblico». (Vincenzo D’Argenio)

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