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Vittoria a metà. Ivan Tresoldi condannato dal Tribunale di Milano per la sua arte urbana

di - 28 Settembre 2018
Ivan Tresoldi, in arte ivan, poeta e artista di strada attivo da oltre un decennio in progetti internazionali di arte pubblica e urbana – partendo dalla sua città natale Milano, passando per Genova, Firenze, Napoli, recentemente Roma e, prima ancora, in Libano e Palestina – è stato accusato nel maggio scorso di imbrattamento, per via di alcuni suoi versi comparsi sui muri di Milano tra il 2011 e il 2014.
Interrogato dal giudice Roberto Crepaldi della seconda sezione del Tribunale di Milano, ivan aveva riconosciuto la paternità delle opere imputate, autodenunciandosi e dichiarando «Io non deturpo lo spazio pubblico, le mie vernici sono ad acqua e le opere si cancellano col tempo». Venti circa gli interventi artistici ‘illegali’ contestati, come Scriviamo un futuro semplice per un passato imperfetto o Chi getta semi al vento farà fiorire il cielo, scritto alla Darsena, diventato addirittura dal 2011 testimonial della giunta dell’allora sindaco Pisapia, che quella frase aveva spesso ripetuto in campagna elettorale. Brevi poesie visive frutto sempre del dialogo con gli abitanti e con le realtà associazionistiche della zona, risultati mai scontati di una riflessione più ampia sull’importanza del linguaggio e delle parole come strumento per raccontare, e accordare insieme, la ricchezza di tanti voce diverse, simbolo di un modello di comunità plurale e multiculturale.
Venerdì, 28 settembre, ivan è comparso di nuovo in aula davanti ai giudici che lo hanno condannato per reato di plurimo danneggiamento reiterato, sospendendo però la pena detentiva e rimandando il Comune di Milano e le altri parti civili a rivolgersi al tribunale civile per ogni eventuale richiesta di pena pecuniaria. «Pur nella sconfitta, considero questa una vittoria» ci ha raccontato ivan, che abbiamo raggiunto al telefono dopo l’udienza. «C’è stato un passo indietro delle istituzioni rispetto alle accuse iniziali; ho sempre rifiutato qualsiasi patteggiamento, opponendo le mie motivazioni: il valore sociale dei miei lavori è stato alla fine – indirettamente – riconosciuto, ed è valso come attenuante».
La condanna tuttavia resta, così come questo processo che risulta un tentativo di censura nonché atteggiamento di chiusura verso pratiche artistiche che nulla tolgono ma, anzi, aggiungono valore alla città e agli spazi condivisi, soprattutto se la città stessa si è appropriata di tali opere per promuovere proprie politiche culturali, cadendo in una evidente contraddizione. Inoltre, se in generale la libertà di espressione artistica riguarda – anche – la possibilità di incoraggiare al dibattito su questioni di interesse pubblico, non dovrebbe avere in questo caso lo stesso livello di protezione del discorso politico?
Resta quindi, per esempio, il grande dubbio sul perché mai tali reati per imbrattamenti e reiterati danneggiamenti pubblici, con conseguenti provvedimenti disciplinari, non vengano rivolti ai tanti, purtroppo, graffiti a soggetto neofascista e neonazista che permangono in molte città italiane. (Valentina Fiore)
In home: Campo Di Versi, Ivan per Liberi Nantes. a cura di sguardo contemporanea, Roma maggio 2018. Ph Giacomo Gianfelici

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