Doppia intervista ad Andrea Ravo Mattoni, street artist, e a Cyrille Gouyette, storico dell’arte che, a pochi giorni dall’inaugurazione della mostra “Veni, Vidi, Vici – l’art urbain face au génie”, da Fluctuart a Parigi, ci parlano del loro progetto per portare la street art nei musei.
La collettiva, visitabile fino al 19 aprile 2020, è dedicata al genio di Leonardo da Vinci, in occasione dei 500 anni dalla sua morte. 20 artisti internazionali impegnati nella Street Art e nella Urban Art gli rendono omaggio, per riscoprire le varie sfaccettature dell’uomo, artista, scienziato, ingegnere, inventore, anatomista: Blub, Bom.K, Clet, Fede 47, Julio Ayana Cabanding, Lek & Sowat, Hicks Logan, Madame, Nick Walker, Okuda, Ozmo, Pang, Speedy Graphito, Swoon, Sylvain Ristori, VLVZ, ZLU YZ, 13 bis, oltre ad Andrea Ravo Mattoni.
Cyrille, come nasce il progetto ‘dalla strada al museo’, come si sta sviluppando e con quali obiettivi?
«Il progetto è nato quando ricoprivo il ruolo di Chef du service Education et Formation Musée du Louvre, con un obiettivo pedagogico-didattico, ovvero partire dall’arte urbana per suscitare nei giovani l’interesse verso l’arte classica. La ricerca di Andrea Ravo Mattoni incentrata sul “recupero dell’arte classica nel contemporaneo” corrisponde perfettamente a questo mio intento; le sue opere sono il trait d’union tra l’arte classica e quella urbana, tra gli artisti di ieri e quelli di oggi, tra il ‘dentro’ (le istituzioni) e il ‘fuori’ (la strada). I suoi muri abbattono quella barriera psicologica che molti provano al pensiero di valicare le porte di un museo. Le nostre prime collaborazioni sono state la parete monumentale di Georges De la Tour nel campus dell’Università di Paris Nanterre e quella nel giardino delle Tuileries, realizzate entrambe col fine di invitare gli studenti a venire vedere l’originale delle corrispettive opere nella collezione del Louvre. Oggi, a Fluctuart, Andrea Ravo Mattoni è stato chiamato assieme ad altri street artist per celebrare l’eredità di Leonardo da Vinci».
Andrea, puoi farci un breve excursus del tuo percorso artistico dagli esordi a oggi, spiegandoci come sei giunto a combinare arte classica e arte urbana?
«Provengo da una famiglia di artisti: mio nonno, Giovanni Italo Mattoni, è stato l’illustratore delle figurine Liebig Lavazza e pittore; mio zio – Alberto Mattoni, in arte Matal – seguendo le sue orme, ha creato il personaggio Lillibeth celebre negli anni ‘80; mio padre era un artista di arte comportamentale e concettuale, oltre che illustratore e grafico. Io ho iniziato il mio percorso nel 1995 come writer (in arte Ravo), poi agli inizi degli anni 2000 ho abbandonato questa strada per iscrivermi all’Accademia delle Belle Arti di Brera. Qui ho portato avanti la ricerca sulla pittura ad olio e ad acrilico ispirandomi agli artisti inglesi della seconda metà del ‘900 come Francis Bacon e Lucian Freud e firmando i miei lavori come Andrea Mattoni. Nel 2016 ho deciso di dedicami alla tradizione della copia, rimanendo quindi fedele ai dipinti originali, pur traducendoli attraverso l’utilizzo delle bombolette e aumentandone le proporzioni per stabilire una correlazione col territorio. Per questo nuovo ciclo di lavori ho unito le mie due firme, rappresentanti le mie due anime, e in questa veste ora sono Andrea Ravo Mattoni. Il mio sogno sin dall’inizio è stato quello di creare dei ponti che collegassero la strada con le istituzioni museali, con l’obiettivo di riprodurre sui muri delle città opere esposte all’interno dei musei. La prima occasione è nata con i Musei Civici di Varallo Sesia dove ho realizzato un Gaudenzio Ferrari e un Tanzio da Varallo. Poi c’è stato l’incontro con Cyrille Gouyette e la nascita della nostra collaborazione sia all’interno che all’esterno del perimetro del Louvre».
Come gestisci il problema della conservazione dei tuoi lavori?
«Per quanto riguarda la conservazione il punto di partenza deve essere sempre un muro solido e in buono stato. Poi, su una base preparata con l’aggrappante, adopero una pittura acril-silossanica di colore marrone perché – come si usa principalmente nella pittura a olio – il marrone è il colore che meglio permette di lavorare sulle velature, sulla profondità e sugli incarnati. Le bombolette spray che utilizzo sono adatte per esterni e hanno una buona durata. Nonostante ciò, ci sono dei colori che con il passare degli anni, soprattutto quando sono molto esposti al sole, sbiadiscono: penso, in particolare, alla gamma dei rossi e dei rosa. Per limitare questo problema ho iniziato a usare la vernice protettiva all’acqua della Sikkens che serve per gli acrilici, la si stende a rullo e protegge i lavori dai raggi UV che sono il principale nemico dei pigmenti. Quest’ultimo trattamento lo si può ripetere a distanza di tempo – a seconda dell’esposizione del muro – accorgimento che solitamente suggerisco anche ai committenti dell’opera, come se fosse una sorta di manutenzione. Con questa nuova tecnica i ‘muri’ possono durare parecchi anni».
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