C’è uno spettro che si aggira per i musei di tutto il modo, il suo nome è “The Art of Banksy – Without Limits“: dopo aver girato in 11 Paesi dal 2016, a partire da Istanbul e quindi in città come Berlino, Amsterdam, Budapest, Vienna, Melbourne, attualmente l’esposizione è visitabile a Seoul, in Corea del Sud. Ideata e promossa da una società rumena, la mostra presenta 150 opere di Banksy ma pochissime sono veramente di Banksy. Per la precisione solo 27. La cosa non è piaciuta affatto ai visitatori che, lamentando una pubblicità ingannevole, hanno chiesto il rimborso del biglietto e lasciato delle recensioni negativissime su forum e piattaforme online. E dire che le premesse per l’ennesimo boom c’erano tutte: 25mila i ticket venduti già prima dell’apertura.
«Ci sono stati alcuni malintesi sulla mostra. Stiamo preparando alcuni volantini che indicano quali opere d’arte sono originali», ha affermato Park Bong-su, senior manager di LMPE Company, società che ha organizzato la mostra coreana, ospitata negli spazi del Seouliteum, nel quartiere di Seongsu-dong, uno dei più trendy della città. «Banksy è un artista che è stato schietto sulle questioni sociali. La mostra mira a trasmettere i suoi messaggi e a diffondere influenze positive nel mondo a modo suo», ha continuato. In ogni caso, la LMPE si è resa disponibile a rimborsare coloro che vorranno annullare la visita.
La mostra include tre stampe originali di Banksy, “Smiling Copper”, “Consumer Jesus (Christ with Shopping Bags)” e “Bomb Hugger”, che secondo quanto dichiarato dall’organizzazione portano il marchio POW – Picture on Walls, la leggendaria tipografia fondata nel 2003 da alcuni tra gli street artist più influenti al mondo, come Dface, Faile, 3d, Mode2, Bast, Insect e lo stesso Banksy, che, prima della sua chiusura, nel 2017, permetteva agli artisti di vendere direttamente le loro opere, senza pagare commissioni al rivenditore. Altri pezzi originali includono diversi lavori realizzati per Dismaland, il pop-up show a tema parco divertimenti distopico tenuto nel 2015 nella località balneare di Weston-super-Mare nel Somerset, in Inghilterra. Tra le repliche, invece, l’iconica scimmia di “Laugh Now” e l’installazione del bagno, che Banksy presentò durante il lockdown, con la didascalia: “My wife hates it when I work from home”, mia moglie odia quando lavoro a casa.
Sono piuttosto evidenti le considerazioni sulle necessità e le motivazioni di continuare a produrre tali “mostrifici” – intesi tanto nel senso di esposizioni che di “Creatura mitica risultante da una contaminazione innaturale di elementi diversi”, come da definizione -, considerando anche tutti i costi in termini di sostenibilità che una tale movimentazione di oggetti comporta. Sarebbe poi interessante capire la differenza, a livello giuridico, tra originale, replica, copia e falso che, nel caso dello street artist anonimo, non può che essere sfumata, con tutti i pro e i contro del caso. Anche se poi, in effetti, Banksy è molto preciso sulla paternità delle sue opere, tutte rigorosamente autenticate sulla sua pagina Instagram e seguite, insieme ai vari prodotti di merchandising, dal suo apposito “ufficio legale”, la Pest Control. Sul sito ufficiale dello street artist, la mostra è ovviamente segnata tra quelle organizzate senza permesso, che sono tantissime. Questa è proprio senza frontiere, dopo Seoul, le prossime tappe saranno Miami e Atlanta.
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Non c'è commento da fare, l'ambiente dell'arte è fatto anche di queste cose, da sempre è così fin dai grandi mecenati che sostenevano l'arte solo per i loro interessi sdoganando ogni famigerato bastardo individuo sia artista che compratore. Tra i tanti c'è sempre chi resta nell'oscurità di anima pura e dura nelle intenzioni.