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La Street Art è viva e parla alla società: tre esempi tra Italia e Gran Bretagna
Street Art
Nata nelle strade dei ghetti metropolitani statunitensi e veicolo espressivo clandestino di alcuni segmenti giovanili emarginati, la street art si è sviluppata negli anni attraverso un’ellissi narrativa tipica, che l’ha condotta prima nelle gallerie underground, poi sui palcoscenici ufficiali dell’arte contemporanea commercializzandone la produzione. Alcuni rimpiangono la perduta purezza delle origini, quando i writer scorrazzavano anonimi e inafferrabili nelle notti metropolitane, liberi di inviare messaggi al mondo. Ma se quella dimensione mitica si è ormai persa, la street art di oggi, utilizzando formule più o meno ufficiali, continua a produrre moltissime opere il cui contenuto va a toccare temi sensibili, mantenendo viva una parte fondamentale dei suoi presupposti.
Prendiamo in esame tre opere emblematiche portate a termine sul finire del 2023: l’intervento a terra di Andrea Crespi e Manu Invisible a Bibbiena (Arezzo) che propugna della pace nel mondo, il nuovo murale di Ozmo a Roma contro le mafie e l’ultimo intervento londinese di Banksy, teso invece a richiamare l’attenzione sulle criticità dell’Intelligenza Artificiale applicata alla robotica. I primi due lavori hanno alle spalle commesse private e dimostrano che anche laddove c’è ufficialità e apparente condizionamento è possibile rappresentare con intelligenza le idee e diffondere messaggi d’utilità sociale. L’opera di Banksy, al contrario, è stata come di consueto realizzata in totale libertà, senza alcuna autorizzazione o supporto pubblico-privato, anche se l’artista britannico rappresenta ormai un fenomeno pienamente commerciale.
IMAGE, di Andrea Crespi e Manu invisible (terminato nel novembre 2023), si è avvalsa del sostegno economico del Rotary club casentino, ha fini di rigenerazione urbana e allo stesso tempo di sensibilizzazione contro le tante guerre in corso nel mondo. Attraverso un disegno geometrico dalle tonalità pop che richiama gli arazzi di Alighiero Boetti, l’opera ha riqualificato un campo da basket di periferia. La scritta centrale PEACE a grandi caratteri si abbina ai colori arcobaleno delle campiture e sigla con forza il messaggio universale. I due giovani artisti sono legati da stretta amicizia, collaborano sovente ed espongono anche in gallerie d’arte.
Il murale romano di Ozmo (artista invece notissimo che non ha bisogno di presentazioni), anch’esso del novembre 2023, s’intitola SOPHIA e si concentra sull’avversione a tutte le mafie. L’opera è stata dipinta sulla facciata dell’IIS Enzo Ferrari di Grottaferrata, che è anche sede operativa dell’associazione daSud e del suo progetto educativo ÀP-Accademia Popolare dell’antimafia e dei diritti. Una commessa mirata dunque sta dietro anche al lavoro del noto artista, che ha scelto la semplicità per sensibilizzare sul tema. Come spiega lui stesso: «Sophia, la sapienza, è una figura che non è propriamente una dea, ma che in questo contesto può offrire un’ispirazione ai ragazzi della scuola», perché, sostiene Ozmo, «La mafia deriva dalla paura e dall’ignoranza ed è per questo che deve essere combattuta con la conoscenza».
Tutt’altre caratteristiche e richiamo mediatico ha lo stencil di Banksy a Londra la cui tematica è dedicata ai pericoli insiti nell’uso dell’AI e dei robot intelligenti. Il murale è apparso il 9 ottobre 2023, la location scelta stavolta dal celeberrimo artista di Bristol si trova nei pressi della stazione di Edgware e rappresenta un drappello di individui (due uomini e un bambino, tutti mascherati da clown o da animale) che trascinano un robot industriale (o da esso sono tratti in una sorta di schiavitù?). Una grande scritta accanto allo stencil, ANOTHER WORLD IS POSSIBLE, richiama chiaramente i movimenti di piazza che nell’ormai lontano 2000 mobilitarono migliaia di persone prima Seattle e poi a Genova. Non autorizzato, attualissimo, inconfondibile, Banksy mette l’accento sulla disumanizzazione del futuro e sulla minaccia del potere nascosto dietro la diffusione capillare di robot intelligenti, progettati e gestiti da un’esigua minoranza.
In conclusione, se la street art ha rinunciato nella maggioranza dei casi ai principi originari che la inquadravano come arte clandestina, di rottura e antisistema, non ha smesso di essere un mezzo per amplificare il sentore degli artisti e mettere in luce idee, formule critiche, attacchi più o meno velati alla politica e al potere. Ciò dovrebbe dare consolazione ai puristi, che non perdono occasione per innalzare lai alla verginità perduta e alla mercificazione della street art. In secondo luogo, dovrebbe dare risposte a coloro che inneggiano alla morte della street art.
Maurizio Gregorini