Categorie: Street Art

La street art non ha sbarre: a Roma, il progetto fra Rebibbia e Quarticciolo

di - 9 Dicembre 2022

Quando si parla di Arte pubblica si tende alle volte a dimenticare la finalità dell’azione, insita proprio nel termine “pubblica”. Non si tratta semplicemente di introdurre un manufatto all’interno di un contesto urbano lasciando, poi, spazio all’indifferenza una volta passata la notiziabilità e la novità della stessa azione. Quello che si tende poco a considerare, o alle volte a minimizzare, quando si parla di riqualificazione urbana, è la valutazione dell’impatto sociale generato in relazione all’incentivazione di ulteriori iniziative. Sebbene i grandi eventi dell’arte contemporanea sembrino essere apparentemente chiusi all’interno della cerchia degli addetti al settore, parallelamente una parte dei grandi finanziatori pubblici e privati sentono l’esigenza di investire in una progettazione culturale che ricomprenda la partecipazione attiva di realtà sociali specifiche e di quartiere, mirate a consolidare valori di comunità, relazione, inclusione e accessibilità a un pubblico più ampio.

Il progetto “Disegna le tue idee: l’ARTE NON HA SBARRE”

“Disegna le tue idee: l’ARTE NON HA SBARRE” lartenonhasbarre.it, progetto incluso all’interno della Biennale MArtelive 2022, vincitore del bando regionale Vitamina G della Regione Lazio, è stato realizzato dall’associazione culturale LiberaMente guidata dall’attivista Leonardo Maria Ruggeri Masini e coordinato dalla curatrice Oriana Rizzuto. L’iniziativa riunisce artisti, criminologi e volontari per portare l’arte all’interno del carcere di Rebibbia ai fini formativi e rieducativi. Con il patrocinio del Garante dei Detenuti del Lazio e della Casa Circondariale di Rebibbia, la sezione femminile dei detenuti è stata coinvolta in un ciclo di laboratori e workshop artistici tenuti dagli street artist Jorit, Moby Dick e Barbara Oizmud, sotto la supervisione della criminologa e sociologa Wilma Ciocci. A ormai otto mesi dall’avvio dell’iniziativa, gli artisti si sono ispirati alle idee, ai disegni, ai bozzetti eseguiti dalle detenute durante i laboratori per realizzare i loro murales dislocati fra la Casa Circondariale di Rebibbia e il Quarticciolo, come tributo al lavoro svolto dalle donne e come contenitore di valori di libertà, indipendenza e possibilità.

Barbara Oizmud con il bozzetto del murales che realizzerà nel  Reparto cellulare del carcere di Rebibbia, courtesy L’arte non ha sbarre

L’intervento di Moby Dick

Se non ci si lasciasse condizionare dalla logica utopistica e perbenista del “desiderare un mondo migliore”, ma si guardasse l’iniziativa nella sua funzionalità e nella consapevolezza dei processi storici e sociologici complessivi, questa non solo garantisce la possibilità alle detenute di considerare una realtà alternativa, proprio nell’arte, rispetto a quella di alienazione e costrizione dovuta al carcere, ma anche la consapevolezza della loro potenziale utilità sociale che gli permetterebbe di utilizzare l’arte come un possibile mezzo di miglioramento delle loro condizioni di vita. Una farfalla, simbolo di eleganza, leggerezza e libertà, con un’ala ferita vola fra i muri del carcere. La sua ferita viene dipinta e reinterpretate da Moby Dick con una sutura simbolica: i nomi delle donne accostati diventano il filo dei suoi punti, quasi a richiamare l’idea di guarigione.

Moby Dick, Liberamente, murales all’interno delle gallerie del carcere Rebibbia, Roma, courtesy L’arte non ha sbarre

L’omaggio di Jorit a Marielle Franco

Nell’area del Quarticciolo, gli edifici che insistono sul cardo di via Manfredonia e sul decumano di via Ostuni ripetono in sequenza dei blocchi semiaperti, a formare una successione di piazze in cui i residenti trovano un’occasione di incontro. Questi luoghi di socialità rappresentano uno dei tratti più significativi della borgata. Tuttavia, a causa di problemi di gestione e della scarsa viabilità pubblica della Capitale, sono spazi che non hanno potuto incidere sul territorio come da progetto e risultano marginalizzati rispetto al contesto urbano. Dunque “Inserire delle opere d’arte all’interno del contesto urbano, significa dare un’ulteriore valenza all’identità del quartiere, specialmente se quest’ultima è poi portatrice di un messaggio sociale come quello diffuso da Marielle Franco, attivista brasiliana per i diritti umani, da me scelta come soggetto”, afferma lo street artist Jorit.

Il curatore e Presidente di LiberaMente Leonardo Ruggeri Masini con Jorit e il suo assistente

Il volto di Marielle Franco, dipinto dall’artista in via Ugento con segni tribali tatuati sulle guance, quasi a richiamare antiche culture, restituisce la testimonianza delle “battaglie” politiche dell’attivista brasiliana uccisa nel quartiere Estacio di Rio de Janeiro la notte tra il 14 e il 15 marzo 2018. Jorit reinterpreta così l’antica funzione dell’imago arcaica, eterna vittoria della vita sulla morte, dove l’arte esiste nella presenza, rivendicando non solo i diritti di libertà e uguaglianza di cui la Franco è stata portavoce ma anche, nel contesto romano, la loro universalità.

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