Ogni anno, il 21 giugno, alle 17:10 in punto, a Bari, la luce del sole attraversa il rosone della Cattedrale di San Sabino, proiettandosi perfettamente sul mosaico in marmo ai piedi dell’altare. Una vestale depone un braciere d’incenso al centro dei rosoni sovrapposti, quello di marmo e quello di luce, mentre baresi e viaggiatori di tutto il mondo osservano col fiato sospeso. È il miracolo della luce del solstizio d’estate ed è la traccia del perfetto legame che unisce cielo e terra.
In questo sodalizio di unione di luce tra cielo e terra, l’artista Vesod, per il progetto SanPArt, ci racconta la forza di questo rito, tra i più forti nella cultura popolare, su un muro del quartiere San Paolo, crocevia di culture, vite, anime che si intrecciano tra il cemento che, con questo illuminato progetto trasforma i muri in membrane permeabili di colore, sentimento, passione e storia. Di origine piemontese, Vesod traccia così una linea che lega il centro storico e la periferia della città, uniti da un momento di suggestione che unisce e che definisce un segno di identità.
SanPArt, alla sua prima edizione, è il progetto di riqualificazione urbana e sociale del quartiere San Paolo di Bari, promosso da Doc Creativity in collaborazione con Studio Progettazione IDEA. La proposta progettuale, vincitrice dell’avviso pubblico Arte Urbana indetto dal Comune di Bari, ha previsto la realizzazione di 11 murales e di innumerevoli laboratori creativi, con la partecipazione di artisti di fama internazionale e il coinvolgimento attivo dei residenti del San Paolo. SanPArt è stata un’occasione irripetibile per la rigenerazione urbana e sociale del quartiere San Paolo, diretta con maestria da Cesare Bettini e dalla sua squadra, all’insegna della creatività artistica e utilizzando i potenti strumenti espressivi e di partecipazione che il quartiere dispone.
Il gruppo di lavoro di SanPArt è entrato nel quartiere San Paolo chiedendo permesso, nel totale rispetto delle sue peculiarità e degli indirizzi di sviluppo indicati dall’amministrazione, consapevoli che si trattava di una realtà per molti anni relegata a periferia ma pronta a rimettersi in gioco. Il progetto, sociale prima che artistico, ha una spiccata vocazione internazionale, che punta a far conoscere il quartiere nel mondo ma anche a rendere orgogliosi quanti lo vivono ogni giorno.
«SanPArt vede l’arte come punto di arrivo di un percorso identitario che nasce dai racconti delle persone che abitano le strade del quartiere San Paolo», dichiara Eleonora Peluso, Project Manager di SanPArt. Una delle peculiarità di SanPArt risiede nella struttura dei laboratori, che vedono gli artisti collaborare a stretto contatto con la comunità, con l’obiettivo di promuovere la cultura e l’arte, riprendendo l’insegnamento descritto nel libro L’utilità dell’inutile di Nuccio Ordine in cui: «L’utilità dell’inutile è l’utilità della vita, della creazione, dell’amore del desiderio, perché l’inutile produce ciò che ci è più utile, che si crea senza scorciatoie, senza guadagnare tempo, al di la del miraggio creato dalla società».
In questo progetto che ha molto a che fare con la riappropriazione di un luogo e con il rinnamorarsi della propria casa vista come luogo di intimità intima in cui si crea una memoria, ci sono due macro-visioni che si avvicendano; una è il ritorno alla rappresentazione religiosa come momento per la comunità e l’altro è la pittura su grande scala, nell’ambiziosa costruzione di un Nuovo Rinascimento fatto con i cittadini.
L’aspetto religioso, richiesto più volte dai residenti del quartiere, è stato esplorato dagli artisti Slim Safont e Nian che hanno rappresentato due versioni di Santa Rita. Slim Safont, per esempio, ha visto la Santa nel volto di una giovane donna di San Paolo. Nel suo sguardo, l’artista, ha visto un ponte tra passato e futuro, tra sacro e profano, tra estetica e verità. La santa dei casi impossibili, che assume le fattezze di una ragazza come tante, che in queste strade vive le gioie della sua età e affronta quotidiane battaglie. Sul muro di SanPArt la visione di un artista internazionale e il volto comune di una periferia che cerca riscatto. La santità e allo stesso tempo la possibilità di ognuno di riconoscersi, di dire “ci sono anch’io”.
CHEONE presenta l’opera È qui il futuroì, un po’ rifacendosi al pensiero di “Rammendo delle periferie” di Renzo Piano: «Siamo un Paese straordinario e bellissimo, ma allo stesso tempo molto fragile. È fragile il paesaggio e sono fragili le città, in particolare le periferie … Ma sono proprio le periferie la città del futuro, quella dove si concentra l’energia umana e quella che lasceremo in eredità ai nostri figli. C’è bisogno di una gigantesca opera di rammendo e ci vogliono delle idee».
Cheone, nell’immagine di un bambino che gioca e sembra voler crescere e uscire dal muro del San Paolo di Bari, vede il domani. Nel mare alle sue spalle, che è tema attualissimo per la salvaguardia del futuro di quel bambino e di tutte e tutti noi. Quel mare che può essere campo di battaglia o elemento di pace che unisce e significa accoglienza, come i baresi sanno bene. È qui il futuro. In quest’opera dell’artista Cheone che sconfina tridimensionalmente nello spazio di chi osserva, creando una vera e propria interazione, una vertigine emotiva. Un’opera che travalica l’aspetto estetico e ci interroga, e ci espone emotivamente.
Nella costruzione di una nuova identità del quartiere, ben 11 artisti di fama internazionale tra cui Thiago Mazza (Brasile), Zoer (Francia) SPIDERTAG (Spagna), Iota (Belgio) Alba Fabre Sacristan (Spagna) e molti altri, la valorizzazione dei bisogni dei residenti e la valorizzazione del territorio e della flora del luogo, sono stati spunti importanti per intessere relazioni e raccontare il nuovo San Paolo e la sua volontà di cambiamento.
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