Categorie: Street Art

Tellas ritrae la natura a Villa Gordiani: EP ART 2020 si diffonde a Roma Est

di - 16 Dicembre 2020

Concluse a inizio dicembre, due monumentali opere murarie hanno fatto la loro comparsa tra gli edifici di Roma, arricchendo il quartiere di Villa Gordiani: si tratta delle creazioni di Tellas (Cagliari, 1985) di fama internazionale e protagonista del festival EP ART 2020, promosso da Ecomuseo Casilino. Il progetto nasce con il patrocinio del Municipio Roma V con lo scopo di avviare una serie di processi di musealizzazione diffusa nella periferia est di Roma grazie alla realizzazione di opere di Street Art.

In una rosa di artisti proposti, Tellas è stato scelto direttamente dagli abitanti di Villa Gordiani i quali, attraverso la formazione di un comitato di cura, hanno partecipato con l’Ecomuseo Casilino all’esecuzione del progetto in tutte le sue fasi costitutive, diventano veri coprotagonisti del processo di curatela delle opere.

I due lavori realizzati da Tellas fanno parte della serie Mimesi, un progetto nato nel 2020 a Ragusa sulla rappresentazione personale degli elementi propri del paesaggio naturale in cui l’artista opera, rivelando la sua profonda fascinazione per la catalogazione e la sperimentazione di linguaggi artistici differenti. I lavori per EP ART 2020, infatti, non solo contengono esempi tipici della flora romana, ma raffigurano anche alcune piante scoperte proprio nel quartiere di Villa Gordiani, rivelando un’accurata rielaborazione processuale dell’ambiente naturale circostante e una riflessione del rapporto tra lo spazio urbano e non-urbano.

Abbiamo raggiunto Tellas e Claudio Gnessi, Presidente dell’Ecomuseo Casilino, per farci raccontare di più sul progetto.

L’Ecomuseo è un’istituzione culturale che fonda le sue radici su un patto con la comunità, la quale si impegna in prima persona a salvaguardare e valorizzare il proprio territorio. In particolare, uno degli elementi fondamentali portati avanti dall’Ecomuseo Casilino è il concetto di musealizzazione diffusa. Ci potresti parlare dei fattori che maggiormente definiscono l’Ecomuseo come un’istituzione culturale che, insieme alla comunità, collabora per salvaguardare e valorizzare il proprio territorio?

Claudio Gnessi «L’Ecomuseo è un dispositivo di comunità integralmente coerente con i principi guida della Convenzione di Faro. In tal senso, l’Ecomuseo lavora dando priorità alla relaziona tra il patrimonio (esistente e/o emergente) e comunità, sollecitando processi democratici di dialogo e azione comune, orientati a costruire un senso dei luoghi condiviso, appartenenza e coesione sociale. Noi lavoriamo con le persone prima che con le cose (siano esse materiali o immateriali), coinvolgendole in tutte le fasi progettuali. Attraverso l’ascolto, l’azione collettiva e anche il conflitto scegliamo insieme a chi vive quei luoghi come e perché salvaguardare un territorio, come e perché valorizzare il suo patrimonio, come e perché costruire nuove narrazioni.

Per certi versi l’Ecomuseo Casilino è una cornice ampia che accoglie sollecitazioni e prova, in modo condiviso, a trasformarle in azioni concrete, che abbiano un effetto durevole nel benessere dei cittadini. Lungo il processo disseminiamo quelle competenze che servono alle comunità locali per potenziarsi, diventare autonome ed essere così in grado di continuare il processo anche senza il nostro diretto supporto. L’Ecomuseo, attraverso il sostegno alle rivendicazioni locali del diritto d’accesso e uso del patrimonio culturale, costruisce comunità di cura, organismi spontanei che non si limitano a manutenere un parco o a pulire una strada, ma immaginano e costruiscono il futuro del proprio territorio.

Tellas è stato l’artista prescelto tra una rosa di artisti proposti dalla Galleria Wunderkammern. In che modo pensi che le sue opere d’arte siano state in grado di esprimere gli obiettivi dell’Ecomuseo e la missione del festival E.P.ART?

CG «La scelta di Tellas è stato un processo che possiamo definire naturale. Sin dalle prime assemblee il tema del rapporto tra costruito e non costruito era emerso con forza, come questione centrale di un quartiere che più che sentirsi ai margini della città, si sentiva ai margini di due declinazioni del verde urbano: uno monumentale e addomesticato sul lato di Villa Gordiani, l’altro spontaneo e selvatico sul lato del Parco Lineare Roma Est.
Questa sollecitazione si è rafforzata nelle esplorazioni territoriali condotte dagli abitanti, diventando un vero leitmotiv delle varie discussioni, ragionamenti, proposte.
Visto che Tellas, da anni, riflette sulla relazione tra paesaggio umano e naturale, la scelta era quasi scontata.

E il risultato lo conferma, in quanto l’artista ha preso in mano quest’idea e l’ha declinata in modo straordinario, costruendo i pilastri di un ponte ideale tra i due ambiti verdi, mantenendo coerenza nello stile e introducendo quelle differenze “decisive” che sottolineano una relazione dialettica. In questo senso le due opere sono totalmente “dentro” la mission di E.P.Art, che era quello da un lato di ascoltare e dar forma artistica alle istanze locali, dall’altro di innescare il potenziamento delle realtà locali e del patrimonio culturale che può essere plasmato con l’obiettivo di valorizzare e salvaguardare il territorio.

Tellas con le sue due opere ha perimetrato un ambito interpretativo del territorio e lo simbolizzato attraverso due opere d’arte. Opere che sono potentemente politiche, in quanto veri e proprio atti di rivendicazione del diritto al paesaggio, inteso in senso lato (e quindi umano, storico, sociale) e non solo “naturale”. Basti pensare al fatto che il secondo murale lo ha praticamente firmato con il logo di una vertenza territoriale, quella per l’apertura del Parco Lineare Roma Est. È un’opera che rinvia a un parco che (ancora) non c’è, che è negato alla vista e alla fruizione. E lui lo ha simbolicamente rappresentato su quel muro, creando una vista e simbolicamente restituendo il diritto al suo godimento.
In tal senso possiamo dire che Tellas ha aderito in modo straordinario all’idea di curatela nata nella comunità progettuale, che si connota come azione di conflitto attraverso l’arte. Un approdo che è forse uno degli esiti più importanti di E.P.Art».

L’opera che hai realizzato in occasione di E.P.ART 2020 si inserisce all’interno di Mimesi, una serie di lavori che hanno visto la luce a Ragusa, proseguendo a Carrara e trovando conferma a Roma. Ci parleresti di come è nata l’idea di Mimesi e di come sta progressivamente crescendo e maturando la serie?

Tellas «L’idea di Mimesi è partita qualche anno fa, quando durante alcuni viaggi ho scattato delle immagino di facciate o edifici ricoperti da edere, muschi, e piante in generale. La fotografia in generale è sempre stata una pratica di grande ispirazione nel mio lavoro, e da questa, quasi sempre partono le mie idee e progetti.

Mi piace immaginare il mio lavoro in modo seriale, come un esperienza. E dove sarà possibile, vorrei continuare con Mimesi, senza un idea chiara di come si svilupperà».

I cittadini di Villa Gordiani sono stati veri coprotagonisti di tutto il progetto, dall’istituzione di un’assemblea di cura fino all’organizzazione di visite guidate per raccontare in prima persona il loro quartiere. Come definiresti il tuo rapporto con gli abitanti di Villa Gordiani e in che modo la loro partecipazione ha contribuito e influenzato l’intera esperienza?

Tl «Il parco di Villa Gordiani, situato davanti al muro, ha influito fortemente sul risultato del lavoro. Devo dire che non ci aspettavamo una presenza così importante dei cittadini, che in un certo modo ci hanno guidati e dato la possibilità di conoscere il loro quartiere.

Questa presenza l’abbiamo poi riscontrata guardando la grande quantità di foto, post e interazioni avvenute sui social network. Almeno 700mila persone hanno visto Mimesi, ed è sicuramente un dato molto importante».

Sebbene le tue opere siano monumentali, erigendosi come giganti silenziosi a custodia del paesaggio urbano, ritengo che il modo in cui ti prendi cura dei dettagli rappresenti la vera grandiosità delle tue creazioni. La realizzazione dei lavori, infatti, è sempre preceduta da un processo meditativo, un lento procedimento di catalogazione analitica a favore dell’osservazione e della riflessione. Potresti raccontarci il tuo approccio rituale?

Tl «In realtà anche le opere finite fanno parte di uno studio, di una meditazione e analisi continua del paesaggio che ci circonda. Di conseguenza un disegno, una foto, un appunto sul mio diario, una tela, o una parete dipinta hanno per me la stessa valenza. Son tutti elementi che fanno parte della mia ricerca».

I murales di Tellas a Roma est: la fotogallery

© Luisa Fabrizianimore

Nata a Venezia nel 1994, consegue la laurea in Intermediazione Linguistica Applicata a Trieste nel 2017, e, nel 2020, nel corso magistrale di Storia dell’Arte Contemporanea presso la Sapienza di Roma. Dopo un’esperienza presso la storica casa d’aste Ansuini di Roma, attualmente lavora presso la Fondazione Giuliani per l’arte contemporanea.

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