Categorie: Street Art

Un bacio appassionato tra Conte e Mastella: ecco la nuova provocazione di Tvboy

di - 3 Febbraio 2021

Durante l’ultima puntata di PIGIAMA RAVE, andata in onda su Rai 4 lo scorso lunedì, è stata presentata la nuova opera dell’artista Tvboy. Intitolata CONTE TER, si inserisce nella serie di baci celebri dello street artist (alcuni comparsi durante l’ultimo lockdown, ne scrivevamo anche qui), come quello tra Matteo Salvini e Luigi Di Maio. Questa volta, i protagonisti del bacio di Tvboy sono Giuseppe Conte e Clemente Mastella, con un Matteo Renzi voyeur, tristemente tagliato fuori. Abbiamo scambiato quattro chiacchiere con TvBoy sulla sua ultima opera e sulla sua ricerca artistica.

L’intervista a Tvboy

Durante la messa in onda del programma tv PIGIAMA RAVE, condotto da Saverio Raimondo, hai presentato in anteprima una nuova opera raffigurante un altro dei tuoi famosi baci, questa volta tra Conte e Mastella. Ti va di parlarcene? Come nasce l’opera?

«Le mie opere sono da sempre oggetto di critica a ciò che accade nel mondo della politica: in queste ultime settimane, in Italia, se ne stanno vedendo di tutti i colori. Inizialmente, come detto in trasmissione quando mi era stato richiesto di pensare a una rappresentazione del momento attuale, avevo pensato di fotografare il tutto con una specie di “ammucchiata”.

Poi ho però scelto il bacio, uno dei temi a me più cari, che unisce e attrae da sempre nelle mie opere gli opposti. E ho raffigurato Conte che bacia Mastella, uno dei politici donati alla ribalta in questi giorni per trovare una maggioranza in Parlamento capace di sostenere Conte. Ma, sullo sfondo, lo sguardo di Renzi è vigile e attento, mentre spia da una finestrella le mosse del Presidente del Consiglio dimissionario…».

Nel tuo lavoro, legato spesso alla cronaca, quanto è importante “stare sul pezzo”? Quali sono le tempistiche per la realizzazione delle tue opere? 

«Stare sul pezzo è tutto nel mondo della comunicazione in generale, ancora di più per quanto riguarda la mia street art. Sono certi accadimenti che fanno nascere in me la necessità di raccontare quel determinato fatto in chiave ironica, polemica o affettuosa.

Rappresentare qualcosa con troppo tempo di distanza, oltre ad essere controproducente in termini di diffusione, significherebbe anche far perdere valore intrinseco al messaggio stesso. Se creo qualcosa legato all’attualità è perché in quel dato momento c’è la necessità, mia e di chi mi segue, di esprimere a gran voce qualcosa».

Perché hai scelto come mezzo espressivo la strada?

«La strada è libertà. “La calle es mi museo” è il titolo del mio libro, uscito l’anno scorso ed edito da Libros Cupula in Spagna, che significa “La strada è il mio museo”. Nulla avrebbe senso senza strada, un luogo per tutti, alla portata di tutti. All’aperto, non chiuso, quindi non esclusivo, ma veramente nelle possibilità di ogni persona.

Anche per questo ho sofferto parecchio questi mesi di quarantena, necessari per la salute di tutti: la strada mi manca, e anche se è vero che sono comunque riuscito a esprimere la mia arte quando mi era possibile, spero che presto tutti possano tornare a muoversi liberamente e a vivere in piena sicurezza e libertà».

Pensi che l’arte debba avere un compito nella società contemporanea? Se sì, quale compito dovrebbe ricoprire?

«L’arte è la più alta forma di comunicazione e, come detto prima, serve a mandare messaggi forti. Io ho la fortuna di essere un “megafono” capace di portare alla luce il pensiero di tante persone che spesso non sono ascoltate. Ma è anche una forma di libertà e di divertimento: senza questo aspetto non sarei ciò che sono oggi. Un artista che gioca con i messaggi, con l’arte, con la storia, con l’attualità, e che cerca di trasmettere valori importanti in un mondo dove quotidianamente si scopre tanto male e tanto dolore. Portare un sorriso, raccontare un episodio in chiave diversa, unirsi al grido di dolore di qualcuno: sono solo alcune delle mille sfaccettature della mia arte. E poi, in fondo, l’arte è meravigliosa perché ognuno ci vede ciò che vuole…».

Tvboy, al secolo Salvatore Benintende, è nato a Palermo, il 16 luglio 1980. Esordisce nel 1996, con i primi graffiti sotto lo pseudonimo di Crasto. Laureatosi in Disegno Industriale al Politecnico di Milano con specializzazione in Design & Comunicazione, espone per la prima volta nel 2003 nello stesso Politecnico, dove fa esordio il suo simbolo: un personaggio con il volto all’interno di un televisore. Col passare degli anni, l’artista adotta una tecnica di paste-up per le sue opere da affiggere in strada. Le sue opere sono realizzate in studio a mano con colori acrilici e affisse con colla di farina in zone strategiche di tutta Europa.

Nel 2004 si trasferisce in Spagna dove fonda il suo Tvboy Studio. Ha collaborato con Nike, Seat, Hubiot, Greenpeace, Open Arms. Ha esposto le sue opere presso il Padiglione di Arte Contemporanea di Milano, il Museo Monte di Mola di Porto Cervo, Art Wynwood a Miami, la Galleria Asbaek di Copenhagen Danimarca, l’Aiishti Foundation di Beirut, e ha disseminato le capitali di mezzo mondo con le sue installazioni urbane, lasciando segno del suo passaggio a Milano, Roma, Firenze, Palermo, Bologna, Bari, Napoli, Pompei Catania, Venezia, Barcellona, Madrid, Londra, Berna, Monaco di Baviera, Berlino, Copenhagen, Beirut, L’Avana, Los Angeles, New York, Las Vegas.

Il 2021 è l’anno della consacrazione definitiva: a fine primavera è prevista la prima mostra al Mudec di Milano.

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