-
- container colonna1
- Categorie
- #iorestoacasa
- Agenda
- Archeologia
- Architettura
- Arte antica
- Arte contemporanea
- Arte moderna
- Arti performative
- Attualità
- Bandi e concorsi
- Beni culturali
- Cinema
- Contest
- Danza
- Design
- Diritto
- Eventi
- Fiere e manifestazioni
- Film e serie tv
- Formazione
- Fotografia
- Libri ed editoria
- Mercato
- MIC Ministero della Cultura
- Moda
- Musei
- Musica
- Opening
- Personaggi
- Politica e opinioni
- Street Art
- Teatro
- Viaggi
- Categorie
- container colonna2
- container colonna1
30 anni di Teatro dell’Argine, per una nuova idea di spettacolo: intervista a Micaela Casalboni
Teatro
Il Teatro dell’Argine di San Lazzaro di Savena, Bologna, fondato nel 1994 dall’incontro di un gruppo di attori, registi e drammaturghi, il 17 maggio compie 30 anni. Le celebrazioni dureranno tutto l’anno, ma alla vigilia della festa è stata organizzata una serata danzante per ripercorrere questo lungo percorso e pensare insieme il nuovo decennio progettuale. Ne abbiamo parlato con Micaela Casalboni, attrice e insegnante, responsabile di progetti internazionali e interculturali e condirettrice artistica della compagnia.
Il Teatro dell’Argine festeggia 30 anni. Cos’è rimasto di quel sogno che vi ha fatto iniziare nel 1994?
«Avevamo vent’anni e sognavamo di fare lo spettacolo più bello del mondo con cui girare i teatri, diventare ricchi e famosi. In una zona di San Lazzaro con problemi di spaccio, nel circolo anziani di San Lazzaro, dove condividevamo la sala con gli scout e un corso di lingue, abbiamo iniziato l’avventura dell’Argine. In cambio dello spazio dovevamo però provare a coinvolgere i ragazzi del quartiere. Poi sono arrivate le scuole, i centri di accoglienza, il carcere… E così piano piano abbiamo iniziato a fare teatro fuori dai teatri, rendendoci conto che lo spettacolo più bello del mondo è il mondo stesso!
Il nutrimento che tutti i giorni ci porta a sporcarci le mani con la gioia del lavoro, del gioco e della fatica, ovvero la moltitudine di tutti i teatri possibili, è ciò che rimane di quel sogno iniziale. Questo sporcarci le mani ha sicuramente fatto di noi degli artisti più bravi, perché lavorare con le comunità ci ha permesso di avere esperienze profonde con le persone, con la speranza di aver lasciato un segno nelle vite di alcune di loro.
Quindi il nostro desiderio iniziale di voler fare lo spettacolo più bello del mondo in realtà ci è rientrato dalla finestra nel momento in cui abbiamo deciso di metterci alla prova dentro la stranezza, la complessità, la varietà delle persone, delle culture, delle visioni di tutti gli artisti che abbiamo incontrato sul nostro percorso».
E come si traduce nella vostra arte?
«È come se all’inizio avessimo avuto quattro frecce nel nostro arco, e ora ne abbiamo 400! Per esempio adesso stiamo lavorando al nuovo spettacolo Miserella, siamo in quattro attrici in scena e io faccio la regia, ma in realtà ci sta lavorando tutto l’Argine: Andrea Paolucci che mi fa da sponda registica, Nicola Bonazzi ha scritto dei pezzi. Siamo una comunità in cui ognuno porta un pezzetto, come la Cina di Italo Calvino nel libro Le Città Invisibili: una città nella città che parte da San Lazzaro ma arriva in Colombia passando dalla Palestina, e questo gruppo allargato ci dà la forza per andare avanti anche nei momenti più intensi, perché sai di non essere da solo e che il tuo lavoro è importante per quella comunità, per il “popolo dell’Argine”».
Come si tengono insieme questo “popolo dell’Argine” e le moltitudini del vostro lavoro?
«Una volta un nostro partner turco ci disse “Tutta ‘sta fatica la potreste evitare, vi basterebbe fare i laboratori”. Ma poi dov’è il divertimento? L’Argine è composto da 40 persone: tante idee ma anche tante anime da tenere insieme, perché la nostra comunità si basa sulla condivisione. Vogliamo pensare a un teatro diverso, non gerarchico, ma condiviso. Il teatro è multiforme e variopinto. Noi non siamo attivatori, non siamo pedagogisti, non siamo educatori, non siamo assistenti sociali però in realtà un po’ dobbiamo essere anche tutte queste figure. È l’unico modo per entrare nel cuore delle persone e tenere viva la comunità. Certo è un lavoro ed è un processo complesso, ma regala emozioni e alimenta la passione con cui continuiamo a realizzare ogni giorno “lo spettacolo più bello del mondo”».
Sono passati trent’anni: come ti immagini il futuro del Teatro dell’Argine?
«Bisogna inventarsi qualcosa che ancora non esiste: abbiamo la tendenza a pensare che il mondo e le persone vanno molto velocemente e per continuare ad avere lo stesso legame che abbiamo adesso con la nostra comunità bisogna rinnovarsi continuamente. Mi auguro quindi di riuscire a essere sempre nuovi e che tutte le volte il traguardo possa essere spostato un po’ più in là. La voglia è quella di stupirsi e stupire ancora, anche dopo 30 anni».
E il 16 cosa succede?
«Il 16 maggio dalle 22, presso il Circolo Arci di San Lazzaro ci saranno balli e canti per aspettare insieme la mezzanotte e brindare all’inizio di questo nuovo decennio».