In ogni allestimento di “Sei personaggi in cerca d’autore”, il problema principale riguarda la prima scena. Consiste nella difficoltà di ricreare nel presente la sorpresa e lo “scandalo” che suscitò nel 1921 alla sua prima rappresentazione, l’irrompere dei personaggi senza autore e senza copione, chiusi nello scafandro della loro realissima irrealtà, dentro la realtà simulata e prestabilita del palcoscenico. I tentativi di reinventare la contingente attualità della convenzione, che l’arrivo dei personaggi interrompe e sconvolge, si sono succeduti senza sosta, anche se non è mancato chi ha puntato sul restauro storico-filologico della cornice originaria. Con ritocchi e soppressione di battute, altre adattate e riscritte, e snellimenti filosofeggianti, il regista Valerio Binasco affida al folto gruppo di allievi della Scuola dello Stabile di Torino l’inizio dello spettacolo con il loro entrare alla spicciolata direttamente dal palcoscenico pronti a provare, sotto la direttiva del regista-direttore, una di quelle «Commedie di Pirandello, che chi l’intende è bravo».
Sono giovanissimi, in abiti d’oggi, con gli atteggiamenti tipici di attori alle prese con i rudimenti del mestiere e la loro attuazione. E quando, nel vivo della prova, i Personaggi che reclamano “vita” chiedendo di rappresentare il loro vero dramma si manifestano datati anni Venti, in deciso contrasto con i vivaci costumi e una scena dei nostri giorni, non sono solo i ragazzi a stupirsi della loro apparizione, quanto gli stessi “intrusi” a trovarsi increduli in quel contesto. D’altronde, alla parte introduttiva incentrata sui teatranti Pirandello concede libertà d’improvvisazione per aiutare a meglio consapevolizzarsi dell’ambiente o a decrittare le fonti di questa fabbrica d’illusioni.
Così, la nota vicenda di una tragedia familiare che uno scrittore non volle portare a compimento – e che cela la vergogna di un rischiato incesto e il tormento per la morte dei due bambini dovuta all’incuria della famiglia – si dispiega man mano quando i Personaggi passano dal racconto all’evocazione delle sequenze da vivere in scena, con l’incontro incestuoso e mercenario tra il Padre e la Figliastra, in casa della tenutaria di un bordello Madame Pace (qui solo evocata), e l’epilogo con la fine dei figli piccoli.
L’interesse che muove Binasco nei riguardi di questo testo rivoluzionario della drammaturgia, della dialettica palcoscenico-vita, che offre una inesauribile occasione di pensieri sul teatro e sulla sua pratica, ma specialmente sul mistero della creatività e della forma applicata, è esplicitato nelle sue stesse dichiarazioni programmatiche, in cui tra il resto scrive: «Il Regista-Direttore, in prospettiva contemporanea, vive la crisi di insensatezza del fare teatro oggi». I segni li troviamo nei molti dialoghi, anche ironici, dove si discute il senso di fare teatro e per chi lo si fa; della «drammaturgia contemporanea che non esiste più», motivo per cui si ritorna agli autori classici, i quali però – commenta un giovane attore – «…sono tutti morti». E incalza: «Questi sono testi morti, di autori morti, per un pubblico di morti. E a noi che siamo vivi, che siamo giovani, chi parla? Non esiste una storia, una, che sia in grado di parlare a noi? Di noi?».
Il raggrupparsi finale di tutta la troupe, con i giovani sconvolti dalle “verità” dei Personaggi ai quali prendono timidamente la mano per avanzare insieme verso il centro e guardando la platea mentre il sipario si chiude, lascia libera l’interpretazione. Forse quella della necessità di ritrovare una piena umanità, unica possibilità per affrontare la vita. Binasco veste il ruolo del Padre, Sara Bertelà quello della Madre, Giordana Faggiano la Figliastra, Giovanni Drago il Figlio, Juri Ferrini il Capocomico. Spettacolo dedicato soprattutto ai giovani, spettatori di oggi e di domani, teatranti e non, che forse non hanno mai visto rappresentato questo testo, i quali potranno avvicinarsi senza timore alla “filosofia” pirandelliana, godendone la sostanza.
Produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro Nazionale di Genova, Fondazione Teatro di Napoli – Teatro Bellini. Dopo il debutto al Teatro Carignano di Torino, sarà in scena a Genova, al Teatro della Corte dal 9 al 14 maggio, e a Napoli, Teatro Bellini dal 16 al 28 maggio.
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