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Buon Compleanno Centrale Fies! Intervista a Barbara Boninsegna
Teatro
Quarant’anni di festival di cui venti alla Centrale Fies, Drodesera si prepara a festeggiare con una formula ExtraLarge, che spazia dall’arte contemporanea, confermando le già consolidate collaborazioni con i curatori Simone Frangi e Denis Isaia, e stringendone di nuove come quella con Claudia D’Alonzo, al teatro con la co-curatela di Filippo Andreatta, e alla collaborazione con le scuole in percorsi di avvicinamento alla performance. Ne abbiamo parlato con Barbara Boninsegna, fondatrice e curatrice del festival, in attesa di incontrarsi live.
L’intervista a Barbara Boninsegna
XL è il nuovo formato di Centrale Fies, in cosa consiste?
«Nel provare a immaginare una formula sempre più lontana dall’evento estivo per aprire più volte durante l’anno la possibilità ai pubblici di prendere parte ad alcuni momenti della ricerca e dello studio di Centrale Fies. XL è un modo per ribadire il fatto che Fies è un centro attivo e produttivo durante tutto l’anno, e che non si ferma mai».
Sembra che il 2020 porti cambiamenti: 40 anni fa il festival è nato tra le strade di Dro, da 20 anni vive nella centrale idroelettrica, e ora una contaminazione tra reale e virtuale. Come si riesce a parlare con mezzi differenti?
«Ci sarà di grande aiuto tutto il lavoro fatto sull’identità forte ma mutevole di un luogo in continua trasformazione. Cercheremo di fondere assieme sempre di più mezzi e spazi così come curatori, curatrici e progetti, innestando ogni volta un qualcosa che diventi l’inizio della nuova forma di un passaggio successivo, di un paesaggio che muta con noi».
Con Hyperlocal, la parte più “teatrale” del festival che curi insieme a Filippo Andreatta, c’è un rifiuto del digitale. Perché?
«Non credo si possa parlare di rifiuti, ma di percorsi, e ogni percorso che Centrale Fies pratica lo fa con strumenti e curatele, professionisti e dialoghi serrati alla ricerca della qualità, della serietà dello studio. Ecco il perché di una curatela esplosa, dove insieme alla direzione artistica del centro, trovano spazio e campi d’azione professioniste e operatori del contemporaneo che si dedicano da tempo alle differenti sfumature di ogni disciplina. Se il progetto INBTWN è in dialogo con Claudia D’Alonzo, curatrice ed esperta di arte digitale, la parte dedicata alle arti visive è in stretta collaborazione con Simone Frangi e Denis Isaia, curatore noto anche per il suo lavoro al Mart. Con Filippo Andreatta abbiamo ideato Hyperlocal in connessione quasi quotidiana con gli artisti e le artiste che porteranno le loro opere in questa edizione speciale: lavorare sulla presenza del corpo assieme a loro è stato come riaffermare l’impossibile. In Hyperlocal non mancherà comunque il confrontarsi con dispositivi che richiederanno spesso l’uso di device integrati per prendere parte alle opere».
Performance live ma… con mascherina e igienizzante? Come vi state attrezzando per i protocolli di sicurezza e per la gestione dei flussi?
«Abbiamo fatto una scelta in pieno rispetto di un’esperienza che dovrà essere ricordata dai nostri pubblici come un ritorno a ciò che il virus per mesi ci ha proibito, ma senza dimenticare nulla, senza fingere che tutto sia tornato alla normalità. Le performance live avverranno all’esterno, per permettere di stare anche senza mascherina se posizionati alla giusta distanza, ogni serata avrà 50 posti numerati e ogni fine settimana terremo lo stesso programma in modo da replicare le opere che artisti e artiste porteranno a Fies. L’idea è che si possa prenotare un’intera serata composta da due performance live, due mostre e un posto dedicato – con aperitivo e cena- all’interno del parco, per non rinunciare alla parte di decompressione e confronto tra gli ospiti, ma in totale sicurezza. Applicheremo le nuove norme ma stando attenti alle possibili paure e agli stati d’animo del pubblico, attuando procedure di maggior garanzia e cura verso tutti i nostri ospiti».
Rimanendo in tema Covid, come avete affrontato questi mesi di quarantena?
«Siamo rimasti in contatto con artisti e artiste selezionati precedentemente per il festival 2020, abbiamo preso parte alle iniziative politiche collettive di settore che in questi mesi sono arrivate a dialogare con Ministero e Provincia, portandovi anche parte del nostro dialogo con artisti e professionisti. Ma abbiamo anche creato nuove alleanze e immaginato una formula di festival che ci desse entusiasmo e nuove opportunità, e non unicamente un senso di defezione e riduzione del progetto».
Invece digitale sarà Perform!, la sezione dedicata alle bambini e ai bambini per avvicinarli al mondo della performance. Perchè narrare pratiche di arte performativa ai più piccoli? Come coinvolgerli e renderli partecipi? Il digitale è lo strumento adatto?
«Da dieci anni lavoriamo alla divulgazione della perfomance art all’interno delle scuole primarie del territorio, riuscendo a far parte dei programmi scolastici ufficiali: i bambini e le bambine delle elementari di Dro –come in un’accademia per piccoli- frequentano gli spazi di Fies durante l’intero ciclo scolastico. Ci siamo chiesti come arrivare oltre la comunità locale, e abbiamo immaginato un format video che porterà una parte del laboratorio e delle lezioni in una versione nuova. Il format sarà in italiano e in tedesco, per comprendere anche una relazione col vicino Alto Adige».
La contaminazione non è però solo nella forma, ma anche nei contenuti: da anni Centrale Fies parla molteplici linguaggi, e quest’anno si allarga ancora di più all’arte – con anche la nuova collaborazione con la ricercatrice Claudia D’Alonzo – e alla musica – con le playlist di Alma Söderberg. Cosa ci dobbiamo aspettare per questa edizione?
«L’edizione 2020 sarà una grande prova generale di quello che sarà Centrale Fies: festeggeremo così i quarant’anni di festival e i venti di Fies guardando avanti e mettendo in scena il domani anziché celebrando il passato».