Ci sono rapporti in cui trovare la “quadra” non è facile, che si trascinano in convivenze forzate ancor più difficili. E tra una scaramuccia e l’altra muovono le sorti di un territorio e di chi lo abita, come quello tra Genova e i tanti torrenti e rii che la attraversano.
Oltre ai detriti, le alluvioni ciclicamente riportano a galla tutti i problemi idrogeologici dell’Italia contemporanea; e in modo particolare quelli di una città come Genova, strutturalmente “verticalizzata”. Sono eventi che hanno modellato la storia nazionale; in cui senza passare dal via ci si è spostati dal disastro all’altruismo, dalla cooperazione alla voglia di rialzarsi. Ma si tratta sempre di una storia disfunzionale, che al di là della prontezza dei singoli non si chiude automaticamente con “è bene quel che finisce bene”. Una storia che, oltre a un mare di fango, nelle annate 1970 e 2011 lasciava Genova rispettivamente con 44 e 6 morti alle spalle.
Nel gennaio 2021 a Genova si forma il Collettivo Corpi idrici, composto da: Gaia Cambiaggi, Elisabetta Carosio, Matteo Casari, Anna Daneri, Elisa Giuliano, Matteo Manzitti, Alessandro Mazzone, Luca Pacchioni, Anna Positano, Nuvola Ravera, Nicolò Servi, Alessandra Vannucci. L’intento di questo gruppo variegato, un match multidisciplinare visivo-sonoro-performativo, è utilizzare una nuova sensibilità per studiare la maglia d’acqua che riveste la città intera. Una maglia fitta più di quanto il piano strada lasci intendere, abitato parallelo entro cui ciascun corso è soggetto fisico. Corpo idrico precisamente.
Il 13 novembre 2021 va in scena Corpi idrici – Sinfonia da una città , parte della lunga programmazione di Electropark (ne abbiamo parlato qui); prodotto da Forevergreen.fm e co-prodotto da Fondazione G. Feltrinelli di Milano, con la direzione artistica di Mazzone e Daneri. Data non casuale, ma che cade proprio al termine dei lavori della COP26 sul clima, a Glasgow. Come tutto sommato non è casuale nemmeno il luogo, un punto “caldo” come il Teatro Ivo Chiesa – Teatro Nazionale di Genova; con le sue fondamenta proprio in prossimità del tombamento del torrente Bisagno, opera che ha fortemente impattato sull’assetto idrogeologico della città . Al contrario, casualità ha voluto che per l’entrée i Corpi idrici scegliessero il giorno perfetto: una sera di pioggia battente e allerta gialla in corso.
Un’ora circa di spettacolo video-performativo-sonoro, per la regia di Alessandra Vannucci e la ricerca/documentazione fotografica di Gaia Cambiaggi, Anna Positano, Nuvola Ravera e Nicolò Servi. Un’ora dominata dalla musica di Matteo Manzitti, da una partitura arrangiata utilizzando strumenti – tipo lo xilofono – spesso utili a produrre la giusta adrenalina. Così Corpi idrici – Sinfonia da una città procede contro ogni previsione, con cambi di registro che trascinano alla cieca; come un torrente in piena di cui è impossibile intuire fin dove si spingerà e dove andrà a parare. Uno spettacolo dal fluire imprevedibile, dalle testimonianze dei cittadini a un’emotiva ed emozionante personificazione del Bisagno, mal considerato e tombinato alla foce nel Ventennio.
La riflessione è serrata sugli eventi, partendo dalle loro cause. E pure se pare allentare la presa poi riprende a battere, liberando slide ansiogene, che cronologicamente puntualizzano allo spettatore tutte le alluvioni genovesi – e relative conseguenze – dall’Ottocento ad oggi.
Dietro il palco un maxi-schermo, campo per la policromia accattivante della Mappa dei corpi idrici di Genova di Juan Lopez Cano; come per i secchi contributi video di una città schiacciata tra natura selvaggia e lavori in corso (con tanto di “immersione” nello scolmatore del Fereggiano), opera di Positano. Davanti i rifiuti del rio Molinassi, plasmati da Servi in quattro sistemi scultorei a bordo palco. In mezzo Genova tutta. Una città che ritrova la consapevolezza del suo essere terreno di una convivenza silenziosa tra due tipi di popolazione: quella umana, che si muove a piano strada, e quella idrica, “addomesticata” dall’uomo stesso nel corso dei decenni e sempre pronta a risalire dal basso a richiedere il proprio spazio. Ascoltarsi tra “corpi”, trovare un punto d’incontro pacifico tra le parti, è la priorità di oggi in vista di un domani.
Ripartiamo ora dalle parole di Daneri: «Dal 2016 in Liguria è in vigore un regolamento regionale di tutela dei corsi d’acqua che ne dovrebbe garantire il deflusso, limitando al massimo tombinature e deviazioni, così come la manutenzione e pulizia degli alvei. Attualmente è in discussione al Senato l’inserimento della tutela dell’ambiente e della biodiversità tra i principi fondamentali della Costituzione Italiana, come lo sono la libertà , l’eguaglianza, il lavoro, il ripudio della guerra.
Ma rii e torrenti (oppure i corpi idrici) dovrebbero avere uno status giuridico proprio.
Fino a oggi la tutela ambientale è passata attraverso quella della salute e della vita degli esseri umani: tuteliamo gli alberi perché ci danno l’ossigeno, creiamo verdi urbani per bilanciare i danni provocati dall’inquinamento; il Consiglio Europeo si appella alle leggi sui diritti umani per proteggere l’ambiente. Eppure è urgente riconoscere agli organismi vegetali soggettività giuridica, ovvero la possibilità di vantare diritti. Già 20 paesi hanno sottoscritto la Dichiarazione Universale dei Diritti dei fiumi».
Naturale che la pièce termini declamando alcuni degli articoli della Carta dei diritti dei corpi idrici, redatta da Daneri, Ravera e Servi assieme a Lucia Bergamaschi. Punta di diamante di un progetto già impegnatosi a costituire un Parlamento dei Corpi Idrici; la cui intenzione non è quindi a chiudersi al ritmo di un sipario, ma costituire una chiave di volta persistente e propositiva. Diramandosi perciò anche tramite altri media, tra cui Daneri ci ha anticipato un film e un’installazione.
Sarà per questo che l’applauso finale non sa tanto di commiato, quanto dell’inizio di una nuova possibile relazione tra cittadinanza umana ed idrica. Intanto dal palco portiamo via quella che secondo noi è la frase più eloquente della serata: «Genova non si ferma, ma neanche l’acqua si ferma. Chi vincerà ?».
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