Categorie: Teatro

L’estate dei festival: al Santarcangelo, dove la politica si mette in scena

di - 5 Luglio 2024

Arriva l’estate e con lei la stagione dei festival per antonomasia. Su exibart vi portiamo alla scoperta di alcune delle manifestazioni dedicate allo spettacolo dal vivo più curiose e interessanti sulla scena nazionale, parlandone con direttrici e direttori (qui tutte le puntate). Oggi abbiamo intervistato Tomasz Kireńczuk, appena riconfermato direttore artistico di Santarcangelo Festival, una tra le più longeve manifestazioni di spettacolo dal vivo in Italia, la cui 54ma edizione andrà in scena dal 5 al 14 luglio 2024.

Impegno politico e coinvolgimento: il Santarcangelo Festival 2024 per Tomasz Kireńczuk

Sei stato riconfermato alla direzione di Santarcangelo Festival, è una bella responsabilità…

«Ci sono due aspetti da sottolineare. Il primo è un riconoscimento del lavoro fatto in questi anni. Ma la decisione è una questione più ampia rispetto al solo “lavorare bene o male”. Il continuo cambio di direzione del festival è un valore molto importante, quasi un unicum nel panorama conservatore italiano. Ma dall’altro lato per portare un cambiamento serve tempo e fiducia per seguire gli artisti e per avere la possibilità di sviluppare certi percorsi. Noi in questi anni abbiamo iniziato diverse progettualità a lungo termine e ora abbiamo la possibilità di portarle avanti».

Agata Siniarska

Parlando invece dei claim del festival, sono frasi sempre molto ambigue…

«Il claim lo scegliamo nel momento in cui il programma è già fatto. Questo ci consente più libertà d’azione. Mettiamo tutto quello che abbiamo sul tavolo e cerchiamo di capire quali sono le connessioni tra i percorsi artistici e capire che cosa vuole raccontare questo festival. I claim sono sempre abbastanza vaghi, due anni fa era “Can you feel your own voice”, l’anno scorso “Enough not enough” e quest’anno è “While we are here”. Sono frasi che trasmettono sentimento, suggestioni che non spiegano e non interpretano il festival, perché non credo debba essere il nostro ruolo. La bellezza del festival sta nel fatto che ognuno di noi può vivere l’esperienza diversamente, con la propria chiave interpretativa».

While we are here: come si declina nell’edizione di quest’anno?

«“While we are here” ha diverse letture. Una riguarda l’interesse degli artisti presenti di essere concentrati sul momento in cui il gruppo dei corpi si riunisce in uno spazio comune, ovvero il momento preciso in cui avviene l’atto performativo. Cosa vuol dire questo atto performativo per chi lo vive e per chi lo osserva? Questa riflessione parte dall’idea che assistere a una performance, in un mondo come quello in cui viviamo oggi, è un’azione privilegiata e a noi interessa cosa vuol dire questo, riflettendo anche sulla temporaneità del gesto. Perché anche noi siamo esseri temporanei, e questo comporta molte domande e molti doveri».

E poi?

«Una lettura più ampia riguarda quello che sta fuori dal festival, quello che accade nel mondo mentre noi siamo qui. Il festival è una situazione di festa, un momento di grande intensità, di grande confronto, di grande ispirazione, ma allo stesso tempo non possiamo dimenticare che al di fuori succedono cose di cui dobbiamo essere coscienti e su cui dobbiamo riflettere per trovare il modo per intervenire, come il genocidio a Gaza, la guerra in Ucraina, la crisi ambientale, la mancanza dei diritti umani in molti paesi…».

non-scuola Teatro delle Albe © Pietro Bertora

Assistere a un atto performativo è un’azione privilegiata: partecipare al festival diventa anche un’azione politica?

«Certo. Il festival è per sua natura politico ed è una cosa su cui non si dovrebbe neanche discutere. Santarcangelo Festival si svolge in una città di 20mila abitanti, è sostenuto fortemente dalla comunità locale, dall’amministrazione locale e regionale e avviene negli spazi pubblici di questa città che vive ogni cosa che noi facciamo: questo ha un senso politico, perché il nostro privilegio è anche quello di poter parlare, intervenire ed esistere negli spazi comuni. Nel momento in cui l’artista prende lo spazio pubblico e decide di dire una cosa questo è un atto politico. Credo che un festival debba avere anche questo ruolo e deve far parte del dibattito pubblico e politico del sistema, altrimenti che senso ha farlo?».

foto Michelle Moura © Mayra Wallraff

A proposito di crisi ambientale, Santarcangelo Festival ha un’alta attenzione alla sostenibilità ambientale ma anche sociale…

«Abbiamo un gruppo di lavoro interamente dedicato a questo, Presente Sostenibile, perché per affrontare il rapporto con l’ambiente serve una riflessione più ampia che noi stiamo sviluppando in pratiche concrete che sperimentiamo durante il festival.

Per esempio, due anni fa abbiamo costruito nel parco Baden Powell un grande palco per quattrocento persone. Era bellissimo ma abbiamo capito che era un palco fuori contesto in un festival come il nostro, dove il contatto tra artista e pubblico è più importante».

E cosa avete fatto?

«L’anno scorso abbiamo costruito questo palco semplicissimo, in un podere fuori città, in cui abbiamo chiesto agli artisti di presentare i loro spettacoli in una situazione molto naturale, con la luce del tramonto. Si trattava di costruire un palco che non dominava l’ambiente, ma in qualche modo lo rendeva parte dello spettacolo. Quest’anno ripetiamo l’esperienza, per mettere l’ambiente e la natura al centro del nostro approccio. Non è una cosa semplice perché gli artisti devono adattarsi, adattare il loro lavoro e ripensarlo, ma è un processo bellissimo che aiuta a entrare in dialogo con il contesto».

imbosco, ph Pietro Bertora

Qual è la colonna sonora dell’edizione 2024 del festival?

«United in grief di Kendrick Lamar. Il festival di quest’anno ha molte connessioni con la ritualità, molti artisti stanno sperimentando la possibilità di costruire un rito laico all’interno di un percorso performativo. Questa è la canzone perfetta che rappresenta tutto questo».

Cosa non può mancare nello zaino di chi arriva a Santarcangelo?

«Molta acqua perché qui la temperatura è sempre molto alta, un quadernino per memorizzare le cose vissute, ma soprattutto lasciare tanto spazio libero nello zaino così da poter portare più cose possibili quando si torna a casa».

Dopo gli studi al Politecnico di Milano e all'Accademia di Belle Arti di Brera, collabora con diverse testate di teatro e arte. Studiosa di arti visive, design e spettacolo dal vivo, è particolarmente interessata alla ricezione e alla simbologia delle opere d'arte nella società contemporanea. Attualmente impegnata nello sviluppo del portale trovafestival.com, la cultura in movimento.

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