Categorie: Teatro

Forte, consapevole, fragile: Clara Galante porta Irene Brin in teatro

di - 5 Agosto 2021

Si intitola La Polvere del Mondo “Il Nuovo Galateo e altre Leggerezze”, lo spettacolo dedicato a Irene Brin scritto e interpretato da Clara Galante, attrice, cantante, autrice che alterna la recitazione, la scrittura, la regia e il canto. Sarà in scena il prossimo 9 agosto a Roma, ai Giardini della Filarmonica Romana, nell’ambito della rassegna I Solisti del Teatro. Nella pièce, Clara Galante interpreta Irene Brin, celebre giornalista di moda e costume, scrittrice, traduttrice, gallerista che seppe scuotere Roma con una stagione stupefacente di attività. Un’eccezionale forza rivoluzionaria, l’emblema dell’Arte come meraviglia, spettacolo e invenzione continua.

Chi era Irene Brin

All’anagrafe Maria Vittoria Rossi (Roma 1911-Bordighera 1969), il nome Irene Brin fu inventato da Leo Longanesi quando l’invitò a scrivere per Omnibus nel 1937. Poliglotta, eccentrica, amante dell’arte, viaggiatrice colta, Irene Brin era dotata di grande cultura, ferrea disciplina, senso dell’umorismo ed eleganza. I suoi consigli sul saper vivere e sulla buona educazione, sulla moda e sull’arte che apparivano regolarmente nelle pagine di Omnibus e della Settimana Incom, divennero un appuntamento, per gli intellettuali dell’epoca. Fra i suoi tanti pseudonimi, Marlene, Mariú, Oriane, Geraldine Tron, Maria del Corso, Contessa Clara Ràdjanny von Skèwitch, Madame d’O e altri ancora.

Con il marito Gaspero Del Corso aveva dato vita nel dopoguerra, in via Sistina a Roma, alla celebre galleria d’arte L’Obelisco. Promotori dell’ Arte Contemporanea italiana, ne fecero un punto d’incontro di artisti, scrittori e intellettuali, come Burri, Morandi, Vespignani, Moravia, Pasolini, Visconti, Palma Bucarelli. Un vero e proprio riferimento per artisti come Picasso, Calder, Maria Lai, Duchamp e per tutta l’arte d’avanguardia del secondo Novecento. La galleria venne anche censurata e chiusa per “oscenità” dopo aver ospitato una mostra di disegni di Grosz.

Clara Galante, foto di Azzurra Primavera

L’intervista a Clara Galante

Come mai la scelta di dedicare uno spettacolo a Irene Brin?

«Per comprenderla. E per comprendere Irene Brin bisogna avere in sé la consapevolezza di essere, come diceva Pessoa, una sola moltitudine».

Come la descriveresti in poche parole?

«Irene era tante donne con un centro ben saldo. Veloce, intelligente, generosa, capace di amare, di seguire bene molteplici strade, empatica e soprattutto autentica. Una donna del nord che si fa adottare da Roma, che poi vola a NY come nulla fosse, esplora tutto il mondo ma sceglie, infine, Sabaudia per riposare. Amo il suo piglio intelligente e la sua umanità. Il suo linguaggio è a volte tagliente perché, nonostante la sua immensa cultura, era e lo scrive, “pane al pane, vino al vino”».

Come si articola lo spettacolo che le dedichi?

«Ho scritto il testo immaginando un ritorno al mondo anche grazie alle canzoni che avrà certamente canticchiato, scrivendo, viaggiando, lavorando, vivendo. Era pazza per la vita! Forse, quel mondo che definiva come incerto, per certi versi sembrerebbe migliore del nostro».

In che modo si è svolta la tua ricerca su di lei?

«Lo spettatore distinguerà Clara e Irene eppure non capirà la differenza di chi dice cosa, saremo io e lei, fuse, unite, una. Avevo già sentito parlare di lei. Mio cugino Maurizio Galante vinse nel 1990 il Premio Irene Brin voluto da Rosana Pistolese fondatrice dell’Accademia di Costume & Moda. Grazie all’archivio, qui custodito e a quello prezioso della Galleria Nazionale d’Arte Moderna e Contemporanea, ho potuto costruire, elaborare e riscrivere un viaggio meraviglioso.

“La Polvere del Mondo” racconta la sua anima, evocando l’Italia del suo tempo, post-guerra, povera ma con una gran voglia di ricominciare. Un’Italia dei primi anni Cinquanta pronta a esplodere, piena di entusiasmo, coraggio, artisti, intellettuali, luoghi culturali e, tra questi, anche la sua galleria che ospitò tutta l’avanguardia del suo tempo. Aperta nel 1946 con Gaspero Del Corso. Suo marito amato. Irene aveva devozione per l’arte, ne conosceva il valore. Amava gli artisti per indole, non per educazione».

Qual è il tratto di Irene Brin che ti ha più colpita?

«“L’eleganza emana sempre da dentro”, scriveva. Si perché prima c’è il mondo interiore, poi la moda e il costume, ovvero la possibilità che ognuno ha di creare intorno a sé una certa atmosfera. Ho ammirato la sua devozione al lavoro. Ho pianto a leggere le sue agende, anche quelle condivise con Gaspero. Agende piene di riflessioni, appuntamenti celebri, notevoli confessioni intime e private. Sono felice di averla saputa amata fino alla fine».

Qual è aneddoto della sua vita che ti ha più coinvolta e perché?

«Mi hanno colpita la sua malattia, la sofferenza, la fragilità e la consapevolezza».

Quale Irene Brin restituisce il tuo spettacolo?

«Quella anticonformista. L’anticonformismo senile a cui era arrivata e che definiva un limbo. Limbo in cui avrebbe aspettato tutti quelli che la criticavano per essere stata sempre libera di dire e scrivere il suo pensiero».

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