Essere nati a Gaza. Essere nati Palestinesi. Dov’è la colpa in questo? Se lo chiede Hossam al-Madhoun, regista del gruppo Theatre for Everybody di Gaza, in una delle cento lettere che ha scritto dall’inizio del nuovo conflitto nella Striscia di Gaza, a ottobre 2023. In modo drammaticamente reale racconta la sua quotidianità ai tempi della guerra. Dell’ennesima guerra in una terra scenario di scontri mai risolti da decenni.
I droni che ronzano sulla testa tutto il giorno.
La fuga nel cuore della notte in un’auto carica.
La fila per il pane per sfamare una famiglia di 18 persone.
Le bombe che esplodono a 300 metri dal campo.
La madre inferma che sogna la cioccolata.
Le nuove ripartenze con la speranza di non beccare altre esplosioni.
La mancanza di informazioni.
La mancanza di cure.
La mancanza di cibo.
Solo speranza, e lacrime.
Queste lettere, inviate a Jonathan Chadwick della compagnia londinese Az Theatre, con cui al-Madhoun collabora dal 2009, sono diventate lo spettacolo teatrale Gaza Ora. Messages from a dear friend. Dopo il tutto esaurito a Londra, lo spettacolo arriva in Italia nell’ambito del festival delle Connessioni Umane, ideato e organizzato dal Teatro Carcano nel Municipio 8 di Milano con il supporto del bando Milano è Viva.
Le 16 voci di Valentina Carnelutti, Jonathan Chadwick (team Az Theatre – Londra), Lella Costa, Maddalena Crippa, Luca d’Addino, Malina De Carlo, Anna Della Rosa, Federica Fracassi, Michele Gorlero, Ruth Lass (team Az Theatre – Londra), Maysoon Pachachi (team Az Theatre – Londra), Enrico Pittaluga, Iante Roach (team Az Theatre GAZA ORA – Londra), Angelo Romagnoli (team GAZA ORA – Italia), Tanita Spang (team GAZA ORA – Italia), Dalal Suleiman, hanno letto 16 delle missive davanti a una Villa Scheibler strapiena, con decine di persone sedute anche per terra (l’evento era a ingresso gratuito).
Durante lo spettacolo era stato chiesto di non applaudire, per non interrompere il flusso e l’intensità della lettura. Ma dopo le ultime parole, “aprite gli occhi, aprite il cuore”, l’applauso è stato di una intensità unica, con qualcuno che ha urlato “Palestina libera!”. Non è questione di religione o politica ma di civili che stanno morendo in modo disumano. Ascoltare la voce di chi è sotto quelle bombe, ora, mentre noi siamo nelle nostre case, solo perché si ha avuta la fortuna di nascere dal “lato giusto”, pone tutto in una prospettiva più imminente. Noi, cosa stiamo facendo?
È seguito poi un breve dibattito concluso con uno spettatore che ha aperto la bandiera palestinese e ricordato che ogni sabato c’è chi scende in piazza per chiedere il “cessate il fuoco”. Sperando che venga accolto.
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