04 marzo 2023

Il Fondo Luca Ronconi va all’Archivio della Biennale di Venezia

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L’Archivio Storico della Biennale di Venezia si arricchisce con il Fondo Luca Ronconi. Due giornate dedicate al grande regista teatrale: ne parliamo con Oliviero Ponte di Pino, tra i curatori del progetto

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Luca Ronconi e Franco Quadri a una conferenza stampa della Biennale di Venezia

A otto anni dalla scomparsa del regista, il Fondo Luca Ronconi lascia la Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Umbria e viene affidato, dalla destinataria del lascito Roberta Carlotto, all’Archivio Storico delle Arti Contemporanee della Biennale di Venezia, con l’intento di conservare e valorizzare l’eredità artistica del grande regista teatrale. Per l’occasione, La Biennale di Venezia in collaborazione con l’Archivio Ronconi e il Centro Teatrale Santacristina, diretto da Carlotto, organizza due giornate dedicate all’opera di Luca Ronconi a partire dagli anni Settanta durante la sua direzione alla Biennale di Venezia, al Leone d’oro alla carriera nel 2012. Per l’occasione abbiamo posto qualche domanda al giornalista, scrittore e critico teatrale Oliviero Ponte di Pino, tra i curatori del progetto.

Luca Ronconi, ph. Marcello Norberth

Perché il Fondo passa dall’Umbria a Venezia?

«Il progetto è nato diversi anni fa, quando Ronconi era ancora con noi, con un archivio online, il sito lucaronconi.it. Quando scompare, Luca Ronconi lascia un fondo archivistico con materiali di vario genere, appunti, video, copioni, saggi, fotografie che viene inventariato dalla Soprintendenza archivistica e bibliografica dell’Umbria. Ora Roberta Carlotto, che ha la responsabilità di questo fondo, ha deciso di consegnarlo all’Archivio della Biennale. I motivi sono diversi: Luca Ronconi è stato direttore del settore Teatro e del settore Musica dal 1974 al 1976, un’esperienza testimoniata anche nel film documentario 75 Biennale Ronconi Venezia realizzato da Jacopo Quadri. Il secondo motivo è quello di far dialogare questa memoria con quella che è contenuta in altri archivi, sia gli archivi della Biennale sia in altri archivi a Venezia, come quello della fondazione Cini dove sono conservate le carte, i materiali e anche gli abiti di Eleonora Duse e gli archivi di Luigi Squarzina e di Paolo Poli».

Che cosa succede il 6 e il 13 marzo?

«Il 6 marzo c’è una giornata di incontro e di studio a partire dall’archivio di Luca Ronconi. Durante la mattinata Giovanni Agosti, che ha studiato l’archivio e ha curato la sua biografia a partire dalle conversazioni con la critica e giornalista Maria Grazia Gregori (Feltrinelli 2019). Nel pomeriggio io dialogherò con alcuni personaggi che hanno avuto modo di collaborare con Ronconi, per suggerire le tracce di alcune possibili linee di ricerca.

Il primo interlocutore sarà Pierluigi Pizzi, che è stato lo scenografo della versione televisiva dell’Orlando, uno degli spettacoli del Novecento. Poi ci saranno Massimo Popolizio e Manuela Mandracchia per capire in che momento della loro carriera è arrivata la collaborazione con Ronconi e in che modo ha segnato le loro carriere. Infine parleremo dei lavori mai realizzati, che sono presenti in archivio: per esempio c’è un grande progetto in collaborazione con il drammaturgo Peter Exacoustos e con la scenografa Margherita Palli. Ne discuteremo anche con l’architetto Stefano Boeri perché il progetto era molto ambizioso e prevedeva un dialogo con la città, tra urbanistica e architettura.

Il 13 marzo al Cinema Rossini di Venezia (ore 18.30) verrà proiettato il film documentario 75 Biennale Ronconi Venezia realizzato da Jacopo Quadri e prodotto da Palomar in collaborazione con il Centro Teatrale Santacristina, con il soggetto scritto curato da me insieme a Roberta Carlotto. Il documentario, che è stato proiettato solo alla Festa del Cinema di Roma, racconta gli anni di direzione di Ronconi attraverso le parole di alcuni artisti all’epoca presenti come Eugenio Barba, Dacia Maraini, Ariane Mnouchkine, Meredith Monk, Andrei Serban, Robert Wilson.

Nel corso della serata ci sarà un dialogo tra Anna Bandettini, giornalista di Repubblica, e Jacopo Quadri, per approfondire il rapporto tra cinema e teatro».

Oltre alla memoria storica, gli archivi creano ponti tra il passato e le nuove generazioni. Come entra in dialogo l’archivio di Ronconi con le future generazioni?

«Lo spostamento dell’Archivio Ronconi risponde alla volontà del presidente della Biennale Roberto Cicutto di ridare vita agli archivi della Biennale con l’attivazione del nuovo Centro Internazionale della Ricerca sulle Arti Contemporanee che consentirà maggiori opportunità di ricerca, oltre che a valorizzare lasciti di artisti conservando e mettendo a disposizione degli studiosi i loro fondi. L’Archivio Ronconi è ricchissimo di suggestioni, che sono suggestioni storiche sul passato ma anche occasioni e stimoli per pensare il futuro».

In che modo?

«Luca Ronconi è stato un regista straordinario. Ci sono registi che fanno uno spettacolo rivoluzionario, che cambia la storia del teatro, e poi lavorano su quel modello lì per tutta la loro carriera. Ronconi ha cambiato la storia del teatro più e più volte, dall’Orlando Furioso che porta il teatro nelle piazze, a Le Baccanti dove aveva affidato tutte le parti della tragedia a Marisa Fabbri, o ancora se si pensa a Gli ultimi giorni dell’umanità, rappresentato dentro il Lingotto di Torino… Tutto il suo teatro ha rivoluzionato le possibilità della messa in scena: ciò che è naturale oggi, all’epoca Ronconi ha dovuto abbattere muri».

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