08 aprile 2024

In Scena: gli spettacoli e i festival della settimana, dall’8 al 14 aprile

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Una selezione degli spettacoli e dei festival più interessanti della settimana, dall'8 al 14 aprile, in scena nei teatri di tutta Italia

Dalla prove di Chi come me di Roy Chen regia di Shammah

In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dall’8 al 14 aprile.

Teatro e danza

CHI COME ME, DI ROY CHEN

La regista Andrée Ruth Shammah porta in scena il suo nuovo spettacolo Chi come me di Roy Chen. Una storia dolorosa, tenera, gioiosa, sulle ansie, fragilità e paure che bloccano nella loro solitudine cinque ragazzi di oggi, tra i 12 e i 18 anni, e su come, attraverso il teatro, trovano la via per guardarsi dentro, parlare con gli altri, vivere meglio. Una storia incredibilmente vera, frutto di un’esperienza reale e intima fatta da Chen con dei giovani affetti da disturbi psichici di varia natura (attacchi di rabbia, autismo, disturbo bipolare, schizofrenia, disforia di genere). Il testo, pubblicato da Casa Editrice Giuntina, ha origine dall’incontro dell’autore con il personale medico ed alcuni ragazzi ospiti di un centro di salute mentale di Tel Aviv avvenuto nel 2019, quando fu contattato e invitato a partecipare a una lezione di teatro. Da questo primo incontro è nata un’intensa frequentazione e l’idea di realizzare un testo per il teatro.

«Ho scritto un testo teatrale sul bambino che sono stato, sui miei amici, parte dei quali, sfortunatamente, non sono sopravvissuti all’età dell’adolescenza – precisa l’autore -. Speravo che questo testo potesse far salire, almeno un po’, il livello di compassione che è sempre a rischio di affievolirsi». In scena, a interpretare gli adolescenti, cinque giovani attori accanto a Sara Bertelà, Paolo Briguglia, Elena Lietti e Pietro Micci. Per l’occasione, gli spettatori sono accolti per la prima volta nella nuova Sala A2A, che è anche scenogra­fia dello spettacolo.

Dalla prove di Chi come me di Roy Chen regia di Shammah

“Chi come me” di Roy Chen, adattamento, regia e costumi Andrée Ruth Shammah, traduzione dall’ebraico Shulim Vogelmann, con in o.a. Sara Bertelà, Paolo Briguglia, Elena Lietti, Pietro Micci e con Amy Boda, Federico De Giacomo, Chiara Ferrara, Samuele Poma, Alia Stegani, allestimento scenico Polina Adamov, luci Oscar Frosio, costumi Simona Dondoni. Produzione Teatro Franco Parenti Rassegna La Grande Età. A Milano, Teatro Franco Parenti, dal 9 aprile al 4 maggio.

PINTER PARTY PER LINO MUSELLA

Tre testi di Harold PinterIl bicchiere della staffa, Il Linguaggio della montagna, Party Time – raccolti in un unico titolo Pinter party, che Lino Musella imbastisce andando ad indagare la poetica del più importante drammaturgo inglese contemporaneo. Per questo progetto sceglie di non essere in scena da solo, ma coinvolge un nutrito gruppo di attori a partire da Paolo Mazzarelli, suo storico partner artistico.

Andando con la memoria alla genesi del progetto, risalente agli anni della sua formazione, Musella scrive: «Già allora, nonostante la mancanza di esperienza umana e professionale, sentivo che quelle drammaturgie mi colpivano nel profondo, forse perché Pinter, come Eduardo e Shakespeare, è stato anche attore e le relazioni tra i personaggi e le dinamiche create in scena richiedono agli interpreti una spiccata sensibilità e la capacità di comprendere i contenuti più profondi. Nei tre lavori si alternano in racconti diversi le vicende dei tanti oppressori della Storia: hanno voci e volti di esseri umani, sono protagonisti assoluti, quasi a volte divertenti, sicuramente divertiti, messi dall’autore vicini a chi li guarda così da poterli osservare meglio; la condizione dei popoli oppressi è mostrata attraverso la rappresentazione degli oppressori. …Nel 2005 Harold Pinter riceve il premio Nobel per la Letteratura e il discorso pronunciato in quell’occasione è per me un ulteriore folgorante tassello della sua Opera. Quelle parole affidate al mondo, a noi, dentro e fuori il suo stesso teatro, proseguono e completano il lungo percorso artistico, intellettuale e poetico di un uomo che ha segnato profondamente la cultura del Novecento».

Pinter party

“Pinter party. Il bicchiere della staffa, Il Linguaggio della montagna, Party Time”, di Harold Pinter, regia Lino Musella, con Lino MusellaPaolo MazzarelliBetti PedrazziTotò OnnisEva CambialeGennaro Di BiaseDario IubattiIvana MaioneDalal Suleiman, scene Paola Castrignanò, costumi Aurora Damanti, musiche originali e disegno sonoro Luca Canciello, disegno luci Pietro Sperduti, video Matteo Delbò, coreografia Nyko Piscopo. Produzione Teatro di Napoli – Teatro Nazionale. A Napoli, Teatro Mercadante, dall’11 al 21 aprile.

IL BALLET DE L’OPÉRA GRAND AVIGNON IN ITALIA

Il Ballet de l’Opéra Grand Avignon, diretta da Emilio Calcagno, porta in Italia, in sette teatri, un doppio programma di coreografie sulle celebri note di Stravinsky e Ravel. Con L’Uccello di fuoco di Igor Stravinsky, Edouard Hue utilizza la sua potente e singolare gestualità adattando quest’opera in sintonia con il nostro tempo. Esplora ogni tableau con la luminosità che gli è abituale costruendo una coreografia grafica ed intensa che riflette lo stile animale che lo caratterizza. La gestualità di Hue nasce da ricerche basate sulla trasformazione corporale che portano gli interpreti ad esprimere al massimo la loro potenza e virtuosità.

Boléro. Monumento musicale e coreografico, il Boléro di Maurice Ravel nella coreografia di Hervé Koubi porta i tempi al centro del lavoro sviluppando una melodia avvolta instancabilmente su se stessa, simbolo femminile, alla quale si oppone il ritmo maschile che, aumentando di volume e d’intensità, finisce per risucchiarla. “Vorrei tendere un arco sensibile tra gli esseri umani – spiega il coreografo -… Coltivare ciò che ci avvicina. Immaginare la spirale ascendente musicale come elemento motore dell’energia portata da una danza che unisce. Un Boléro che suona come un inno all’incontro attraverso la danza”.

BALLET DE L’OPÉRA GRAND AVIGNON Bolero

Al Teatro Comunale di Bolzano il 9 aprile; a Legnago, Teatro Salieri, l’11; a Treviso, Teatro Del Monaco, il13; Treviso; a Chiasso, Cinema Teatro, il 14.

DIMITRIS PAPAIOANNOU ALLA NUVOLA DI ROMA

La rassegna EUR Culture presenta Inside del greco Dimitris Papaioannou. Il grande spazio della sala congressuale della Nuvola ospiterà in collaborazione con il Teatro dell’Opera di Roma l’installazione INSIDE, del visionario regista e poetico artista visivo Papaioannou che costruirà uno spazio a metà tra teatro e spazio espositivo, in cui il tempo si dilaterà e contrarrà scandendo i ritmi delle nostre vite nei ripetitivi gesti del vivere urbano contemporaneo. Lo spazio espositivo, trasformato in un ambiente domestico, si integrerà con la scena rendendo lo spettatore parte dell’installazione, squarciando il velo tra realtà e rappresentazione artistica, in una fascinazione ipnotica che si pone al confine tra introspezione e voyeurismo, tra la poeticità di un gesto che si ripete e la caducità dell’esistenza umana. Più che uno spettacolo un’esperienza sensoriale.

Inside di Dimitri Papaioannou

Il 14 aprile dalle ore 11 alle 17 (ultimo ingresso ore 16); il 15, dalle ore 17 alle 23 (ultimo ingresso ore 22); il 16, dalle ore 10 alle 16 (ultimo ingresso ore 15).

VALERIA E YOUSSEF, STORIA DI UNA MADRE E UN FIGLIO

Lo spettacolo si ispira a una storia vera, quella di una madre e di un figlio, del loro amore e di una fede che determinerà il loro destino. È anche l’espressione delle terribili conseguenze della ricerca e del bisogno di senso di un ragazzo di vent’anni, e un’intensa riflessione sulle manipolazioni di un sistema di potere che usa il sacro per affermare se stesso. È la storia di Valeria Collina e di suo figlio Youssef Zaghba, uno dei terroristi coinvolti nell’attentato di Londra del 3 giugno 2017.

Angela Dematté ha incontrato Valeria, e da questo incontro è nato lo spettacolo. Valeria non è musulmana, si è convertita per amore di un uomo, l’ha fatto con convinzione e determinazione, e ha poi educato i suoi figli a quella fede. L’adesione all’Islam di Valeria è un’evoluzione della sua personale ricerca di senso, di totalità, iniziata ancor prima di sposarsi, ai tempi dell’esperienza del Terzo teatro. Youssef ora ha vent’anni, e anche lui è in cerca della stessa totalità, di una pienezza di significati, ha sete di giustizia sociale e pretende per sé e per il mondo una dimensione sacra. Madre e figlio si confrontano. Il dialogo tra i due è serrato, i pensieri sono profondi, le domande dense di aspettativa. Ma qualcosa non è come Valeria l’aveva immaginata, c’è una zona d’ombra inquietante e spaventosa nelle parole di Youssef.

CTB, foto Valeria e Youssef, ph Luca Del Pia

Valeria e Youssef”, di Angela Dematté, regia Andrea Chiodi; con Mariangela Granelli e Ugo Fiore. Scene Guido Buganza, luci Cesare Agoni, costumi Ilaria Ariemme, video Sergio Fabio Ferrari, musiche Daniele D’Angelo. Produzione Centro Teatrale Bresciano. A Brescia, Teatro Mina Mezzadri dal 9 al 14 aprile.

FEDRA DI RACINE, TRA COLPA E PECCATO

Dopo aver affrontato negli anni le tragedie di Sofocle (Antigone) ed Euripide (Ifigenia in Aulide e Medea), con Fedra Federico Tiezzi – uno dei maestri della regia italiana – torna al mito greco, dirigendo sul palco Elena Ghiaurov nel testo di Jean Racine, scritto nel 1677 a partire da Ippolito di Euripide e Fedra di Seneca. Tiezzi sceglie la traduzione di Giovanni Raboni, a 20 anni dalla morte del poeta. Fedra è un dramma borghese, quasi un Ibsen ante-litteram che, pur imbevuto di cristianesimo giansenista e filosofia morale, è diventato nei secoli, dichiara Tiezzi, «la più grande opera sulla passione erotica che il teatro abbia mai prodotto».

«In una dimensione claustrofobica» prosegue «dove la ragione scompare sotto la violenza e la tensione del desiderio, i mostri che affiorano di continuo nelle parole dei protagonisti sono quelli dell’inconscio, ancestrali, interpretabili solo con l’ausilio della psicanalisi freudiana. E sotto la sublime, levigata musicalità del verso si rintracciano le figure e le azioni di una tribalità arcaica, dall’incesto all’uccisione del padre». La regia va a fondo nell’indagine dei personaggi, cogliendo le loro trasformazioni sotto la forza di un desiderio che si trasforma in colpa e in peccato e spingendosi alla suggestione di una vera e propria seduta psicanalitica.

Fedra, regia di Federico Tiezzi, ph © Gabriele Acerboni dalla prove

“Fedra”, di Jean Racine, traduzione di Giovanni Raboni, regia Federico Tiezzi, con Martino D’Amico, Valentina Elia, Elena Ghiaurov, Alberto Boubakar Malanchino, Marina Occhionero, Bruna Rossi, Massimo Verdastro; scena Franco Raggi, Gregorio Zurla e Federico Tiezzi, costumi Giovanna Buzzi, luci Gianni Pollini, canto Francesca Della Monica, movimenti coreografici Cristiana Morganti. Produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Fondazione Teatri di Pistoia, Compagnia Lombardi-Tiezzi. A Cesena, Teatro Bonci, dall’11 al 14 aprile; a Modena, dal 18 al 21.

LO ZIO VANJA DI LEONARDO LIDI

Seconda tappa del Progetto Čechov del regista Leonardo Lidi, la commedia, scritta e ambientata nel 1890 (ma potrebbe essere oggi), intreccia temi ricorrenti nelle opere maggiori di Čechov, basta guardare i personaggi: Zio Vanja amministra la tenuta del professor Serebrjakov, dove vive con la madre e con Sonja, figlia di primo letto del professore. Zio e nipote vivono una vita di lavoro e di affetti silenziosi e rinuncia alle speranze segrete. Quando il professore arriva con la sua seconda moglie Elena, la vita di campagna viene turbata: emergono le frustrazioni di Elena, delusa dalla vanità presuntuosa del marito, ma decisa a non rispondere all’amore di Vanja e al corteggiamento del dottor Astrov, di cui è segretamente innamorata Sonja. All’amarezza delle illusioni (di Sonja, di Elena, di Vanja e del dottore) si accompagna una riflessione di fondo sul senso della vita degli individui e sulle trasformazioni sociali (e anche sul rapporto fra uomo e natura). Quando Elena e il professore torneranno alla loro vita cittadina, ai più consapevoli Vanja, Sonja e Astrov, ecologista profetico, non resterà che tornare al silenzio operoso e rassegnato della loro solitudine.

ZIO VANJA

“Zio Vanja”, regia Leonardo Lidi, con Giordano Agrusta, Maurizio Cardillo, Ilaria Falini, Angela Malfitano, Francesca Mazza, Mario Pirrello, Tino Rossi, Massimiliano Speziani, Giuliana Vigogna, scene e luci Nicolas Bovey, costumi Aurora Damanti, suono Franco Visioli. Produzione Teatro Stabile dell’Umbria, in coproduzione con Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Spoleto Festival dei Due Mondi. A Roma, Teatro Vascello, dal 9 al 14 aprile; a Milano, Teatro Strehler, dal 16 al 21; a Napoli, Teatro Mercadante, dal 23 al 28. 

MARLENE MONTEIRO FREITAS A MILANO

Anni fa, all’uscita di un concerto jazz, Marlene Monteiro Freitas disegnò un piccolo personaggio e decise di chiamarlo “guintche”: nella sua lingua madre, il creolo portoghese, questa parola si riferisce a un uccello, a una prostituta o al passare a caso da un soggetto all’altro. Nel 2010, la coreografa ha scelto di dare vita a questo personaggio rendendolo protagonista di un assolo elettrizzante, Guintche (alla Triennale Milano Teatro, l’11 e 12 aprile), che ha rivelato al mondo il talento della performer capoverdiana, Leone d’Argento alla Biennale di Venezia.

A 14 anni dalla sua creazione, l’artista sceglie oggi di riprendere il suo lavoro più iconico in una inedita versione live, arricchita dalla presenza in scena di due vulcanici batteristi: con il volto imbronciato, gli occhi sporgenti, la lingua di fuori, ondeggiando in modo goffo, vestita da wrestler o da danzatrice, Monteiro Freitas incarna molteplici creature in un susseguirsi di istantanee che vedono alternarsi in scena un pugile, una marionetta, un’acrobata, un clown, trovando come sempre nel carnevalesco e nella fusione degli opposti il suo tratto distintivo. Una performance fatta di sudore e fatica muscolare, in cui il corpo diventa il campo di battaglia tra diverse creature in lotta.

Marlene Monteiro Freitas Ph José Caldeira

FLIC – FESTIVAL LANCIANO IN CONTEMPORANEA

La X edizione di FLIC – Festival Lanciano in Contemporanea diretto da Antonella Scampoli; dal 11 al 13 aprile 2024 il Teatro Comunale Fedele Fenaroli di Lanciano (CH), ospita una nuova proposta dedicata alla danza contemporanea: FLIC*35 – Vetrina Under 35, tre serate in cui si alterneranno 5 spettacoli di altrettanti/e artisti/e e compagnie italiane sotto i 35 anni, affiancati da momenti di incontro con il pubblico e talk, un ponte generazionale attraverso la scelta e la condivisione di tematiche attuali: si parlerà di rapporto tra genitori/figli con Hansel & Gretel Alteration di Compagnia Vidavè (11 aprile), di riscoperta delle tradizioni in Come Neve di Adriano Bolognino e POPoff di Compagnia Lost Movement (12 aprile), di violenza di genere attraverso From C. To You di Giovanni Careccia e Christian Consalvo e del rapporto uomo/ambiente con Africa di Ocram Dance Movement (13 aprile).

Verrà inoltre attivato il progetto tuttoFLICdanza, rivolto alle scuole di danza della regione Abruzzo che coniuga la pratica del fare danza con quella del vedere la danza all’interno di un percorso artistico e didattico altamente professionalizzante. Un percorso di masterclass appositamente organizzato per i centri di danza del territorio affiancato dalla visione degli spettacoli proposti dalla rassegna.

Adriano Bolognino, Come Neve, ph Francesco Aurisicchio

ANTEPRIMA PER RICCARDO BUSCARINI

Form0, il nuovo progetto coreografico di Riccardo Buscarini (anteprima l’11 aprile al PimOff di Milano) è tra i vincitori del bando di residenza per la danza contemporanea Citofonare PimOff 2023/24. Il perfetto equilibrio delle forme può essere appagante, ma anche inquietante: come può un dialogo essere possibile se vediamo noi stessi mentre guardiamo l’altro? Che cosa avviene se la somiglianza ci porta a fonderci l’uno nell’altro e a perdere la nostra identità? Partendo dal fascino per la simmetria e dai molteplici significati simbolici dello specchio nelle arti, in questo spettacolo di danza contemporanea Buscarini esplora la simmetria come luogo di disarmonia e conflitto.

Form0 riesce a unire la storia dell’arte, a cui si ispira per parlare del concetto di simmetria, ai linguaggi dell’arte performativa. Per questo lo spettacolo è seguito da un incontro sul tema della simmetria in ambito artistico intitolato A specchio: la simmetria nell’arte, con Francesca Cattoi (Fondazione Prada, Milano), modera Alessandro Iachino (Stratagemmi Prospettive Teatrali). L’incontro fa parte di dance circle, curato dalla rete dance card, in collaborazione con Stratagemmi Prospettive Teatrali.

Form0 di Riccardo Buscarini

ALDO MORO, SE CI FOSSE LUCE

«Se ci fosse luce, sarebbe bellissimo», scriveva Aldo Moro a sua moglie durante i giorni del sequestro, poco prima di morire. Francesca Garolla, autrice attiva in Italia e in Francia, firma testo e regia di Se ci fosse luce, spettacolo che, a partire dai fatti del sequestro Moro, si interroga sul libero arbitrio e sulle sue possibili conseguenze. A partire dalla famosa telefonata del 9 maggio 1978 in cui Valerio Morucci, esponente delle Brigate Rosse e “responsabile della logistica” del rapimento di Aldo Moro, comunica all’avvocato Francesco Tritto la morte del Presidente della DC, Garolla analizza le conseguenze della storia collettiva sul singolo individuo e sul futuro. La nota telefonata diviene dunque un pre-testo per riflettere sul peso di un’eredità che sembra ancora condizionarci.

Ma chi si prende, oggi, la responsabilità di quell’eredità? Chi si prende la responsabilità del passato nel presente? E chi quella del presente e del futuro?» Da queste domande nascono i quattro personaggi dello spettacolo e le loro differenti “responsabilità”: sono due uomini e due donne, i primi incarnano un passato che ha condizionato il presente e le seconde analizzano quel passato per costruire il loro futuro.

Se Ci Fosse Luce ©LAC Lugano Arte e Cultura, ph. Luca Del Pia

“Se ci fosse luce”, testo e regia Francesca Garolla, con (in o.a.) Giovanni Crippa, Angela Dematté, Igor Horvat, Anahì Traversi, scene Davide Signorini, costumi Margherita Platé, disegno luci Luigi Biondi, suono Emanuele Pontecorvo. Produzione LAC Lugano Arte e Cultura, in coproduzione con Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale. A Modena, Nuovo Teatro delle Passioni, dal 12 al 21 aprile.

GLI INVISIBILI DI PALERMO E IL TRIONFO DELLA MORTE

Aurélien Bory, coreografo e regista francese di fama internazionale, da sempre affascinato dalle contaminazioni linguistiche e culturali, ha realizzato uno spettacolo che nasce dalla sua “infatuazione” per la città di Palermo. invisibili è il risultato di diversi sopralluoghi del regista in città, di incontri con cittadini e artisti, di riflessioni sull’arte, la storia, le bellezze e le contraddizioni di Palermo. Si tratta di uno spettacolo multidisciplinare di teatro, musica e danza, che a partire dal Trionfo della Morte di Palazzo Abatellis e da altre suggestioni legate alla città di Palermo, propone un percorso poetico sulla funzione dell’arte, ma anche uno scavo sull’attualità, sulle relazioni, l’identità e la complessità del contemporaneo.

«Naturalmente ho immaginato l’affresco nel contesto attuale – spiega Bory – che esprime i flagelli della nostra epoca: le morti dei migranti, la guerra, le catastrofi naturali. Sulla tela sono rappresentati artisti, musicisti, danzatrici… Sono esattamente gli artisti che ho incontrato per primi a Palermo. …Con loro l’affresco al centro della scena si anima e, attraverso la loro danza, assume un’altra dimensione. Per gli artisti l’immagine costituisce uno spartito drammaturgico vertiginoso, un insieme di scene invisibili che si offrono alla recitazione, a condizione che le si guardi ancora una volta, prima che l’affresco si sgretoli definitivamente e scompaia per sempre».

Invisibili di Aurelièn Bory

“Invisibili”, progetto, scenografia e regia Aurélien Bory, con Blanca Lo Verde, Maria Stella Pitarresi, Arabella Scalisi, Valeria Zampardi, Chris Obehi e Gianni Gebbia, musiche Gianni Gebbia, Joan Cambon, luci Arno Veyrat, scene realizzate da Pierre Dequivre, Stéphane Chipeaux-Dardé, Thomas Dupeyron. Produzione Teatro Biondo Palermo / Compagnie 111 – Aurélien Bory, in coproduzione con Théâtre de la Ville-Paris, in collaborazione con Fondazione TPE – Teatro Piemonte Europa. A Torino, Teatro Astra, dall’11 al 14 aprile.

CRUDO, FESTIVAL DI DANZA CONTEMPORANEA E PERFORMING ARTS

La terza edizione di CRUDO, Festival di danza contemporanea e performing arts di Bologna, a cura di Leggere Strutture Art Factory (dal 10 al 18 aprile) va in scena il 10, 11, 17 e 18 aprile al Teatro Dehon, che si conferma centro sinergico di idee e progetti sulla giovane danza contemporanea, e il 14 aprile, al Parco 11 Settembre per lo spettacolo in urbano Terzo Compendio partiture fisiche di Anna Albertarelli, performance di integrazione di danza e disabilità, dal laboratorio CorpoPoetico®.

Il Festival, che nasce per dare spazio ad artisti emergenti del panorama della danza contemporanea nazionale ed internazionale, ha l’obbiettivo di portare in scena nuove energie creative, che intraprendono un percorso innovativo ed esperienziale, con tecniche e focus inediti. Per la danza contemporanea il coreografo e danzatore Carlo Massari, che presenta Metamorphosis | Larva: un nuovo, delicato progetto di ricerca sul sottile confine tra uomo e bestia, un’indagine sulle trasformazioni, sul cambiamento, l’alterazione fisica e spirituale dell’essere, la ricerca della propria natura, identità, forma; Angry Butterfly, di e con Riccardo De Simone.

Tra gli altri appuntamenti le performances dal titolo Tandem Triple Bill, una produzione DNA – Associazione Culturale DaNzA APS. Tre significativi lavori coreografici con: Counterpoints – Working Title, di Adriana Borriello, Practice Ina con la coreografia di Sharon Fridman e assistente Tomer Navot, e Per Primo, Il Mio Nome di Elisa Pagani.

Metamorphosis di e con Carlo Massari

LA SIGNORINA JULIE, DA STRINDBERG

Una tragedia, a detta dal suo stesso autore, «naturalistica» e «che farà epoca»: Strindberg, nel 1888, è pienamente cosciente di aver scritto un’opera che lascerà il segno, ma il suo dramma, letto oggi, supera addirittura la consapevolezza che ne aveva lo scrittore. Intercettando lo zeitgeist con precisione chirurgica e con lucidità persino crudele, La signorina Julie mette in scena personaggi che sono – per usare le parole del drammaturgo svedese – «Conglomerati di stadi culturali passati ed attuali, stralci di libri e giornali, frammenti d’umanità, sbrendoli di abiti festivi fattisi cenci, proprio come è assemblata l’anima».

Nella notte di festa che inaugura l’estate, all’interno della cucina di una nobile dimora, la contessina Julie ingaggia un gioco di seduzione con Jean, il servitore del padre. La schermaglia amorosa diventa subito pericolosa: per via del molto bere che fa ben presto perdere il controllo, per la dimensione proibita data dal diverso rango sociale dei personaggi, per l’abisso di perdizione spalancato dalle reciproche confessioni.

JULIE Teatro Franco Parenti

“JULIE”, da La signorina Julie di August Strindberg, dramaturg Maddalena Mazzocut-Mis, regia Paolo Bignamini, con Matteo Bonanni e Maria Laura Palmeri. Produzione Centro Teatrale Bresciano, in collaborazione con Università degli Studi di Milano. A Milano, teatro Franco Parenti, Sala Treno Blu, dal 10 al 14 aprile.

IL SHIBUI COLLECTIVE A L’ARTE DELLO SPETTATORE 

La rassegna di danza contemporanea L’Arte dello Spettatore del Network Internazionale Danza Puglia, programma lo spettacolo Restep, domenica 14 aprile, al Teatro Traetta di Bitonto firmato dalla coreografa giapponese Emi Miyoshi e interpretato dallo Shibui Collective. Una performance corale che traduce le molteplici sfaccettature, l’atmosfera e la vitalità delle danze popolari tradizionali in un’energica variante moderna e interculturale. Il materiale motorio derivato dalle danze tradizionali viene portato in un nuovo contesto culturale in cui il linguaggio coreografico viene reinterpretato dai danzatori Anna Kempin, Katharina Ludwig, Marcella Centenero, Davide Degano, Giorgos Michelakis accompagnati in scena dal percussionista Konrad Wiemann.

SHIBUI è una parola giapponese che si riferisce all’estetica della bellezza semplice, umile e rara, una bellezza che può offendere e lasciare un retrogusto amaro. Negli ultimi anni, Emi Miyoshi ha esplorato i sentimenti di solitudine e connessione in vari modi. Il suo lavoro artistico affronta in modo toccante il sentimento di alienazione sociale ed emotiva.

ReStep © Doradzillo

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