In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 12 al 18 dicembre.
TEATRI DI VETRO
Otto giorni di incontri, performance, spettacoli, congegni scenici, studi per la 16^ edizione di Teatri di Vetro, il festival che indaga i processi di creazione delle arti sceniche contemporanee. Dall’11 al 18 al Teatro India di Roma e al Teatro del Lido di Ostia, “Oscillazioni”, programma performance, elaborati scenici, opere, dispositivi, co-creazioni di 20 compagnie di artisti.
Attraverso strategie performative diverse – spettacoli teatrali, conferenze-spettacolo, pezzi di danza, performance, pratiche corporee, installazioni performative, sperimentazioni musicali, progetti di partecipazione – e una pluralità di attività – laboratori, sessioni di lavoro, seminari, spettacoli, performance – Teatri di Vetro pone l’attenzione oltre che sull’opera, sul processo creativo, creando le condizioni per nutrire la relazione con lo spettatore.
Fittissima la presenza di artisti: Fanny&Alexander, Chiara Frigo, Biancofango, Alessandra Cristiani, Opera Bianco, Teatrino Giullare, Carlo Massari, Giuseppe Vincent Giampino, Riccardo Guratti, Greta Francolini, Paola Bianchi, Compagnia Teatro Akropolis, Giuseppe Muscarello, Daria Greco/Jacopo Ruben Dell’Abate, Michael Incarbone/Erica Bravini, Novi_sad, Carmentalia/La Confraternita del Chianti/NdN, Lobefaro/Giansante, ADA Collettivo informale per la scena. Nel programma, il 18 dicembre, due produzioni di Teatro Akropolis: il film su Gianni Staropoli “La parte maledetta. Viaggio ai confini del teatro” regia di Clemente Tafuri e David Beronio, e il nuovo spettacolo “Apocatastasi” che mostra con il linguaggio del mito, e negando il principio di identità, l’immagine della nascita e della rinascita, la natura oscura di un processo di trasformazione continuamente in atto.
EDIPO RE. UNA FAVOLA NERA
Un viaggio visionario e musicale in compagnia di Edipo, “colui che sogna i sogni profondi”. Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, autori e registi di questo progetto, reinventano il rito della tragedia con sguardo contemporaneo: l’uso delle maschere, i costumi materici di Antonio Marras, che divengono presenze scenografiche, come anche il cast tutto maschile “allontanano il racconto da ogni realismo per avvicinarlo a una dimensione onirica, capace di emozionare e di parlare all’inconscio”. Quattro interpreti si dividono la scena dando corpo e voce a tutti i personaggi di questo mito: Ferdinando Bruni e tre attori “under 35” di grande talento.
“Edipo re. Una favola nera”, drammaturgia, regia e scene Ferdinando Bruni e Francesco Frongia, con Edoardo Barbone, Ferdinando Bruni, Mauro Lamantia, Valentino Mannias; costumi di Antonio Marras realizzati da Elena Rossi e Ortensia Mazzei, maschere Elena Rossi – luci Nando Frigerio – suono Giuseppe Marzoli. Produzione Teatro dell’Elfo, con il contributo di Next. A Roma, Teatro Parioli, dal 14 al 18 dicembre.
IL BARABBA DI TARANTINO
Per la prima volta in scena il testamento spirituale, scritto nel 2010, di Antonio Tarantino, drammaturgo che ha segnato il teatro italiano con i suoi personaggi profondamente umani. A interpretare Barabba è l’attore Michele Schiano di Cola: l’opera fa parte di un ciclo – “La casa di Ramallah”, “Namur”, “Cara Medea” e “Piccola Antigone” – che da tempo la regista Teresa Ludovico ha voluto dedicare al lavoro del Maestro, scomparso nel 2020.
Del suo incontro con Tarantino, la stessa Ludovico scrive: «…I suoi personaggi, spesso portatori di mitiche ferite, chiedono all’attore di essere incarnati così come si presentano: nudi e crudi, senza nessun giudizio. Frequentando negli anni il Maestro ho compreso la sua necessità di scorticare le belle parole per trovare la voce, magari rauca, di quella umanità che ha paura dell’altro, che si sente continuamente minacciata e che vive di doppiezza. Le storie di Tarantino si svolgono in interni, in spazi chiusi, ma sono sempre il riflesso del fuori e della Storia. Con leggerezza e ironia riesce a coinvolgere lo spettatore in temi di grande impegno sociale. Un teatro politico?!».
“Barabba”, di Antonio Tarantino, regia Teresa Ludovico, spazio scenico e luci Vincent Longuemare, con Michele Schiano di Cola, cura della produzione Sabrina Cocco assistente alla regia Domenico Indiveri. Produzione Teatri di Bari/Kismet. A Bari, teatro Kismet, dal 16 al 18 dicembre.
IN NOME DEL PADRE
Accompagnato nella drammaturgia dall’illuminante supporto psicanalitico di Massimo Recalcati, Mario Perrotta, veste i panni del padre nel primo capitolo di una nuova trilogia dedicata alla famiglia. «Un padre. Uno e trino. Niente di trascendentale: nel corpo di un solo attore tre padri diversissimi tra loro per estrazione sociale, provenienza geografica, condizione lavorativa. Sulla scena li sorprendiamo ridicoli, in piena crisi di fronte al “mestiere più difficile del mondo”. I figli adolescenti sono gli interlocutori disconnessi di altrettanti dialoghi mancati, l’orizzonte comune dei tre padri che, a forza di sbattere i denti sullo stesso muro, si ritrovano nudi, con le labbra rotte, circondati dal silenzio. E forse proprio nel silenzio potranno trovare cittadinanza le ragioni dei figli».
“In nome del padre”, di e con Mario Perrotta, consulenza alla drammaturgia Massimo Recalcati, collaborazione alla regia Paola Roscioli, aiuto regia Donatella Allegro, costumi Sabrina Beretta, musiche Giuseppe Bonomo, Mario Perrotta. Produzione Teatro Stabile di Bolzano. A Maniago (Pn), il 14; a Tuoro sul Trasimeno (Pg), Teatro dell’Accademia, il 15 dicembre.
COSÌ È (O MI PARE) IN VR
Un’esperienza unica che fonde tecnologia, spettacolo dal vivo e letteratura con il progetto speciale “Così è (o mi pare)”: una riscrittura per realtà virtuale di Così è (se vi pare) di Luigi Pirandello, adattato e diretto da Elio Germano e con la partecipazione di Isabella Ragonese e di Pippo Di Marca (all’Argot Studio di Roma, dal 16 al 18 dicembre). La pièce in VR proietta il pubblico, attraverso visore e cuffie, proprio dentro allo spettacolo: nei panni (in soggettiva) del Commendator Laudisi – personaggio appositamente inventato e non presente nel copione originale pirandelliano – un anziano in sedia a rotelle, padre di Lamberto, ruolo che Germano ha riservato per sé. Pensato per essere realizzato in realtà virtuale, un nuovo strumento tecnologico, tra cinema e teatro, in grado di porre lo spettatore al centro della scena, lo spettacolo cala il testo pirandelliano nella società moderna, dove “spiare” l’altro risulta ancora più semplice grazie all’uso dei nuovi media.
LO SMARRIMENTO DI LUCIA MASCINO
Lo spettacolo segna l’incontro artistico di due indiscutibili talenti: l’attrice Lucia Mascino e la drammaturga e scrittrice Lucia Calamaro «“Smarrimento” è un dichiarato elogio degli inizi e del cominciare», spiega l’autrice, «di quel momento in cui la persona, la cosa, il fatto, appare o sbuca, ci incrocia insomma, creando presenza dove prima c’era assenza». «L’unica gioia al mondo è cominciare» come sosteneva Cesare Pavese. Questo topoi fiorisce attraverso la figura di una scrittrice in crisi, oramai da un po’, che ha dei personaggi iniziali di vari romanzi che non scriverà mai, perché non riesce ad andare avanti. Gli editori, per sfangare l’anticipo, le organizzano reading/conferenze in giro per l’Italia, in modo da tirar su qualche economia mentre lei non produce niente di nuovo e in un colpo solo riuscire a vendere all’uscita degli eventi, qualche copia delle vecchie opere. Quando non si riesce a continuare, non si può che ricominciare».
“Smarrimento”, uno spettacolo scritto e diretto da Lucia Calamaro, per e con Lucia Mascino, scene e luci Lucio Diana, costumi Stefania Cempini. Produzione Marche Teatro. A Tortona Teatro Civico, il 17 dicembre, a Vigone Teatro Selve, il 18. In tournée da gennaio ad Asti, Cuneo, Pordenone, Busseto, Bologna, e altre città.
DON GIOVANNI INVOLONTARIO
Questo di Brancati, è un testo inconsueto e affascinante, parente stretto del “Bell’Antonio” e di “Paolo il caldo”, attraversa le tappe amorose di un borghese pigro e mammone, collezionista di donne fino al disgusto, che ha scelto per le sue imprese galanti una bella casa accanto al cimitero. L’attore Fabrizio Falco è Francesco Musumeci, un venticinquenne dagli slanci amatori ossessivi, poi un quarantacinquenne che abbandona la sposina giovane e, infine, un cinquantottenne in pieno disfacimento già sul letto di morte. Come il suo modello-mito ha un doppio tradito dalla bruttezza che partecipa a ogni avventura, Rosario Zappulla, fedele fino allo scambio di ruolo come Sganarello con Don Giovanni.
Nel sogno, Francesco crede di essere arrivato alle soglie dell’aldilà. Un diavolo e un angelo devono giudicare il disgraziato peccatore che ha sofferto una via crucis erotica sterile e ripugnante. L’intero teatro diventa così aula del processo finale. Al dissoluto punito che si aspetta l’Inferno del padre-padrone tocca invece il Paradiso dove lo attende la madre. “Don Giovanni involontario” è teatro di furori carnali e baruffe da commedia amara che si fa via via trasfigurazione onirica tra vita e morte.
“Don Giovanni involontario”, di Vitaliano Brancati, regia Francesco Saponaro, con Fabrizio Falco, Antonio Alveario, Giovanni Arezzo, Simona Malato, Annibale Pavone, Claudio Pellegrini, Chiara Peritore, Irene Timpanaro, Daniela Vitale. Produzione Teatro Biondo Palermo / Associazione Casa del Contemporaneo di Salerno. A Palermo, Teatro Biondo, dal 9 al 18 dicembre.
IL SETTIMO SENSO DI MOANA POZZI
Un immaginario dialogo tra una donna e un uomo scritto da Ruggero Cappuccio. Lo stupore deflagra quando l’uomo si accorge che la presenza femminile è in tutto e per tutto uguale a Moana Pozzi (interprete Euridice Axen). Lei coglie la sua sorpresa e gli parla. Lo irretisce in un dialogo misterioso ed enuncia la sua idea di pornografia, lanciando, provocatorie affermazioni contro il potere, la politica, l’arrivismo. Il dialogo diventa serrato e seduttivo. La donna spiazza lo scrittore dicendogli che lui sta sicuramente progettando di scrivere un articolo- rivelazione sulla falsa morte di Moana Pozzi. Gli propone un affascinante gioco notturno e gli spiega che lui avrà una notte per decidere se corteggiarla o tradirla con uno scoop giornalistico.
«Ho voluto cogliere, attraverso questa strana storia di seduzione tra una porno-diva e un uomo – spiega la regista Nadia Baldi – tutto quello che può passare come messaggio trasversale. Attraverso le parole del personaggio femminile che aprono ad una possibile analisi critica sulla pornografia, tocchiamo quelli che sono i più profondi, ancestrali e arditi sensi che muovono il potere e la violenza dell’essere umano».
“SETTIMO SENSO – Moana Pozzi”, di Ruggero Cappuccio, regia di Nadia Baldi, con Euridice Axen, costumi Carlo Poggioli, musiche Ivo Parlati, luci e scene Nadia Baldi. Produzione Teatro Segreto. A Milano, Teatro Franco Parenti, dal 13 al 18 dicembre, e a Roma, Teatro Parioli dal 18 al 22 gennaio 2023.
KOLLAPS DEL MULINO DI AMLETO
Se tu sapessi che il mondo finisse a mezzanotte come ti comporteresti? Sembra l’inizio di un gioco per bambini, in realtà è il presupposto da cui parte Kollaps, testo profetico del drammaturgo tedesco Philipp Löhle scritto nel 2015 e presentato da Il Mulino di Amleto per la prima volta in Italia nel 2020 al Teatro Carignano nell’ambito di Summer Plays. Quanti sogni resteranno irrealizzati? Quante azioni non compiute? A quali errori non potremo più porre rimedio? Ma soprattutto: ha ancora senso questa corsa irrefrenabile verso il precipizio in un mondo di cui sappiamo la data della fine? Kollaps è una metafora dolce-amara di un Occidente che continua a correre disperatamente quando la corsa è finita da un pezzo, quando le risorse si stanno sgretolando, quando il cellulare ha smesso di funzionare.
“Kollaps/Collasso”, di Philipp Löhle, traduzione Clelia Notarbartolo, con Roberta Calia, Yuri D’Agostino, Barbara Mazzi, Raffaele Musella, Angelo Tronca, musiche originali Gianmaria Ferrario, regia Marco Lorenzi, visual concept e video Eleonora Diana, sound designer Giorgio Tedesco, luci Link-Boy (Eleonora Diana & Giorgio Tedesco). Uno spettacolo de Il Mulino di Amleto, produzione A.M.A. Factory, in coproduzione con Teatro delle Briciole Solares Fondazione delle Arti. A Savigliano, Teatro Milanollo, il 18 dicembre.
IL COLLEZIONISTA DI VOCI TRA BECKETT E JOYCE
Un individuo assai originale trascorre i suoi giorni dentro a una stanza, parlando una lingua comprensibile solo a tratti che si diverte a riascoltare tramite registrazioni fatte nel corso di una vita. La sua principale attività è quella di custodire il tempo dentro a piccole scatole catalogate una ad una. Chiuso in uno spazio limitato, questo piccolo uomo inventa e gioca, combatte la solitudine dialogando con un mondo che prende vita intorno a lui. Un mondo, il suo, fatto di voci che fuoriescono dalle scatole-giocattolo: gli anni, gli eventi, i fatti storici, tutto riemerge a colorare un’esistenza trascorsa con l’unico intento di fermare il tempo, senza avere il coraggio o la forza di uscire da quella stanza per prendere parte alla vita che è scorsa e che continua a scorrere.
Sul palcoscenico, in un’atmosfera che omaggia il teatro di Samuel Beckett e la scrittura di James Joyce, la storia d’Italia dagli anni ‘60 ad oggi attraverso la testimonianza inedita – registrata su magnetofono, poi reinterpretata dall’attore e regista – di chi ha vissuto ogni evento da dietro le mura di una struttura sanitaria. Il debutto sarà anticipato, alle 18:30, da un incontro con il traduttore Fabio Pedone e il dantista Massimo Seriacopi.
“Senza”, di e con Matteo Pecorini, il 15 dicembre al Teatro Cantiere Florida di Firenze.
“CARNE” FOCUS DI DRAMMATURGIA FISICA
La rassegna di danza di ERT, curata dalla danzatrice e coreografa Michela Lucenti, intreccia la sua programmazione con il progetto “Come devi immaginarmi”, dedicato a Pier Paolo Pasolini, con tre appuntamenti tra Bologna e Modena, dal 10 al 17 dicembre, ideato dal direttore di Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale Valter Malosti insieme al critico d’arte, scrittore e accademico Giovanni Agosti in occasione del centenario della nascita del poeta bolognese.
“Davidson”, un lavoro di Maurizio Camilli e Michela Lucenti, liberamente tratto “Il Padre Selvaggio” di Pasolini, un abbozzo di sceneggiatura scritta nel 1962 e pubblicata postuma nel fatale 1975, va in scena al Teatro Arena del Sole di Bologna, il 16 e 17 dicembre. Al DAMSLab/Teatro (Piazzetta P.P. Pasolini 2/b), martedì 13, dalle 16.00 alle 18.30, si terrà il convegno “P.P.P. in danza. La coreografia italiana contemporanea e l’eredità vivente di Pasolini”, curato dalle studiose Elena Cervellati ed Elisa Guzzo Vaccarino e dedicato alla relazione tra la danza e la poetica dell’artista bolognese. Il 14 e 15 al Teatro delle Moline va in scena il primo studio di “Lampyris Noctiluca” prodotto da ERT e Ass. Cult. Nexus – Aps, del performer e coreografo Aristide Rontini che si avvicina all’ampio corpus poetico di Pasolini lasciandosi, come lui stesso scrive, «Attraversare da esso alla ricerca di un nucleo di risonanze e sintonie che legano il mio oggi al suo ieri». L’artista trae ispirazione dalla lucciola, un’immagine poetica contenuto negli “Scritti corsari” e che Pasolini utilizzò per definire la linea di demarcazione tra due tempi: quello prima della scomparsa del luminoso insetto e quello dopo.
ELEGIA DELLE COSE PERDUTE
Lo spettacolo è una riscrittura in danza dal romanzo “I Poveri” dello scrittore e storico portoghese Raul Brandao. Il paesaggio evocato da questo riferimento letterario, in bilico tra crudo, aspro, onirico e illusorio, ha la forma dell’esilio, della nostalgia, della tedesca sehnsucht, della memoria come materia che determina la traccia delle nostre radici e identità e, al con- tempo, la separazione da esse e il sentimento di esilio morale che ne scaturisce: sogno di ritorni impossibili, rabbia di fronte al tempo che annienta, commiato da ciò che è perduto e che ha scandito la mappa del nostro viaggio interiore. I quadri che compongono la narrazione diventano la mappa di un viaggio nei luoghi (interiori) dei personaggi de “I Poveri”: figure derelitte e però goffe al limite del clownesco, accomunate dal medesimo sentimento di malinconica nostalgia e desiderio di riscatto… ed ecco che di colpo svanisce ogni idea di miseria o povertà possibile, non esiste più niente che possa essere davvero perduto.
“Elegia delle cose perdute”, coreografia Stefano Mazzotta, soggetto, regia e coreografia, costumi e scene Stefano Mazzotta, creato con e interpretato da Alessio Rundeddu, Amina Amici, Damien Camunez, Gabriel Beddoes, Manuel Martin, Miriam Cinieri, Riccardo Micheletti, collaborazione alla drammaturgia Anthony Mathieu, Fabio Chiriatti luci Tommaso Contu, produzione Zerogrammi, coproduzione Festival Danza Estate – Bergamo (It), La meme balle – Avignon (Fr), La Nave del Duende – Caceres (Sp). A Narni, Teatro Manini, il 16 dicembre.
LO SCHIACCIANOCI DEL BALLETTO DEL SUD
Il sogno di Clara, la battaglia dei topi, il viaggio fantastico, vengono narrati nella favola natalizia di Cajkovskij, ideata sul racconto di Hoffman “Il principe Schiaccianoci ed il Re dei topi”. Lo spettacolo del coreografo Fredy Franzutti, coniuga, con efficacia, le testimonianze della messa in scena originaria di Petipa – Ivanov (primi coreografi de “Lo Schiaccianoci) ad un impianto drammaturgico nuovo ispirato al mondo gotico del regista Tim Burton ricostruito da sontuose scene e spettacolari costumi. I bellissimi temi musicali che si animano con le scene di festa sotto l’albero di Natale, fanno del balletto un titolo particolarmente amato dal pubblico per il suo richiamo alle calde atmosfere familiari natalizie. Interpreti di questo Schiaccianoci, sono i ballerini del Balletto del Sud, una solida realtà internazionale che colleziona, dal 1995 – anno della fondazione, successi nelle numerose tournée italiane ed europee. Il critico Vittoria Ottolenghi, sul settimanale “L’Espresso”, così recensì lo spettacolo al suo debutto: «“Lo Schiaccianoci” del Balletto del Sud è un miracolo di trucchi scenografici, di scene a trasformazione, dal respiro regale. Con danzatori di alta qualità, non solo è molto meglio di tutti i prodotti del genere che importiamo dall’est durante le feste natalizie, ma non ha nulla da invidiare a molte griffate edizioni del nord Europa».
A Modena, Teatro Comunale, il 14 dicembre.
TRAJAL HARRELL ALLA TRIENNALE
Prodotto in collaborazione con alcune tra le principali istituzioni europee, Dancer of the Year è un solo ideato e interpretato da Trajal Harrell, figura di riferimento della danza internazionale e del voguing. L’artista americano ha deciso di creare questo lavoro dopo aver appreso del conferimento del Premio come Dancer of the Year 2018 da Tanz Magazine (il più importante magazine europeo dedicato alla Danza). Il riconoscimento lo ha portato a interrogarsi profondamente sul proprio status e sulla propria identità di danzatore. In un dispositivo scenico intimo, Harrell condivide il suo lavoro fisico con il pubblico, offrendo la sua danza come un dono, ripetendo i gesti e rivisitando i movimenti e le strategie coreografiche messi in atto nei propri lavori, attraversando e accumulando emozioni: riflettere sulla propria eredità di coreografo e danzatore significa rievocare il proprio linguaggio artistico e interrogare le strategie messe in atto attraverso gli anni per presentare e “performare” la propria identità.
“Dancer of the Year”, coreografia, interpretazione, costumi, design sonoro Trajal Harrell, drammaturgia Sara Jansen. Produzione CauseCélèbre vzw; coproduzione Kunstenfestivaldesarts, Kanal – Centre Pompidou, Impulstanz Festival, Schauspielhaus Bochum, Bit Theatergarasjen, Festival d’Automne à Paris, Lafayette Anticipation, Museum Ludwig, Dampfzentrale Bern, Schauspielhaus Zürich. A Milano, Triennale, dal 15 al 17 dicembre.
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