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In Scena è la rubrica dedicata agli spettacoli dal vivo in programmazione sui palchi di tutta Italia: ecco la nostra selezione della settimana, dal 15 al 21 aprile.
Danza e teatro
TRITTICO DEL BALLET PRELJOCAJ A PARMA
Una serata a trittico del Ballet Preljocaj chiude ParmaDanza 2024 il 20 aprile: in prima nazionale Torpeur, la nuova creazione di Angelin Preljocaj per dodici ballerini, e due creazioni divenute iconiche della compagnia francese, Annonciation (1995) e Noces (1989). Evocare corpi, spazio e tempo, dare una forma all’indolenza, trovare un ritmo alla lentezza”: si riassume così la ricerca che Preljocaj conduce in Torpeur, creazione per dodici danzatori, con i costumi di Eleonora Peronetti, le luci di Éric Soyer, le musiche di 79D.
«Il torpore – scrive il coreografo – è uno stato del corpo tra stupore, prostrazione, nonchalance, sconforto e abbandono, uno stato che evoca una rinuncia, provoca una sospensione nel tempo e nello spazio che mette in discussione l’urgenza di muoversi, respingendola via, verso un futuro indefinito. Questo stato del corpo può generare anche una forma di sensualità o addirittura una grazia languida. Crollare diventa allora un’epifania, un delizioso languore».
Annonciation è ispirata a uno dei temi più ricorrenti dell’iconografia cristiana, quello dell’Annunciazione. Nei corpi di due danzatrici, su musiche di Stéphane Roy e di Antonio Vivaldi, Preljocaj ne indaga il mistero più profondo, tra misticismo, carnalità e umanità, per rappresentare l’attimo in cui il momento della rivelazione dell’Angelo sconvolge il corpo di Maria. Uno dei lavori più iconici della compagnia è Noces, sulle note dell’omonimo poema coreografico di Igor’ Stravinskij. Tra folclore russo e suggestioni legate alla terra natale del coreografo, l’Albania, cinque coppie di danzatori danno vita a un rito feroce, per rappresentare, anche attraverso le bambole di pezza in scena, la barbarie dei matrimoni forzati.
IL SOLE DI HERVÉ KOUBI A VICENZA
Torna a Vicenza, per “Danza in Rete Festival” il coreografo franco-algerino Hervé Koubi con la nuova creazione Sol Invictus (18 aprile al Teatro Comunale di Vicenza). Se l’esplorazione della memoria personale e delle sue origini algerine era stata alla base di precedenti importanti lavori, Sol Invictus rappresenta, per Koubi, un fervente inno al potere salvifico della danza. In scena i 15 giovani danzatori danzano insieme ma soli, interconnessi ma autonomi; per la prima volta nella Compagnie Hervé Koubi – con danzatori provenienti da mondi diversi (alcuni formati in luoghi estremi, come l’Amazzonia o la Siberia) e in un mix eclettico che include anche, nella danza, l’hip hop e la street dance -, sono presenti tre danzatrici donne col loro stile personale, potente.
«È uno spettacolo molto politico – ha spiegato il coreografo – perché se possiamo danzare insieme possiamo vivere insieme. Abbiamo radici comuni molto più antiche delle nazioni, i confini sono stati disegnati in certi momenti della storia, ma non vogliamo leggere quella storia. Una storia mediterranea che è legata a tutte le altre storie del mondo. Quello che io voglio creare è un’eco della nostra storia comune». Ma l’ispirazione dello spettacolo è profondamente radicata anche nella fascinazione per il cosmo e per tutte le forme di vita.
La partitura musicale è composta da composizioni di Mikael Karlsson e Maxime Bodson, da opere del repertorio di Steve Reich (Quattro Sezioni) e dalla Sinfonia n. 7 in la maggiore Op. 92 di Beethoven. La scenografia ha al centro una grande tela dorata, simbolo del sole.
SANTA GIOVANNA DEI MACELLI, DI BRECHT
Lo spettacolo, che chiude il Focus Lavoro di ERT porta sul palcoscenico i temi dell’economia, la speculazione finanziaria, lo sfruttamento dei lavoratori: cuore pulsante del dramma di Bertold Brecht, divenuto un classico del Novecento, scritto in seguito al grande crollo della borsa di New York del 1929, che condusse, gli Stati Uniti prima e l’Europa poi, a dieci anni di crisi economica, fallimenti di industrie, abbandono delle terre, disoccupazione, miseria, fino alla Seconda Guerra Mondiale.
Siamo a Chicago, capitale dell’industria della carne in scatola, durante la Grande depressione del 1929. Il magnate Mauler, interpretato da Danilo Nigrelli, ama atteggiarsi da filantropo, ma è mosso solo da ragioni personali di guadagno e cerca di salvarsi stritolando nelle sue speculazioni gli altri azionisti, le ditte concorrenti, i fabbricanti di carne, gli allevatori di bestiame, i piccoli risparmiatori. Contro di lui c’è la classe operaia, sulla quale ricade il peso maggiore della crisi. Giovanna Dark, Agata Tomšič, missionaria di un’organizzazione religiosa, i Black Hats, che va predicando l’umiltà e la preghiera per i quartieri poveri, tenta di convertire Mauler alla carità cristiana. Giovanna però finisce vittima dei suoi giochi demagogici e, involontariamente, cade in un trabocchetto dei padroni.
“Santa Giovanna dei Macelli”, di Bertolt Brecht, ideazione, regia e spazio scenico Davide Sacco e Agata Tomšič / ErosAntEros, musiche originali dal vivo LAIBACH, dramaturg Urška Brodar, Florian Hirsch, Aldo Milohnić, Agata Tomšič, progetto video Akaša Bojić e Luka Umek / Komposter, disegno luci Vincenzo Bonaffini, costumi Arianna Fantin. Produzione Emilia Romagna Teatro ERT / Teatro Nazionale, Slovensko Mladinsko Gledališče in collaborazione con Cankarjev Dom TNL – Théâtre National du Luxembourg, ErosAntEros – POLIS Teatro Festival, Teatro Stabile di Bolzano. Spettacolo in italiano, sloveno, tedesco, inglese con sovratitoli. A Bologna, Arena del Sole, dal 18 al 21 aprile; il 24 a POLIS Teatro Festival, Ravenna.
LA LOCANDIERA DI ANTONIO LATELLA
Pluripremiato protagonista della scena teatrale contemporanea, Antonio Latella firma la regia di un grande classico goldoniano che pone per la prima volta al centro della storia e del palcoscenico una donna. «Penso a Café Müller di Pina Bausch – scrive Latella -. Penso ad una donna nata e cresciuta nella Locanda. Un luogo-mondo che accoglie infiniti mondi. Nel testo goldoniano il tema dell’eredità è il punto cardine di tutto. Mirandolina seduta sul letto di morte del padre riceve in eredità la Locanda, ma anche l’ordine di sposarsi con Fabrizio, il primo servitore della Locanda. In questo credo che ci sia una inconsapevole identificazione del padre con il servo, come erede virtuale in quanto maschio. Più che un uomo per la figlia, il padre sceglie un uomo per la Locanda, un uomo pronto a tutto pur di proteggere la Locanda. Credo che Goldoni con questo testo abbia fatto un gesto artistico potente ed estremo, un gesto di sconvolgente contemporaneità: innanzitutto siamo davanti al primo testo italiano con protagonista una donna, ma Goldoni va oltre, scardina ogni tipo di meccanismo, eleva una donna formalmente a servizio dei suoi clienti a donna capace di sconfiggere tutto l’universo maschile, soprattutto una donna che annienta con la sua abilità tutta l’aristocrazia».
“La locandiera”, di Carlo Goldoni, regia Antonio Latella, dramaturg Linda Dalisi, con Sonia Bergamasco, Marta Cortellazzo Wiel, Ludovico Fededegni, Giovanni Franzoni, Francesco Manetti, Gabriele Pestilli, Marta Pizzigallo, Valentino Villa scene Annelisa Zaccheria, costumi Graziella Pepe, musiche e suono Franco Visioli, luci Simone De Angelis. Produzione Teatro Stabile dell’Umbria. A Roma, Teatro Argentina, dal 17 al 28 aprile.
NELLO ZOO DI VETRO
Sogni, paure, sentimenti, ma anche rimorsi, oppressione, illusioni. È Lo zoo di vetro di Tennessee Williams, un’opera attraversata da una nostalgia che risulta essere devastante per le anime fragili che la abitano, personaggi che potrebbero facilmente ritrovarsi nella società contemporanea. Uomini e donne intrappolati nel loro simbolico zoo di vetro, fatto di sentimenti e parole che colpiscono dritti al cuore.
La trama, ambientata alla fine degli anni ‘30, racconta le vicende della famiglia Wingfield composta dalla madre Amanda e dai suoi due figli, Tom e Laura, ragazza timida e claudicante. Abbandonata dal marito, Amanda deve affrontare le difficoltà, i timori e le ansie che le derivano dal desiderio di assicurare un futuro sereno ai suoi figli con un comportamento che oscilla tra il tenero e l’eccessivo. Laura, resa zoppa da una malattia e pertanto introversa e chiusa, è come intrappolata in un suo mondo di illusioni, tra vecchi dischi, romanzi e soprattutto una collezione di animaletti di vetro. Tom, invece, lavora in una fabbrica di scarpe per mantenere Laura e Amanda, ma la vita noiosa e banale che conduce, nonché la morbosa presenza della madre, lo rende irascibile. Il ragazzo tenta senza successo di diventare un poeta, e cerca conforto recandosi al cinema a tutte le ore della notte per vivere delle avventure almeno con la fantasia. Questo scatena l’ansia di Amanda, che teme suo figlio sia un alcolizzato come il padre.
“Lo zoo di vetro”, di Tennessee Williams, regia, scene e costumi Pier Luigi Pizzi, traduzione Gerardo Guerrieri, con Mariangela D’Abbraccio, Gabriele Anagni, Pavel Zelinskiy ed Elisabetta Mirra. Produzione Best Live e Teatro Stabile del Veneto– Teatro Nazionale. A Venezia, Teatro Goldoni, dal 18 21 aprile.
EMANUEL GAT CON LA COMPAGNIA ŻFINMALTA
Per la Stagione di Danza della Fondazione I Teatri, il 17 aprile al Teatro Ariosto di Reggio Emilia, giunge la compagnia ŻfinMalta diretta dal coreografo italiano Paola Mangiola, con Utopia, del coreografo Emanuel Gat, uno degli autori – insieme alla sua compagnia che ha sede a Marsiglia, in Francia – più importanti e prolifici d’Europa, che firma anche musica e luci.
In quello che si può definire un flusso di coscienza coreografica, Utopia mappa il personale viaggio di dieci individui in cerca di connessioni ed esamina il ruolo del performer nella sua qualità di creatore dal vivo, su un palcoscenico. Una danza che contiene un messaggio: Gat, suggerisce come la gioia della creazione, attraverso l’esercizio della trasmissione reciproca di valori estetici e di idee, possa realizzare, a teatro, l’utopia della fratellanza sociale.
LA PICCOLA PATRIA DI AKRAM KHAN
Chotto Desh (Piccola Patria) nasce dal successo internazionale di Desh, spettacolo autobiografico del celebre coreografo e danzatore anglo-bengalese Akram Khan. Adattamento realizzato nel 2015, lo spettacolo, nel 2023 ha ripreso il suo viaggio per il mondo, per continuare a catturare una nuova generazione di pubblico, ispirandone la creatività per favorire una più varia visione del mondo.
Chotto Desh (a Genova, Teatri di S. Agostino, il 20 e 21 aprile nell’ambito della rassegna di danza Resistere e Creare della Fondazione Teatro della Tosse) è un sogno ad occhi aperti che, tra danza, musica, testo e animazioni video, racconta le fasi più delicate della crescita di un individuo, la relazione con i propri genitori, la ricerca della propria identità. La storia di un ragazzo che sogna di diventare un danzatore, quella di un figlio che si ribella alla volontà del padre, il mito di un bambino capace di far arrabbiare gli dei della foresta rubando il loro miele si intrecciano sul palco nell’interpretazione di un unico giovane danzatore che, nel segno inconfondibile di Khan, mescola danza classica indiana (Kathak) e danza contemporanea occidentale. A interagire con lui animazioni oniriche di enormi elefanti, simpatici coccodrilli, nuvole di farfalle, alberi, fiori e piante.
Un’incantevole e toccante esperienza di teatro-danza per i più giovani e le loro famiglie, da vivere insieme, per diventare grandi o riscoprirsi nuovamente bambini.
ADOLF PRIMA DI HITLER
Due ragazzi di 20 anni in una Vienna di inizio ‘900, rintanati in un mesto monolocale invaso dal fumo tossico di una piccola stufa a cherosene, provano a capire la vita. Sono amici per la pelle. Uno è Gustav Kubizek, figlio di un tappezziere, diventerà un apprezzato direttore d’orchestra. L’altro é Adolf Hitler. Tra di loro un rapporto morboso, viscerale, indicibile all’epoca. In quella stanza umida, tra parole non dette di due adolescenti in crisi, prende vita la più grande tragedia del secolo. Due donne, l’avida affittuaria Maria Zakreys e il sogno proibito di Adolf, la bella e maritata Stefanie Rabatsch, incombono sulla vita di due ragazzi alla ricerca di se stessi.
Liberamente tratto dalla biografia Il giovane Hitler che conobbi, scritta da Kubizek ricordando i quattro intensissimi anni passati accanto al dittatore austriaco, Adolf prima di Hitler di Antonio Mocciola è uno squarcio di vita intima, destinata a divenire pubblica, e letale. Il corso della storia, forse, sarebbe cambiato radicalmente. E fa venire i brividi che a farlo sarebbe bastato uno sguardo ricambiato, una coraggiosa intesa. Sarebbe bastato un bacio.
“Adolf prima di Hitler”, di Antonio Mocciola, con Vincenzo Coppola, Francesco Barra, e la partecipazione di Jessica Ferro e Chiara Cavalieri, regia Diego Sommaripa, musiche Gianluigi Capasso, costumi Dora Occupato. Produzione Resistenza Teatro & Musiciens. A Roma, all’Off-Off Theatre, dal 16 al 18 aprile.
LA RAGAZZA SUL DIVANO, DI JON FOSSE
Il tema principale de La ragazza sul divano di Jon Fosse è l’abbandono. In molte opere di Fosse torna, come un sogno ricorrente – scrive il regista Valerio Binasco – una donna che aspetta il ritorno di un uomo che è partito per mare e non è più tornato. In questa pièce i quadri che la Donna dipinge sono il punto di vista di chi guarda una nave partire e svanire verso un orizzonte ostile, simbolo di una minaccia che non riguarda solo il mare, ovviamente.
Ma si può anche cercare in quel dipinto la simbologia di una nave che si lascia alle spalle la tempesta. Il dipinto simboleggia il Padre che se ne va verso la sua idea di vita (il mare); la figlia, rimasta sola, reclusa nella vita d’appartamento, è percossa dal mare di un’acerba femminilità, così come da quella tempestosa della madre e da quella autodistruttiva della sorella. Il dipinto è incompiuto, come è giusto restare – incompiuti – se si vuole parlare dell’attesa: chi aspetta resta sospeso, come sospesa è la sofferenza purgatoriale dell’eterna attesa di un padre che non ritorna mai.
“La ragazza sul divano”, di Jon Fosse, traduzione Graziella Perin, regia Valerio Binasco, con scene e luci Nicolas Bovey, costumi Alessio Rosati, suono Filippo Conti, video Simone Rosset. Produzione Teatro Stabile di Torino – Teatro Nazionale, Teatro Biondo Palermo. A Roma, Teatro Vascello, dal 16 al 21 aprile.
FESTIVAL CONFORMAZIONI A PALERMO
ConFormazioni, il festival di diretto da Giuseppe Muscarello (a Palermo dal 19 al 28 aprile) continua a portare il meglio della danza e dei linguaggi contemporanei nei luoghi più belli della città, dal centro storico ai Cantieri culturali della Zisa, tra palazzi storici come Palazzo Butera, il chiostro della Galleria D’Arte Moderna, fino a luoghi insoliti. Continuando nella vocazione internazionale, ConFormazioni ospita artisti e compagnia da Giappone, Spagna Francia e Italia, e celebra quest’anno i 20 anni di Muxarte, la compagnia che organizza il festival, mettendo in scena alcuni dei suoi spettacoli più iconici, come per esempio i Pupi – in site specific esito di una lunga ricerca artistica di Muscarello che intreccia danza, tradizione e letteratura, in una versione site specific, oltre a una mostra fotografica alla Rizzuto Gallery che ne racconta l’esperienza.
Tra gli artisti in programma: Simona Bertozzi con Marta Ciappina, Premio Ubu 2023 miglior performer, Giorgina Pi e la compagnia Bluemotion, Manfredi Perego, Àngel Duran, Alexandre Roccoli, Nadia Addis Brigitte e il suo Petit bal perdù (Premio Scenario 2020), Nicola Simone Cisternino. Giovanna Velardi presenta Ceci n’est pas une/mon autobiographie, mise-en-scène della propria storia artistica con la collaborazione registica e drammaturgica di Roberta Nicolai e il sound design di Angelo Sicurella. Completano il programma gli incontri, momenti di scambio e dialogo tra professionisti del mondo della danza: danza italiana nel mondo: dalle avanguardie storiche all’eccellenza contemporanea, il 26 aprile a cura di Rossella Battisti e Alessandro Pontremoli; e Sapevatelo!, il 27, dedicato ai diritti e doveri amministrativo – burocratico e fiscali legati al mestiere dello spettacolo dal vivo, a cura di Danila Blasi.
I MASNADIERI DI FRIEDRICH SCHILLER
Un giovane Friedrich Schiller nel 1781, nel clima inquieto dello Sturm und Drang, dedica questa tragedia, I masnadieri, alla figura di un grande ribelle sconfitto: Karl Moor. «La legge non ha mai prodotto un grand’uomo, ma la libertà cova e fa schiudere i colossi e i grandi eventi», afferma il protagonista. E ancora: «Il mio spirito è assetato di azione, il mio petto di libertà». L’eroe schilleriano, giovane di aristocratica famiglia nella Germania settecentesca, è un individuo eccezionale, insofferente di ogni limite e convenzione sociale, animato da un generoso sdegno contro l’oppressione tirannica dei principi assoluti e contro la servile meschinità della borghesia che lo circonda.
«I Masnadieri l’ho scelto per la sua storia drammatica, che utilizza le infinite risorse consentite dalla scena per penetrare nelle operazioni, complesse e misteriose, dello spirito», scrive il regista Michele Sinisi. 11 artisti si presentano al pubblico dichiarando il proprio personaggio, come dei fili distinti di una trama il cui intreccio sarà rivelato gradualmente sulla scena, più in là, rivelando la trama. Il dramma affronta il tema della rivalità tra i due fratelli Karl e Franz von Moor. Karl è amato dal padre, mentre Franz è sempre nell’ombra. La gelosia è la causa dell’ostilità fra i due giovani.
“I Masnadieri” da Friedrich Schiller, regia Michele Sinisi, rielaborazione testuale Michele Sinisi e Tommaso Emiliani, un progetto di Michele Sinisi e Gruppo della Creta, con (in o. a.) Matteo Baronchelli, Stefano Braschi, Vittorio Bruschi, Jacopo Cinque, Gianni D’Addario, Lucio De Francesco, Alessio Esposito, Lorenzo Garufo, Amedeo Monda, Laura Pannia, Donato Paternoster, scene Federico Biancalani, costumi Giulia Barcaroli. Produzione Gruppo della Creta – Elsinor Centro di Produzione Teatrale – Fattore k. A Roma, TeatroBasilica, fino al 28 aprile.
SEZIONE OFF DI DANZA IN RETE FESTIVAL
Due le performance presentate il 17 aprile, in un’unica serata, nella sezione Off di Danza in Rete Festival di Vicenza, tradizionalmente vocata allo scouting, alla sperimentazione e ai linguaggi coreografici più innovativi, promuovendo e sostenendo la loro crescita artistica. Nel salone d’onore di Palazzo Chiericati, il lavoro di Marta Olivieri Trespass_Tales of the Unexpected, una coreografia e un racconto a due voci (quelle di Marta Olivieri e di Camilla Guarino sulla scena insieme a Loredana Canditone) che narrano di un solo corpo. La moltiplicazione dell’accesso permette alla creazione di manifestarsi in forme plurime e comunicanti, sedimentando e sovrapponendo i piani della narrazione, restituendo la complessità che “Trespass” desidera far emergere.
Segue la coreografa e danzatrice Camilla Monga con, in prima nazionale, Passage/Paysage creatrice e interprete (danzerà con Chiara Montalbani), e live music (viola and electronics) di Federica Furlani, effetti (synth) di Emanuele Maniscalco, luci di Francesco Bertolini. La creazione si sviluppa in due quadri dove danza e musica si uniscono in un rapporto di reciproca amplificazione da cui può svilupparsi un immaginario in costante evoluzione. Il suono è infatti in grado di evocare immagini che vengono tradotte in movimento che, come in un gioco di specchi, viene riflesso mutando in continuazione prospettiva e senso.
SETTIMANA AL LAC DI LUGANO
Il 16 aprile il palco della Sala Teatro ospita Go Figure, creazione del coreografo israeliano Sharon Fridman. Un lavoro sulla diversità in cui il danzatore “riconosce” il funzionamento del proprio corpo e lo trasforma in un ponte per connettersi con l’altro. In scena Shmuel Dvir Cohen e Tomer Navot – entrambi condividono una condizione neurologica che comporta una contrazione muscolare involontaria, chiamata “distonia” – si esibiscono in un duetto incentrato sull’accettazione e la celebrazione di un movimento che è unico, spesso imprevedibile e bello in quanto fedele a se stesso.
Il 17 aprile al Teatro Foce L’Angelo della Storia del collettivo fiorentino Sotterraneo. Lo spettacolo porta in scena una costellazione di aneddoti storici paradossali: fatti e pensieri lontani tra loro, ma uniti da quella tela di narrazioni, credenze, miti e ideologie, che, secondo lo storico Yuval Noah Harari compongono la materia di cui è fatta la Storia.
Il 19 e 20 Nottuari, di Fabio Condemi, una raccolta di racconti notturni all’insegna dell’horror e dell’insolito, restituendo lo stile e la prosa di Thomas Ligotti, scrittore statunitense capace di insinuarsi negli spiragli della fragilità umana. Gli stessi giorni il Teatrostudio ospita Forma Sonata Performance multimediale di Daniele Spanò, un lavoro che, ponendo in dialogo videoarte e lirica, riflette sul tema del cambiamento climatico, sociale e individuale.
IL FAUNO DI MAURO DE CANDIA
Per DAB DANZA A BARI, la rassegna di danza contemporanea, dal 18 aprile al 22 novembre (edizione SPRING dal 18 aprile al 23 maggio) ospitata al teatro Kismet, in scena il 18 lo spettacolo Fragili film / Solo agli specchi, regia e coreografia di Marianna Troise, spettacolo che rientra nel Pogetto RIC.CI-ReconstructionItalian Contemporary Choreography Anni ‘80/’90 ideato da Marinella Guatterini.
Seguirà, il 19 aprile, Faun* del coreografo Mauro De Candia, per il Balletto Teatro di Torino. Lo stato di “limbo” tra il reale e l’immaginario, tra fantasie erotiche e sobria realtà, descritto da Mallarmé nel suo poema L’après-midi d’un faune, ispirarono Vaslav Nijinsky nella creazione dell’omonima e rivoluzionaria coreografia del 1912. Da allora, il tema è stato interpretato artisticamente più volte. Il fascino che esso esercita ispira oggi anche il coreografo De Candia ad esplorare in scena questa figura “metà animale e metà umana”.
Nella sua nuova creazione Faun*, egli si avvicina con cautela all’essenza misteriosa di questa sensuale creatura della natura, che brama la realtà per rintracciare e liberare il proprio potere dinamico. Sono i vari stati del corpo e dell’animo del fauno, le sue metamorfosi, che interessano de Candia e che lo inducono a domandarsi: non c’è forse un fauno in ognuno di noi? Non è forse anche un’allegoria del nostro tempo, in cui i corpi e le loro identità vengono reinventati e riesplorati?
IL KOMPLOTTO DEI COMPLOTTISTI
Komplotto è un monologo serrato, ironico e surreale scritto e portato in scena dall’attore Marco Brinzi che prova a indagare il tema del complottismo, come esso possa nascere in ognuno di noi, come si evolva, e soprattutto cosa possa accadere a chi lo sostenga profondamente in nome della Verità. Terrapiattisti, Illuminati, Rettiliani, 5G…ognuno di noi conosce almeno un paio di queste teorie cospiratorie, non solo perché i media se ne occupano spesso o perché le vediamo spandersi a macchia d’olio sui social ma per il fatto che il nostro cervello per come funziona, ci porta a essere, almeno una volta nella vita, suscettibili a credere nell’esistenza di qualche cospirazione fittizia. Ma le teorie del complotto possono essere – ebbene sì – divertenti.
Distaccato dalla propria comunità, con un senso di impotenza e di alienazione totale il protagonista del monologo Komplotto cerca di far luce sulle sue ultime ore di cui tragicamente non ricorda niente. Cosa gli è successo? È diventato prigioniero di un potere occulto che ha osato denunciare pubblicamente? Come un moderno Prometeo incatenato al suo destino o come in Ultimo Nastro di Krapp di Samuel Beckett, l’uomo cerca di ricostruire ciò che fino a quel momento è la sua esistenza di complottista. Il 19 aprile, al Quaranthana, Teatro Comunale di San Miniato (via Zara 58 loc. Corazzano), produzione Teatrino dei Fondi.
CURAE FESTIVAL A PONTREMOLI
L’antica cittadina di Pontremoli accoglie, dal 16 al 20 aprile, la seconda edizione del primo festival in Italia dedicato a Teatro, Mediazione e Giustizia Riparativa, diretto e ideato da Paolo Billi, Federica Brunelli, e Lisa Mazoni. Con spettacoli, performance, musica rap, incontri, tavole rotonde, proiezioni e presentazioni di libri, il festival vuole far dialogare e confrontare registi di teatro, magistrati, mediatori, studiosi di diverse discipline, docenti di università italiane sul tema de L’ALTRO: è imprescindibile il riconoscimento dell’altro; è necessario il relazionarsi positivamente con l’altro; diviene essenziale lo smontare le paure verso gli altri; e infine l’alterità è componente fondamentale delle pratiche teatrali.
Ad aprire il festival sarà La Ballata Dell’angelo Ferito, spettacolo teatrale di Paolo Billi, uno dei quattro lavori frutto dell’impegno dei ragazzi in carico ai servizi della giustizia minorile, spesso in percorsi comuni con gli studenti di scuole superiori del territorio: un evento performativo per gruppi limitati di spettatori -testimoni, allestito in un luogo di raccoglimento e di silenzio con un grande cerchio di sedute, dove attori e spettatori stanno uno accanto all’altro. Le storie che si affrontano narrano di angeli che hanno subito ferite; donne e uomini che si ritrovano angeli per improvvise metamorfosi; angeli che rappresentano gli Altri. Info su teatrodelpratello.it.